È di qualche giorno fa la nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia. La nota segnala il proseguimento di una fase di “crescita moderata”, in particolare in virtù del miglioramento dei ritmi produttivi dell’attività manifatturiera e dai primi segnali di ripresa delle costruzioni. Segnali meno favorevoli provengono dai consumi e dal clima di fiducia delle famiglie. L’unico modo per rilanciare il consumo e, quindi, la domanda interna, è quello di poter dare più potere d’acquisto al consumatore. Da questo punto di vista, lo scenario che va configurandosi tra Palazzo Chigi e le Parti sociali potrebbe, anche nel breve termine, dare risposte interessanti.



Andiamo con ordine: è ormai nota la posizione degli Industriali, le imprese non sono disposte a crescere aumenti salariali se non in presenza di crescita della produttività aziendale, che naturalmente può corrispondere a un incremento della ricchezza distribuita. Certamente, ciò può creare qualche disparità a livello di retribuzioni, tuttavia con i contraccolpi subiti in questi anni dal sistema produttivo è chiaro che non possono essere le imprese a fare da ammortizzatore sociale.



Proprio su questo punto stanno maturando tra le Parti – e anche in modo condiviso con il Governo – delle soluzioni interessanti. Si diceva, infatti, che dovesse essere la contrattazione di secondo livello a distribuire la ricchezza prodotta in azienda; ci siamo più volte chiesti, come può essere distribuito quel surplus di ricchezza prodotta laddove non c’è un contratto aziendale. Certo la contrattazione territoriale è un’ipotesi – di cui abbiamo scritto -, ma è chiaro che i contratti territoriali di settore, e di tutti i settori, sono un’operazione d’insieme complessa. La soluzione che si sta profilando all’orizzonte sembra proprio andare nella direzione di superare la sola contrattazione aziendale nella distribuzione della retribuzione premiale, e il generale silenzio dopo l’incontro tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil – alla presenza del neo Presidente Boccia – fa pensare che le Parti non siano così lontane da un’intesa sostanziale.



Certamente, la detassazione del salario di produttività gioca un ruolo importante nella vicenda. In questo senso, è noto che a Palazzo Chigi si sta lavorando anche nell’ottica di abolire il tetto delle 2.000 euro per le agevolazioni fiscali sui bonus aziendali, cosa che piace molto agli Industriali che auspicano, anche, gli stessi vantaggi per qualsivoglia forma di erogazione che premi i risultati, indipendentemente dal contratto aziendale.

È chiaro che con la flessibilità che il Governo ha guadagnato a Bruxelles (14 miliardi euro), sarà possibile intervenire in un’ottica di riduzione delle imposte, cosa importante per rilanciare gli investimenti, per dare respiro all’occupazione e alle retribuzioni e, quindi, ai consumi. Tutti stanno lavorando alacremente, dopo molto tempo perso le Parti vogliono trovare un’intesa; ma anche il Governo ha interesse a stare dentro la partita. In autunno c’è la tornata referendaria, determinante per le sorti del Paese e per lo stesso Governo. Se le nuove regole per la contrattazione fossero scritte prima del voto, Matteo Renzi potrà prendersi il merito di avere cresciuto le retribuzioni; un bell’argomento per il Sì alla riforma.

 

Twitter @sabella_thinkin

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