Giuliano Poletti ha postato su Facebook il tanto atteso video di risposta alle domande rivoltegli dagli italiani riguardo il tema dei disoccupati over 50. Il ministro del Lavoro ne ha anche approfittato per spiegare lo stato dell’arte sulla riforma delle pensioni, che servirà anche ad aiutare quei disoccupati che sono vicini all’età pensionabile. Poletti ha quindi spiegato che l’Ape consentirà un anticipo di tre anni e che la priorità del Governo è quella di ridurre al minimo la rata del prestito pensionistico per le persone che hanno perso il lavoro. Il ministro ha anche specificato che i cittadini non avranno a che fare con le banche, ma il loro interlocutore sarà l’Inps. Clicca qui per il video di Poletti.
L’ente previdenziale italiano, l’Inps, in questi giorni sta procedendo al ricalcolo degli assegni mensili per quella fascia di lavoratori che hanno potuto sommare alcune quote contributive su pensione di natura retributiva. In particolare il ricalcolo andrà a impattare sui lavoratori che prima del 31 dicembre 1995 hanno messo da parte almeno 18 anni di contributi per cui in virtù di quanto previsto per la legge Fornero si vedranno assegnare una pensione con sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011 e contributivo sulle anzianità maturate al 1 gennaio 2012. Stando ad alcuni calcoli l’impatto maggiore ed ossia un taglio, dovrebbe manifestarsi solo per coloro che si sono trattenuti in servizio oltre l’età pensionabile di vecchiaia ed ossia oltre i 66 anni e 7 mesi.
Giuliano Cazzola si trova d’accordo con Tito Boeri: una riforma delle pensioni che contempli un’ottava salvaguardia degli esodati sarebbe una soluzione iniqua e scarsamente efficace. L’ex vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, in un intervento su Firstonline.info, cita alcuni dati del rapporto Inps presentato la scorsa settimana, anche per segnalare che nelle sette salvaguardie già approvate “nella maggior parte dei casi si tratta di pensioni anticipate di anzianità e che parecchi dei beneficiari erano, in servizio, impiegati, tecnici e quadri. Secondo i canoni del dilagante populismo molti di questi trattamenti (per i cui titolari si sono sparse calde lacrime ed elevate vibrate proteste) verrebbero annoverati tra le stramaledette ‘pensioni d’oro’”.
Nei giorni scorsi Tito Boeri è tornato a parlare dei vitalizi dei politici, augurandosi che una riforma delle pensioni ne prenda in considerazione quanto meno un “ricalcolo”. A godere di questi privilegi non sono però solo i politici, ma anche i dipendenti delle istituzioni, come accade nel caso della Regione Siciliana. E Davide Boni evidenzia fatto che in una regione così indebitata la Legge Fornero non venga fatta valere per migliaia di dipendenti, anche della società partecipate e della Camere di commercio. Il Segretario provinciale della Lega Nord di Milano non esita a ricordare che qualcuno punta il dito contro le regioni più virtuose come la Lombardia e il Veneto chiudendo evidentemente gli occhi di fronte a questi privilegi.
Cesare Damiano continua a dare “consigli” al Governo su come muoversi sulla riforma delle pensioni che ha promesso di varare con la prossima Legge di stabilità. L’ex ministro segnala in particolare che la flessibilità nelle pensioni dovrebbe concedere un anticipo di quattro anni sul pensionamento, mentre è noto che al momento l’Ape sembrerebbe fermarsi a tre anni. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera evidenzia poi che ad alcune categorie di persone deve essere garantita una “penalizzazione zero”. “Stiamo parlando dei disoccupati di lungo periodo, degli addetti ai lavori usuranti, degli invalidi e dei precoci. A questi ultimi va consentito di andare in pensione con 41 anni di contributi”, ha scritto Damiano in una nota. Il deputato del Pd chiede anche al Governo di far correggere all’Inps una circolare che non consente ai nati nel 1952 di accedere alla pensione se non avevano un posto di lavoro al 28 dicembre 2011. “Se non si pone riparo a queste ingiustizie, piccole e grandi che siano, i cittadini si allontaneranno sempre più dalla politica e, come si è visto, puniranno il Governo nel voto”, evidenzia Damiano.
Tommaso Nannicini, come noto, è impegnato sulla riforma delle pensioni del Governo e hai incontrato lunedì una delegazione dei lavoratori precoci. A molti di loro che gli avevano scritto ha quindi inviato una messaggio in cui ha spiegato che l’incontro è stato una buona occasione per conoscere tutti gli aspetti del “problema” dei lavoratori precoci. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha quindi spiegato cosa farà ora il Governo: “un’elaborazione precisa di quanto costerebbe in termini di spesa pubblica la proposta “quota 41”; la fattibilità di un meccanismo moltiplicativo per periodi contributivi maturati prima della maggiore età in modo da favorire il pensionamento anticipato dei lavoratori precoci; una soluzione al problema delle ricongiunzioni onerose; la fattibilità di un rimborso anticipato di polizze vita o assicurazioni”.
Tra le dichiarazioni che Matteo Renzi ha rilasciato ieri a Rtl 102.5 ce n’è una che riguarda la riforma delle pensioni. Il Premier ha infatti detto che le priorità del Governo in vista della Legge di stabilità sono “le famiglie, i pensionati e una serie di realtà a cui va dato un aiuto in cambio di semplificazione come le partite Iva e gli artigiani”. Renzi sembra quindi riaprire la porta a un’ipotesi di intervento sulle pensioni in essere, magari attraverso l’estensione del bonus da 80 euro alle pensioni più basse. Nessun riferimento per il momento all’Ape, con cui è aperto un tavolo di confronto con i sindacati.
Carmelo Barbagallo torna a chiedere un impegno concreto e immediato del Governo sulla riforma delle pensioni. “Altro che mutuo, altro che Ape: lo Stato finanzi l’uscita di chi viene licenziato da anziano, di chi fa lavori usuranti o è precoce, vari l’ottava salvaguardia per gli esodati”, ha detto il Segretario generale della Uil secondo quanto riporta Il Manifesto. I sindacati sembrano quindi pronti ad andare avanti su una battaglia per far sì che il piano del Governo per un intervento sul sistema pensionistico non si limiti all’Ape, ma prenda in considerazione anche problematiche da tempo segnalate.
C’è attesa per sentire le nuove dichiarazioni di Giuliano Poletti su un tema che andrà a incrociare quello della riforma delle pensioni. Il ministro del Lavoro, infatti, ha annunciato alcuni giorni fa su Facebook che questa settimana avrebbe realizzato un video per dare risposte alle domande che sarebbero pervenute sul suo profilo riguardo il tema dei disoccupati over 50. Non dovrebbe quindi mancare molto alla pubblicazione di tale video e di certo il tema andrà a incrociare quella della flessibilità pensionistica, dato che spesso per molti over 50 senza lavoro non resta altra prospettiva che quella di accedere alla pensione il prima possibile.
Si intensificano sempre di più gli incontri tra i vari sindacati ed il Governo per vagliare il da farsi per quanto concerne le pensioni ed in particolar modo sul fronte della flessibilità in uscita. Nella giornata di ieri è stata la volta della UGL incontrare il Governo con il segretario generale Francesco Paolo Capone che ha avuto modo di confrontarsi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Tommaso Nannicini. Al termine dell’incontro lo stesso Capone ha così commentato quanto avvenuto presso la sede del Ministero del Lavoro in via Veneto: “è stato un confronto aperto e di questo ringrazio il Governo. Confronto che l’UGL ha chiesto con forza nella convinzione di poter contribuire all’individuazione di soluzioni eque e sostenibili sui punti principali della proposta di riforma delle pensioni che il Governo ha in mente, in particolare sugli strumenti di flessibilità per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro. A breve consegneremo al Governo un documento con le nostre proposte e i nostri suggerimenti in risposta anche a delle sollecitazioni che su alcuni punti della riforma ci sono state poste dal sottosegretario Nannicini”.
La Cgil torna a chiedere una modifica “radicale” della riforma delle pensioni targata Fornero. In un recente convegno organizzato a Genova, secondo quanto riporta il sito genova24.it, Paola Repetto, del locale Dipartimento previdenza dello Spi-Cgil, ha sottolineato che bisognerebbe cambiare il sistema “sia per consentire ai lavoratori anziani di andare in pensione, aprendo nuovi spazi al mercato del lavoro, che per garantire una pensione dignitosa a chi lascia il lavoro. Anche Giampaolo Patta, membro del Consiglio Vigilanza dell’Inps, ha segnalato come la Legge Fornero abbia influito negativamente sull’Istituto nazionale di previdenza sociale.
Negli ultimi mesi si sta facendo un gran parlare della riforma Fornero e della necessità di prevedere delle modifiche al fine di rendere meno restrittivi i vincoli imposti per avere accesso al mondo previdenziale evitando di rischiare di andare in pensione in età eccessivamente avanzata soprattutto in relazione a lavori maggiormente usuranti. Tuttavia, il parametro dell’aspettativa di vita potrebbe permettere un ingresso al sistema pensionistico in anticipo. Infatti, nel rapporto del mese di aprile sull’aspettativa media degli italiani si è manifestato un calo (il primo nella storia repubblicana dell’Italia) il che potrebbe far scattare un meccanismo piuttosto complesso secondo il quale, nel caso il trend dovesse confermarsi, permetterebbe un abbassamento dell’età pensionabile a partire dal 2019. Tuttavia, il meccanismo non è così diretto giacché ci sono da tenere in considerazione altri parametri che potrebbero annullare l’effetto dell’abbassamento della speranza di vita.
Annamaria Furlan torna a chiedere una modifica della riforma delle pensioni targata Fornero. “Vorremmo tanto che la prossima Legge di stabilità rivedesse il sistema pensionistico”, ha detto il Segretario generale della Cisl durante un intervento tenuto al convegno organizzato dal sindacato sulla riforma costituzionale. Furlan ha anche aggiunto: “Vorremmo che la legge rivedesse il sistema pensionistico attuale e si trovino le risorse per un sistema che dia futuro ai giovani”. Vedremo se ci saranno novità nel prossimo tavolo di confronto tra Governo e sindacati proprio sul tema delle pensioni.
Fabio Rampelli torna sulla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo il contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate, augurandosi che ora il Parlamento “vari una legge nella quale si possa prevedere un tetto massimo alle pensioni d’oro e con i soldi risparmiati, si possano rafforzare le pensioni più basse”. Il Capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, in un’intervista a Intelligonews, ha spiegato che “nella nostra proposta di legge, elaborammo una pensione calcolata col sistema retributivo con al massimo 5mila euro netti al mese al di sopra della quale e versando regolarmente i contributi si possono percepire più di 5mila euro”.
Si sta diffondendo un rumor circa una novità sulla riforma delle pensioni che sarebbe davvero importante per i lavoratori precoci. Proprio sul gruppo Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” un post segnala infatti che si potrebbe arrivare a conteggiare due volte i contributi versati per gli anni lavorati prima della maggiore età. Mancano ovviamente conferme, ma certamente potrebbe essere una buona notizia per chi, nonostante abbia iniziato a lavorare presto, ancora non riesce ad andare in pensione dopo oltre 40 anni di onorata carriera. E c’è chi in effetti non ci crede o pensa che in ogni caso ci sarà sotto una “fregatura”. Non resta che aspettare conferme o smentite.
Nel consueto rapporto annuale dell’Istat, è emersa una fotografia dell’Italia sulla riforma delle pensioni che ancora una volta presenta grandi differenze tra classi sociali. Nello specifico, su circa 15,6 milioni di pensionati ce ne sono quasi 6 milioni che percepiscono ogni un assegno inferiore ai mille euro lordi al mese e di questi circa 1,6 milioni che non arrivano neppure ai 500 euro al mese. Andando a spulciare lo stesso rapporto si capisce come il 22% dei pensionati percepisce un assegno mensile che rientra tra un minimo di 1000 euro ed un massimo di 1499 euro, mentre il 18,1% può contare ogni mese su un importo che va dai 1500 euro ai 1999 euro. Il restante 21,9% può invece fare affidamento almeno su 2 mila euro di prestazione pensionistica al mese. Tenendo presente come si tratta di importi lordi, appare evidente come ci sia una larga fetta di italiani che deve fare i conti con un preoccupante situazione di ristrettezza economica che non permette di affrontare la vita con spensieratezza. Vedremo se questi dati saranno tenuti in considerazione per apportare modifiche al sistema previdenziale nazionale.