Nel corso dell’incontro governo-sindacati di martedì 14 giugno sono state illustrate le misure dell’Anticipo pensionistico noto come “Ape”. La sperimentazione riguarderà i nati tra il 1951 e il 1953 e saranno previste penalizzazioni fino al 15% per chi va in pensione anticipata. Ci saranno però detrazioni sulla penalizzazione a seconda della condizione delle persone, in base cioè al fatto che siano disoccupate, esodate o abbiano un lavoro stabile, nonché sulla base del reddito che percepirà il futuro pensionato. All’indomani dell’incontro i sindacati non hanno alzato la voce, ma nella nuova misura del governo mancano la flessibilità a 62 anni e qualsiasi provvedimento per i lavoratori precoci. Ne abbiamo parlato con Giorgio Airaudo, deputato di Sel, membro della commissione Lavoro ed ex sindacalista Fiom.



È soddisfatto per l’Ape presentato dal governo nell’incontro con i sindacati?

Il governo prende atto che la riforma Monti-Fornero non funziona, altrimenti non interverrebbe. Il problema è che interviene usando i denari dei lavoratori, con il risultato che chi va in pensione deve rinunciare a un pezzo connaturato del suo assegno. In questo modo si mette in atto una penalizzazione, anche nell’ipotesi in cui si finisse per pagare meno Irpef.



E quindi?

Quindi trovo curioso che invece di mettere mano alla legge Monti-Fornero si chieda a chi ne ha già subito gli effetti di riparare attraverso una rinuncia a ciò che gli spetta. Comunque un taglio c’è, tanto o poco che sia. In questo modo il governo fa dipendere da un prestito una cosa che era data per certa come la flessibilità, rendendola costosa. Non condivido quindi la strada seguita dal governo, perché ritengo che si dovesse piuttosto rimettere mano alla riforma Monti-Fornero.

Come valuta il fatto che la penalizzazione dipenda comunque dalle condizioni del lavoratore e dal reddito che percepirà una volta andato in pensione?



Si gioca sulla ricattabilità delle persone. È evidente che chi non ha alternative rischia di essere costretto ad accettare soluzioni di questo tipo. È come se queste persone si “auto-esodassero”: siamo passati dagli esodati che non avevamo previsto agli “auto-esodati”.

Intanto la flessibilità a 62 anni salta…

Tutti i progetti di legge di cui si è discusso in commissione Lavoro, a partire da quello che porta la firma di Cesare Damiano, sono saltati da questo provvedimento noto come “Ape”. Quindi è evidente che bisogna rinunciare a tutti quei tentativi, peraltro compromissori, che erano stati pensati per ridurre i danni fatti dalla Monti-Fornero.

Eppure il ddl Damiano era stato votato all’unanimità in commissione…

Ci sono state votazioni all’unanimità dell’aula, e non in una commissione parlamentare, sul fatto che bisognava risolvere i problemi di macchinisti-ferrovieri e insegnanti. Quindi il governo ha disatteso il parere unanime dell’aula: figuriamoci se si preoccupa di quello della commissione Lavoro. Credo che il presidente Damiano dovrebbe riflettere su questo.

 

È comunque positivo il fatto che il governo sia tornato a convocare i sindacati?

Quando il governo ascolta le parti sociali è sempre meglio che se non le ascolta, poi però dipende dai provvedimenti: a me interessa la soluzione individuata per le persone. Se il governo convoca i sindacati ma poi attua una misura che danneggia le persone a me non sta bene. C’è stato quindi un miglioramento sul metodo, ma non vorrei che fosse stato strumentale.

 

In che senso?

Il governo sa che questa è una proposta che deluderà e costringerà alcune persone ad accettarla anche se non sono d’accordo, perché non possono fare altro. Se a lei propongono di “uscire di galera” pagando una tassa lei accetterà, però non sarà comunque contento di pagarla. Tenga conto che molti lavoratori sono rimasti bloccati dalla riforma Fornero, e in alcuni casi sono senza alternative per la mancanza di lavoro.

 

I sindacati non hanno comunque protestato. Come valuta il loro atteggiamento?

Io sono rispettoso dei sindacati, in quanto abbiamo compiti diversi: io in questo momento faccio il parlamentare. L’Ape però non risolve il problema, ma carica sui più deboli una questione che andrebbe risolta dal governo.

 

(Pietro Vernizzi)