Le manifestazioni sindacali di Parigi e dintorni di questi giorni sulla Loi Travail, paragonata al Jobs Act varato dal Governo italiano, hanno suggestionato alcuni ambienti politico-sociali della sinistra nostrana, frustrata dal declino delle “grandi” lotte sociali rosse, soprattutto dell’ultimo decennio. Costoro hanno visto in Francia, con rammarico, quello che non è accaduto in Italia in occasione del varo del Jobs Act voluto da Renzi, e avrebbero voluto un’opposizione dura, in Parlamento come nelle piazze italiane. Si è persino fatto circolare una foto fake che ritrae la manifestazione parigina con un grande striscione che annuncia che i francesi non faranno passare “la loi travail”, che invece gli italiani hanno fatto passare con il Jobs Act. Dice lo striscione diffuso in Italia: “nous ne ferons pas la fine de l’Italie. Un francese in parte maccheronico a dimostrazione della montatura da Photoshop.



Paragonare la situazione francese a quella nostra è un esercizio fuori luogo per ragioni sia politiche che sociali. Infatti, la maggior parte delle forze politiche e sociali, hanno ritenuto la riforma del mercato del lavoro in Italia positiva, e comunque una felice prosecuzione delle riforme già varate prima con i provvedimenti Treu e poi da quelli ispirati dal martire del lavoro Marco Biagi, assassinato dai brigatisti rossi, una sparuta pattuglia di terroristi che hanno osteggiato con il terrore, il cambiamento italiano e ogni riforma del lavoro.



Le riforme italiane hanno senza dubbio provveduto a flessibilizzare il lavoro per un mercato sempre più globale e con uno sviluppo tecnologico e delle figure professionali in grande modificazione. Ma il rimedio più importante alle forme di lavoro parasubordinate è risultato il tassello più prezioso delle pressioni dei sindacati riformatori italiani che hanno voluto tra difficoltà e polemiche raccogliere la sfida economica e sociale di Marco Biagi.

Il fenomeno del precariato in Italia è stato ed è ancora un’esperienza tutta incentrata sulle cococo, poi sulle cocopro, sugli associati in partecipazione e sulle false partite iva. Queste realtà del lavoro, va ricordato, sono contratti di lavoro esclusivamente nostrani e hanno rappresentato spesso le forme più penalizzanti e ciniche ai danni di molti lavoratori. Insomma, il Jobs Act non è stato che la continuazione di un positivo impegno a favore del precariato per garantire tutele, fino ad anni fa completamente negate. Unico demerito che ha avuto il Jobs Act di Renzi è che si è voluto sovraccaricarlo di aspettative di crescita occupazionale che invece può essere garantito solo da una buona economia, come raccontano i dati ultimi statistici sulla occupazione.



Ma a veder bene la vicenda francese sul piano politico sindacale non si può non notare che alcune situazioni di opposizione e protesta rispecchiano le dinamiche che noi italiani conosciamo da tempo. I sindacati francesi sono molto più deboli rispetto a quelli italiani – 7,7% di lavoratori organizzati nei sindacati i primi e 37% i secondi, dati Ocse -, situazione che storicamente ha favorito in Francia una gestione al di fuori della concertazione, le politiche del lavoro da parte dei governi, e che per questo ha alimentato manifestazioni di rabbia quasi sempre concluse rapidamente senza alcun sbocco politico. Anche in questa occasione chi ha dato fuoco alle miccia è stata la Cgt, la Confederation General du Travail di ispirazione comunista, che nella sua storia raramente ha firmato accordi con governi e con imprenditori. La massima aspirazione di questo sindacato è, di volta in volta, mettersi alla testa dei movimenti della sinistra radicale.

Gli altri due sindacati francesi, la Cfdt e Force Ouvriere, si guardano bene dal seguirlo sulla strada del radicalismo. È significativo che la Cfdt – “cugina” della Cisl con medesima ispirazione – in un documento del consiglio nazionale di questi giorni, ha rivendicato il positivo cambiamento avvenuto con le loro proposte alla Loi Travail nel rapporto con la ministra del Lavoro Myriam El Khomri, riaffermando il valore del dialogo sociale; prendendo così le distanze dalla barricadiera Cgt.

Cosa succederà? Credo scontato che il 14 giugno si discuterà in Senato del provvedimento dopo altri confronti che il Governo terrà con i sindacati dialoganti per varare la legge, mentre il sindacato rosso se potrà farà altre manifestazioni. Se così dovesse andare, saranno tutti contenti: governo e sindacati riformisti presenteranno un risultato accettabile per entrambi, mentre Cgt e sinistra radicale potranno accusare Hollande di aver danneggiato i lavoratori. 

A ben vedere uno scenario che noi italiani abbiamo visto più volte a casa nostra. Si può dire che tutto il mondo è paese.