Al momento del suo insediamento, illustrando gli orientamenti politici della sua Commissione, Jean-Claude Juncker aveva dichiarato, tra le altre cose, che sarebbe stato un Presidente attento dialogo sociale. In quell’occasione il politico lussemburghese sottolineò, infatti, come un’economia sociale di mercato può funzionare solo se vi è un dialogo sociale all’altezza. Si evidenziava, inoltre, che se il dialogo sociale aveva sofferto negli anni della crisi era ora il tempo per farlo ripartire sia a livello nazionale che, soprattutto, europeo.



Nel mese di marzo 2015, quindi, la Commissione europea, insieme con le parti sociali, ha organizzato una Conferenza di alto livello scommettendo con forza su un “nuovo inizio per il dialogo sociale”. La Commissione ha chiesto, in quella sede, una rinnovata collaborazione tra le parti sociali e le istituzioni dell’Unione europea in particolare su quei temi prioritari e strategici per promuovere la crescita e creare posti di lavoro.



Una collaborazione, o condivisione, che comporta una nuova presa di responsabilità per le parti sociali e per le istituzioni europee chiamate ad assicurare che la legislazione frutto di questo dialogo sia in linea con l’obiettivo condiviso di una migliore, più semplice e meno onerosa regolamentazione dell’Unione europea. 

In questo quadro emerge, anche, come l’Europa e, ovviamente, gli Stati membri devono lavorare insieme per rafforzare la competitività e il buon funzionamento dell’economia sociale di mercato. Perché ciò sia possibile è, infatti, sempre più necessario uno sforzo coordinato tra tutti i livelli di governo per costruire insieme le basi per una crescita sostenibile e per la creazione di posti di lavoro possibilmente di qualità. 



All’interno di questa cornice di riferimento le parti sociali e la Commissione europea hanno così condiviso la necessità del rilancio di un “nuovo” dialogo sociale chiamato principalmente a valorizzare un coinvolgimento più sostanziale delle parti sociali in Europa, a enfatizzare la capacità, la necessità, della costruzione di parti sociali a livello nazionale e a promuovere un maggior coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle politiche europee a partire da nuovi percorsi di reciproco ascolto che porti, quando possibile, a una più stretta relazione tra gli accordi frutto dell’azione delle parti sociali e lo sforzo dell’Europa di dotarsi di una legislazione, complessivamente, di migliore qualità.

Oggi sembra, poi, che sia, più di ieri, necessario scommettere sulla costruzione di nuovi percorsi e luoghi di dialogo sociale. Questo, infatti, può, e forse deve, rappresentare una preziosa arma per sconfiggere, alla radice, i vari progetti, più o meno populisti, di distruggere il sogno europeo e il suo modello sociale almeno come lo abbiamo conosciuto finora. Chi, infatti, rema contro tutto quello che, con difficoltà, è stato costruito in questi ultimi decenni, trova il suo terreno preferito di cultura nelle, ancora molte, sacche di disagio presenti, ormai ovunque, in Europa.

La risposta, politica e sociale, infatti, non può però che partire dal basso e dalla capacità, e volontà, sia delle istituzioni che delle parti sociali, di mettersi in ascolto delle persone.