La CGIL ha evidenziato recentemente la necessità di un contratto nazionale che garantisca un aumento retributivo per tutti i docenti. Il Presidente del Consiglio si è impegnato a lavorare per un adeguamento salariale, ma il sindacato attacca con un comunicato: “Il fatto è che il bonus non è un contributo da confermare di anno in anno secondo i voleri del Presidente del Consiglio. È legge e non spetta a lui elargire il bonus o meno”. Per ora regnano incertezza, criticità e rabbia. E Domenico Pantaleo, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL, commentando le ultime dichiarazioni del premier Matteo Renzi, ha chiesto chiarezza sul contratto: “Il suo Governo finora ha stanziato 300 milioni di euro per 3 milioni di statali. L’Avvocatura dello stato ha calcolato una somma necessaria che ammonta a 7 miliardi di euro. Il Presidente può uscire dal generico? Basterebbe un tweet”.



Oltre allo sblocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, il tema dei contratti statali riguarda un altro aspetto diventato sempre più importante, ovvero la posizione lavorativa di precari e consulenti. Questi ultimi, come ricorda il sito businessonline.it, rischiano di perdere il proprio posto in seguito alla cancellazione dei co.co.co. nella pubblica amministrazione. Secondo i sindacati, gli oltre 2000 lavoratori precari delle amministrazioni provinciali e delle città metropolitane non vanno incontro ad un futuro sereno: “Da anni impiegati a garantire servizi pubblici in quegli enti e in scadenza alla fine di quest’anno”. Non va meglio per i dipendenti degli enti locali che rischiano invece di vedersi decurtato il salario.



La nuova settimana in partenza ha nuovamente riacceso i riflettori sul tema dei contratti statali e del loro rinnovo e che vedrà nei prossimi giorni lo svolgimento di ulteriori incontri informali con i sindacati in vista di un incontro ufficiale che potrebbe essere fissato già alla fine del mese. Il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, come ricorda il sito businessonline.it, porta con sé anche numerose incertezze e quesiti, a partire dalle risorse che il governo ha realmente intenzione di investire nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione. L’accento, dunque, è posto soprattutto sul presunto aumento degli stipendi pubblici e sui soggetti che ne potranno usufruire, tenendo conto delle coordinate rivelate da Palazzo Chigi e che si basano sulle variabili di produttività, merito e reddito. Di conseguenza, è chiaro che non tutti potranno usufruire dell’atteso aumento. Un altro punto saliente è quello relativo ai precari e consulenti che ora rischiano di restare senza lavoro dopo la cancellazione dei contratti co.co.co. nella pubblica amministrazione.



Per quanto riguarda i contratti dei dipendenti statali il mese di settembre e l’inizio di ottobre saranno decisivi vista la prossima Legge di Bilancio che andrà presentata dal governo con tutte le ultime norme sul lavoro e le pensioni degli italiani. Oggi ci sarà l’incontro sulle pensioni tra governo e sindacati, e certamente un accenno della discussione andrà sugli aumenti o meno dei dipendenti pubblici, come promesso del resto a più riprese dal Premier Matteo Renzi. Sulla vicenda è intervenuto anche il Direttore Generale della Banca d’Italia, intervistato sabato da First Online, e le sue risposte sono di certo non banali a riguardo. «Le proposte di rafforzamento alle tutele sociali (pensioni, flessibilità previdenziale e contratti statali) sono visioni politiche legittime, ma da uomo della strada è prioritario che l’economia italiana ritrovi la strada della fiducia degli investitori e della crescita, poi può porsi il problema della distribuzione del reddito e del livello di tutela sociale», sostiene Salvatore Rossi. Una politica “a due tempi” anche se lo stesso Direttore non si dice del tutto d’accordo: «non va mai perso di vista il vincolo della sostenibilità delle finanze pubbliche: non perché ce lo chiede l’Europa, ma perché lo dobbiamo a chi ha in mano i titoli del nostro debito pubblico, oltre che ai nostri figli».