Chi si aspettava colpi di scena al tavolo sulla riforma delle pensioni avviato presso il ministero del Lavoro, tra il governo e le centrali confederali, è stato presto smentito. Anche la prosecuzione del confronto, che si avrà presumibilmente il 23 prossimo venturo, non lascia spazi a speranze che possano prefigurare soluzioni diverse da quelle più volte prospettate dall’esecutivo. La montagna, insomma, ha partorito e partorirà il classico topolino. È già molto nelle condizioni date. E non potrebbe essere diversamente. Il topolino è comunque meglio di niente. 



Il ricorso alle banche, per prestiti e relativi interessi ammortizzabili in vent’anni, per sostenere coloro che lasciano il lavoro al compimento di 63 anni – comunque prima della data di uscita prevista dalla Legge Fornero – è l’unica via d’uscita per offrire una soluzione a una vicenda che si è trascinata per troppo tempo. Dopo che l’ex Ministra Fornero, da un giorno all’altro, costrinse al rinvio di anni una larga platea di persone che stava andando in pensione. 



Coloro che perdono il lavoro saranno sostenuti, secondo le anticipazioni, dal contributo totale o parziale dello Stato sotto forma di detrazioni fiscali. Negli altri casi dovranno subire penalizzazioni percentuali nella fruizione della quiescenza, attraverso il pagamento delle rate bancarie. Il governo non ha fatto mistero che era nell’impossibilità di toccare i conti previdenziali, per la semplice ragione che sono il vero pegno che finora Renzi ha offerto all’Unione europea per garantirsi le sue continue richieste di flessibilità rispetto ai Trattati. 

Insomma, il Presidente del Consiglio, nei fatti, può promettere ogni cosa ai cittadini come fa per ingraziarseli, ma l’equilibrio finanziario pensionistico non si tocca. Può aprire tutti i tavoli che vuole, magari per ammorbidire l’opinione pubblica sul tema caldo pensioni in vista delle scadenze elettorali amministrative e referendarie, ma il risultato non cambierà. Però i tavoli potranno essere utili per offrire altre soluzioni per far fronte ad altre situazioni e ad altri errori commessi sul versante previdenziale negli ultimi anni. Anche da questo governo. 



Il caso più clamoroso è quello della previdenza integrativa. È diventata la Cenerentola dell’economia quando avrebbe dovuto essere il fattore o uno dei fattori-chiave per la ripresa dell’economia. Ma, al contrario, è stata bistrattata sia con operazioni fallimentari e inutili, come quella del Tfr in busta paga, sia con incrementi notevoli della tassazione relativa. Da questo punto di vista, il tavolo governo-sindacati può offrire l’occasione per rimediare e rilanciare questo settore. 

In senso più lato, quello che emerge dal confronto di queste giornate tra governo e sindacati è la contentezza del poco. Il governo si mostra contento perché porta a casa una sorta di flessibilità previdenziale senza metterci risorse. I sindacati si mostrano contenti perché dopo il lungo gelo sono stati almeno consultati. Bisognerà vedere se e quanto il prestito pensionistico convincerà i potenziali pensionandi.