Il primo turno delle amministrative, nella maggior parte dei casi, non è bastato per individuare chi sarà chiamato a ricoprire la carica di sindaco per i prossimi cinque anni. Uno dei ballottaggi più interessanti è, certamente, quello che si terrà a Milano, la capitale, si sarebbe detto una volta, “morale” del Paese e del suo Nord operoso. Qui si scontreranno, tra meno di due settimane, due manager: l’uomo dell’Expo fortemente voluto come candidato del Pd da parte di Renzi e un ex socialista che guida una coalizione di centrodestra “vecchio stampo”.
Uno dei terreni su cui, sicuramente, i candidati verranno testati è quello del rilancio e del consolidamento dell’occupazione per i giovani, ma non solo, milanesi. I dati ci raccontano di una città che, nonostante tutto, ha sofferto la crisi di questi anni impattando, significativamente, sulla capacità del territorio di generare lavoro, colpendo particolarmente donne e giovani.
Il tasso di occupazione attuale, infatti, nella città della Madunina è del 67,4%: -0,8% dal 2008. Un dato interessante in questo quadro è quello dell’occupazione femminile, che registra un ottimo 61,2% : addirittura un, seppur modesto, +0,1% dal 2008. È cresciuta, tuttavia, la disoccupazione ora all’ 8,0%: quasi raddoppiata (+4,2%) rispetto ai dati del 2008. La disoccupazione giovanile, in particolare, arriva, anche a Milano, al 3,6% (+20,2% dal 2008).
Gli obiettivi, quindi, dei due candidati non possono che essere, a prescindere dalle ricette individuate, quelli di riportare il tasso di occupazione ai livelli pre-crisi, di aumentare il tasso di occupazione femminile ed ovviamente, ridurre la disoccupazione, a partire da quella giovanile. In questa prospettiva Stefano Parisi, romano ma milanese d’adozione ed ex dirigente di Confindustria, individua alcune azioni/assi qualificanti sulle quali intenderà scommettere nel caso sarà eletto sindaco.
Prima di tutto: lavorare per la riduzione dei tributi locali e degli oneri di urbanizzazione, introducendo incentivi volumetrici e autorizzativi per chi apre una nuova attività e investe in attività esistenti. Scommettere poi sul lavoro dei propri dipendenti comunali, riqualificandone le competenze e condividendo con questi i percorsi di riorganizzazione e di impiego delle tecnologie per soddisfare gli utenti, garantendo investimenti nella formazione e una distribuzione premiale di una parte delle economie prodotte.
Identificazione, quindi, di aree urbane ed extra-urbane a maggiore vocazione manifatturiera che possono essere convertite senza consumo di suolo a servizio delle nuove iniziative di Manifattura 4.0, concessione a favore dei giovani imprenditori di start-up innovative di alcuni immobili dismessi del Comune per la creazione di incubatori/acceleratori di start-up e spazi di co-working, nonché sostegno all’imprenditoria e all’auto-imprenditorialità dei nuovi milanesi migliorando la qualità delle informazioni sull’accesso ai fondi pubblici e al microcredito.
Da queste, e altre misure ovviamente, può, insomma, ripartire il lavoro secondo il nuovo/vecchio centrodestra meneghino che si candida, in caso di vittoria, a rappresentare un modello possibile, se non auspicabile, per il dopo Berlusconi in tutto il Paese.