Sarà un mese di settembre estremamente caldo per quanto concerne la riforma del sistema pensionistico con il Governo ed i vari sindacati che si incontreranno in diverse occasioni per cercare di sciogliere i principali nodi e trovare delle soluzioni il più possibile condivise. Per quanto concerne i lavoratori precoci (lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età) è in programma un importante incontro il prossimo 12 settembre. Il punto focale per la questione dei lavoratori precoci è il possibile riconoscimento di una sorta di bonus contributivo di 4 o 6 mesi per ogni anno di lavoro svolto nella minore età. Un aiuto che potrebbe rivelarsi decisivo per quanti rientrano in questa casistica e che quindi potrebbero maturare anticipatamente i requisiti per andare in pensione. Naturalmente queste sono ancora ipotesi che dovranno essere confermate o magari modificate. Staremo a vedere.



La Riforma Pensioni 2016 resta sempre al centro delle discussioni sul tema economico e del lavoro in Italia: mentre si attendono ulteriori novità per quanto riguarda l’anticipo di Pensione (Ape) vi sono importanti evoluzioni per l’intera situazione sulle pensioni basse. Stando a quanto rivelato dai colleghi del Sole 24Ore, al momento l’opzione che merita più considerazione nel governo è quella sulle quattordicesime, anche se resta per nulla convinto il presidente Inps, Tito Boeri. Si raddoppiano i beneficiari (da 1,2 milioni a 2,4 milioni di pensionati) e costerebbe di meno di un miliardo di euro. La maggiorazione però sarebbe graduata come accade già di norma sui contributi soliti ma l’estensione del bacino si realizzerebbe alzando l’assegno su cui caricare la 14esima (oggi infatti è di 750 euro mensili). Secondo il quotidiano milanese, la scelta meno costosa sarebbe però allineare la no tax area dei pensionati a quella valida per i dipendenti, difficile sopra i 260 mln annui. Resta però il nodo se dovesse succedere che tutte le detrazioni venissero portate allo stesso livello, da 1,9 miliardi.



La Riforma Pensioni sul tavolo del Governo prosegue nel calcolo dei cosi e nelle ipotesi, di concerto con sindacati e società civile: restano purtroppo tantissimi nodi ancora da sciogliere, e non solo sull’anno Ape. Scrive oggi il Sole 24 Ore come vi restino ad esempio due problemi abbastanza ingenti per quanto riguarda sia le ricongiunzioni gratuite – il quale costo sarebbe non superiore ai 90 milioni nel primo anno di misure previdenziali, ma 500 a pieno regime – e sia per quanto riguarda i lavoratori precoci. In questo caso infatti i piani del governo sarebbero pressapoco i seguenti: a seconda della platea prescelta (fonte ancora Sole 24 Ore) le uscite oscillerebbero tra gli 1,2 miliardi e 1,8 miliardi con la possibilità di scendere anche a 800 milioni con l’adozione di una parzializzazione, anche se in questo caso vi sarebbero vincoli assai rigidi, promette il ministero del Lavoro. In ultima analisi, gli impiegati in attività usuranti avrebbero destinati tra i 70 e i 250 milioni a regime: per alcuni addetti ai lavori, sarebbero ancora insufficienti per consentire un piano realistico.



Sembra che ci sarà una “sorpresa” nella riforma delle pensioni allo studio del Governo per la Legge di stabilità. Lo scrive Il Corriere della Sera, spiegando che crescono le probabilità di un aumento delle pensioni minime. Ma per non rendere troppo oneroso l’intervento, sembra che questo possa essere limitato a chi non percepisce altri assegni previdenziali e utilizzando anche l’Isee. Sarebbero quindi circa un milione i pensionati interessati dalla misura. Altro elemento di cui parla il quotidiano milanese è l’entità delle penalizzazioni per l’Ape: “La penalizzazione dell’assegno dovrebbe essere tra lo 0 e il 2,9% l’anno per chi è rimasto senza lavoro oppure è disabile o ne ha uno a carico. Mentre sarà più pesante, tra il 4,5% e il 6,9%, per chi sceglie volontariamente di lasciare il lavoro in anticipo”.

Governo e sindacati si stanno incontrando con una certa costanza allo scopo di delineare alcune questioni relative al sistema pensionistico evidentemente da riformare. Tra queste spicca senza dubbio la vicenda dell’uscita anticipata dal mondo del lavoro che nelle intenzioni del Governo dovrebbe essere affrontata per mezzo dell’Ape, acronimo di Anticipo pensionistico. Stando a quanto evidenziando dal sottosegretario Nannicini negli incontri con i sindacati, l’Ape dovrebbe coinvolgere lavoratori dipendenti ed autonomi in possesso di 63 anni di età nel caso degli uomini, 62 anni nel caso delle dipendenti del settore privato e 62 anni e 6 mesi nel caso di lavoratrici autonome. Verrà reso possibile per mezzo di prestiti attraverso l’Inps da restituire con rate mensili dai beneficiari dell’accesso anticipato una volta raggiunta l’età pensionabile. Resta da capire quanto il prestito andrà a gravare sulle spalle degli stessi beneficiari dell’Ape.

Cesare Damiano difende le salvaguardie a favore degli esodati per porre rimedio alla riforma delle pensioni targata Fornero, ancora una volta criticate da Tito Boeri, rilanciando così la necessità di un’ottava salvaguardia. Resta da capire se in effetti questo provvedimento verrà approvato o meno e nel caso se all’interno della Legge di stabilità. La Rete dei comitati degli esodati da tempo chiede che l’approvazione sia fatta in tempi rapidi, evidenziando come non occorrano nuove risorse rispetto a quelle già stanziate con gli altri interventi di salvaguardia precedenti. L’ex ministro del Lavoro ha poi ricordato che finora per gli esodati è stata usata una cifra pari all’1,28% dei risparmi ottenuti con la Legge Fornero, quindi sarebbe possibile fare ancora molto per chi è rimasto penalizzato nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema previdenziale.

Un articolo de Il Corriere della Sera di oggi ricorda quanto sarà difficile per il Governo quest’anno mettere a punto la Legge di stabilità, stante la crescita del Pil inferiore alle attese che toglierà risorse per tenere i conti pubblici sotto controllo. Quel che è interessante notare nell’articolo di Federico Fubini, è che il capitolo pensioni viene valutato intorno ai 2 miliardi di euro, una cifra superiore rispetto a quella che era stata preventivata qualche settimana fa (1,5 miliardi) e più vicina ai 2,5 miliardi chiesti dai sindacati. Tuttavia l’importo comprende anche misure di assistenza, dunque non solo previdenziali. E proprio per le ristrettezze di bilancio il capitolo pensioni potrebbe essere ridimensionato.

Come noto, la riforma delle pensioni da approvare con la Legge di stabilità potrebbe contenere un aumento delle pensioni minime. Per Mario Baldassarri si tratta di ipotesi tutte da verificare, perché i margini nella manovra non saranno molto ampi. Per l’ex viceministro dell’Economia, le risorse per le pensioni non ci sono perché non si tagliano sprechi e non si fa recupero dell’evasione fiscale. Il Presidente del Centro Studi Economia Reale, intervistato da Radio Radicale, segnala in particolare che ci sono 40-50 miliardi di spesa che finisce in sprechi e circa 100 miliardi di tasse che mancano all’appello ogni anno nel nostro Paese: cifre che sarebbero più che utili per interventi non solo previdenziali. L’eventuale flessibilità che ci venisse concessa dall’Europa, aggiunge, non sarebbe sufficiente nemmeno a disinnescare le clausole di salvaguardia per evitare l’aumento dell’Iva.

Per quanto riguarda la riforma pensioni 2016 a gettare i prossimi paletti da non dimenticare per il Governo nei temi e tavoli di settembre: il Presidente della Commissione Lavoro ha così spiegato su Pensioni Oggi come i temi ineludibili, «il Governo non dimentichi l’ottava salvaguardia degli esodati e l’utilizzo dei risparmi di Opzione Donna, che verranno monitorati a settembre, al fine di consentire ad altre lavoratrici di poter andare in pensione». I dati sul mercato del Lavoro non sono entusiasmanti a fine agosto e per questo motivo per il forte critico con le misure del Governo, Cesare Damiano, questi temi sono davvero ineludibili: «ci aspettiamo che nel Decreto di revisione del Jobs Act il governo ponga un freno all’uso dei voucher, cresciuto ancora del 40% nei primi mesi dal 2016, a partire dal mantenimento del tetto dei 2000 euro per quanto riguarda l’agricoltura». 

In una esclusiva intervista al Sole 24Ore, il tema della riforma pensioni 2016 torna al centro delle proposte di Tito Boeri, presidente dell’Inps impegnato nei doppi tavoli con governo e sindacati per arrivare ad una soluzione a medio termine finalmente sufficiente per la grave emergenza previdenziale italiana. «Se si vuole davvero dare un aiuto ai pensionati più poveri è bene guardare al loro reddito famigliare, non solo a quello pensionistico individuale, come fa la 14esima che in 7 casi su 10 va a persone che povere non sono», spiega nell’intervista al quotidiano economico. Le due ipotesi sul piatto sono l’estensione della 14esima infatti, assieme all’ampliamento della no tax area. «Il problema è che anche il marito o la moglie del percettore di un ricco vitalizio possono accedere alla 14esima il loro reddito se non supera una volta e mezzo il trattamento minimo», chiude Boeri. In sostanza, le maggiorazioni sociali vanno aumentati guardando i redditi familiari, come del resto viene già introdotto dalla legge delega sul contrasto alla povertà.

In queste ore c’è molta agitazione tra i lavoratori precoci che animano il gruppo Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti”. Qualcuno di loro ha infatti incominciato a condividere un articolo in cui si parla di incostituzionalità della Legge Fornero e quindi ci si sta chiedendo se valga la pena promuovere una class action, supportata magari anche dai sindacati, per vedere cancellata la riforma delle pensioni che per molti di loro ha voluto dire innalzamento dei requisiti per andare in pensione. Purtroppo, però, l’articolo cui si fa riferimento risale al 2014 e parla del fatto che la Corte dei Conti della Liguria ha sollevato davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità sul blocco delle indicizzazioni delle pensioni stabilita dal Governo Monti nel 2011. Sappiamo tutti com’è andata a finire: la Consulta ha dichiarato illegittimo il blocco e il Governo Renzi ha varato il bonus Poletti, poi contestato da molti pensionati. Ma tutta questa questione, purtroppo per i lavoratori precoci, non ha nulla a che fare con l’innalzamento dell’età pensionabile deciso con la Legge Fornero. Basterebbe ricordare che il referendum promosso dalla Lega Nord per abolire la Legge Fornero è stato dichiarato inammissibile dalla stessa Corte Costituzionale.

In attesa di conoscere cosa succederà il prossimo 6 settembre, giorno in cui ritorneranno a confrontarsi sul tema delle pensioni, il Governo nella persona del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, ed i vari sindacati, arriva una bella notizia sulle pensioni per tutti i lavoratori con oltre 55 anni di età che si trovano in disoccupazione. Infatti, ha dato via libera alla proroga dell’Asdi anche nel 2016. Una decisione ufficializzata dalla pubblicazione lo scorso 9 agosto nella Gazzetta Ufficiale del decreto del ministero del lavoro 23 maggio 2016. Non ci sono modifiche per quanto concerne i quesiti per poter accedere a simili concessioni e nello specifico il sussidio è rivolto a coloro che fanno parte del nucleo familiare in cui sia presente almeno un minore oppure ai lavoratori che abbiano almeno 55 anni di età e abbiano maturato quelli che sono gli attuali requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia oppure alla pensione anticipata. La durata massima del sussidio rimane pari a sei mesi ed infine, il beneficiario non può avere un indice Isee superiore ai 5 mila euro.