Il confronto tra governo e sindacati sulle pensioni entra nella fase finale. Il 12 settembre si terrà il punto conclusivo con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Sul tavolo ci sono numerose questioni, dalla flessibilità pensionistica alle ricongiunzioni onerose, dai lavori usuranti ai precoci, e la decisione finale per ciascuna di esse non è ancora stata presa. Ne abbiamo parlato con Cesare Damiano, ex ministro della Previdenza sociale e attualmente presidente della commissione Lavoro alla Camera dei Deputati. L’onorevole Damiano (Pd) ha elaborato le principali proposte in tema di pensioni poi votate all’unanimità dalla commissione Lavoro stessa.
Onorevole Damiano, è soddisfatto del modo in cui sta procedendo il confronto tra governo e sindacati in tema di pensioni?
Sarò soddisfatto o meno quando si concluderanno i confronti previsti tra Governo e segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Se si sta a quanto discusso finora, ci sono le premesse per arrivare a una conclusione positiva. Come sempre non si porta tutto a casa, ma mi pare che ci siano numerosi punti interessanti.
Ci saranno anche le risorse?
Quando si inizierà a discutere la legge di bilancio ci sarà una grossa battaglia per le risorse. Io ho contestato le affermazioni del ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, secondo cui i soldi devono andare tutti per gli investimenti, mentre le questioni sociali vanno affidate a una fase due. Essendo esperto della politica dei due tempi, so che il secondo tempo non arriva mai.
In ogni caso quali sono i punti interessanti cui lei faceva riferimento prima?
Il primo riguarda la flessibilità previdenziale. C’è un’ipotesi che fissa a 63 anni l’età a partire dalla quale si può incominciare ad andare in pensione, rispetto ai 66 anni e 7 mesi attuali. Si tratterebbe quindi di uno sconto temporale importante. Questa possibilità va data gratuitamente con i compensi fiscali a chi è disoccupato di lungo periodo, ai lavoratori precoci, a chi svolge attività usuranti, ai lavoratori invalidi dalla nascita perché portatori di handicap oppure a seguito di un infortunio sul lavoro. Sono categorie particolarmente esposte per le quali va prevista la flessibilità senza penalizzazioni.
Ci può spiegare invece la questione delle ricongiunzioni onerose?
Quello delle ricongiunzioni onerose è stato un errore compiuto dal governo Berlusconi, in base a cui chi ha versato a due fondi come Inpdap e Inps è costretto a pagare due volte i contributi. Bisogna fare in modo che questa somma sia gratuita come lo era in precedenza.
Su quali altri punti c’è una convergenza governo-sindacati?
Un’altra questione su cui c’è una convergenza riguarda il blocco dell’aspettativa di vita per coloro che svolgono lavori usuranti. Infine si tratta di eliminare le penalizzazioni per coloro che vanno in pensione prima dei 62 anni di età, con 41 o 42 anni di contributi.
Può illustrarci meglio quest’ultimo punto?
Ci saranno dei lavoratori per i quali la flessibilità varrà a partire dal 63 anni e costoro non avranno penalizzazioni. L’attuale legge prevede inoltre che dall’1 gennaio 2018 ritornino le penalizzazioni per coloro che andranno in pensione prima dei 62 anni. Ciò di cui si sta discutendo con il sindacato è di togliere questa penalizzazione.
Chi potrà beneficiare di questa modifica?
Ad andare in pensione prima dei 62 anni sono i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno accumulato un numero di anni contributivi sufficienti per andare in pensione a prescindere dall’età.
Oltre a queste modifiche, che richiedono risorse fresche, ce ne sono altre che potrebbero avvenire a costo zero?
Sì. Tra queste c’è l’ottava salvaguardia, rispetto a cui la mia proposta di legge è già incardinata e con le risorse già esistenti potrebbe portare altri 30mila lavoratori in pensione. A ciò si aggiunge la verifica di Opzione Donna che avverrà a settembre, e che ci dovrebbe anch’essa consentire un prolungamento della sperimentazione portando altre donne in pensione a 57 e 58 anni.
Quali proposte positive sono emerse invece per coloro che sono già in pensione?
In primo luogo il governo è orientato a equiparare completamente la No Tax Area per i pensionati a quella per i lavoratori dipendenti e autonomi. A ciò si aggiunge la questione della rivalutazione della quattordicesima, che avevo istituito per i pensionati poveri quando ero ministro. Si parla quindi o di alzare la cifra della quattordicesima, pari mediamente a 400 euro l’anno, o di alzare la soglia dei 750 euro di pensione al di sotto dei quali è possibile beneficiarne.
In conclusione ritiene che governo e sindacati siano arrivati a un buon compromesso?
Se sarà realizzato questo complesso di misure, che secondo me ha bisogno di risorse fresche pari a 2 miliardi di euro, lo valuto come un equo compromesso. Se viceversa dovesse prevalere la tendenza a non risolvere questi problemi, si aprirà un conflitto politico e sociale.
(Pietro Vernizzi)