Mister Hayek, un modello per Mister Renzi. Il “patron” del gruppo Swatch ha dovuto pubblicare risultati economici in netto calo per il suo gruppo. E ha fatto allarmare gli analisti finanziari spiegando loro che non prevede di tagliare il personale, tra le misure adottabili per ridurre i costi, perché le risorse umane sono troppo preziose per essere tagliate: “Saranno evitati i tagli al personale”, ha detto, “perché nell’orologeria i bravi operai sono merce rara. Perderli adesso potrebbe significare avere un ritardo e dei problemi di professionalità nel momento in cui il mercato ripartirà”.



Proviamo a sostituire la frase “nell’orologeria i bravi operai sono merce rara” con altre, adattabili alla Pubblica amministrazione: “nella scuola i bravi insegnanti”; “nella sanità i bravi medici”; “nella polizia i bravi detective”; “nella magistratura i bravi giudici”… Suonano bene, vero? Ecco: sarebbe bello ed edificante se il governo cogliesse la doppia occasione della nuova, recente ondata di polemiche sui megastipendi dei manager pubblici e dei decreti attuativi della riforma Madia della Pubblica amministrazione per ri-regolamentare una volta per tutte la questione e segnare due punti: introdurre criteri meritocratici per la gestione delle carriere e degli stipendi, almeno nella loro componente variabile; e includere tra questi criteri la capacità di salvaguardare l’occupazione, naturalmente non in forma parassitaria e assistenziale ma produttiva.



Ispirandosi ad Hayek, appunto: cioè introducendo tra i parametri per valutare il merito dei manager pubblici – e determinare, così, i “bonus” sullo stipendio base o lo stesso stipendio base – “anche” la capacità di valorizzare pienamente le risorse umane dell’azienda (o il pubblico ufficio) gestiti.

Diciamo la verità: a tagliare i costi licenziando sono capaci tutti. Assai meno sono capaci, in genere, i manager a ottimizzare i costi delle aziende senza tagliare il personale e facendo rendere le risorse umane meglio e di più. Dunque, se un criterio di ispirazione sociale può essere considerato fondamentale da qualsiasi punto di vista, finalizzato cioè a quell’interesse pubblico di base che è quello di tendere alla piena occupazione (articolo 1 della Costituzione), questo è appunto il criterio della massima tutela possibile delle risorse umane di un’azienda…



Applicando questo criterio alla polemica sul “tetto” dei 240 mila euro oggi in (teorico) vigore nelle società controllate dallo Stato, si potrebbe decidere che questo “tetto” potrebbe essere superato, e anche di molto, solo da quei manager in grado di assicurare la massima occupazione pur nel perseguimento dell’altra finalità di un’azienda, che è quella di produrre utili. 

Nessuna eresia anti-capitalisica: il “tempio” della scienza manageriale, l’Università americana di Harvard, ha da due anni incluso nei parametri in base ai quali stila la classifica mondiale dei “chief operating officer” (cioè gli amministratori delegati) più bravi anche quello della sostenibilità sociale dell’impresa, cioè appunto la qualità del rapporto col personale, che va dal rispetto delle mansioni e delle competenze alla valorizzazione dei ruoli, e quindi basilarmente alla stabilità del posto di lavoro.

Sarebbe certamente un esercizio complesso, che si presterebbe anche a strumentalizzazioni e raggiri, ma è pur vero che se qualcuno deve innovare e scommettere sulla possibilità di migliorare nel profondo i modelli di comportamento collettivi, questo qualcuno è innanzitutto lo Stato. Provaci ancora, Matteo!