Possibilità di andare in pensione a 63 anni senza penalizzazioni per disoccupati, precoci, chi svolge lavori usuranti o invalidanti. Sono le principali questioni sul tavolo del confronto governo-sindacati in tema di riforma delle pensioni. Il 21 settembre si terrà un nuovo incontro tra l’esecutivo e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Ne abbiamo parlato con Walter Rizzetto, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera e deputato di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale dopo avere fatto parte in precedenza di M5s e Alternativa libera.
Ritiene che dal confronto governo-sindacati stia emergendo un buon compromesso?
La ringrazio per la domanda, ma la considero retorica. Non ho mai creduto, quantomeno negli ultimi anni, che da sindacati e governo potesse uscire qualcosa di buono. Apprezzo l’impegno del sindacato per risolvere questa drammatica questione, perché i tempi si sono dilungati in modo esponenziale. Faccio però molta fatica a credere che il risultato sarà soddisfacente, anche perché la proposta di cui si sta discutendo è un anticipo pensionistico (Ape) dimezzato e modificato. Io resto della mia linea, che è quella di andare avanti con Quota 41 e con le risorse per Opzione Donna, nonché di aumentare le pensioni minime andando a tassare maggiormente le cosiddette pensioni d’oro.
Nello specifico quali sono i punti emersi dal tavolo con i sindacati che non la convincono?
Il punto nodale che non mi convince è il fatto che il sindacato ha battuto i pugni sul tavolo della trattativa, dicendo che non avrebbe accettato nessuna soluzione al ribasso, ma ora si sta discutendo dell’Ape che è per l’appunto una soluzione al ribasso. Alla fine governo e sindacato riusciranno a trovare una mediazione con una pacca sulla spalla, facendo digerire a tutti la proposta dell’esecutivo. Del resto lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha detto che per risolvere il problema delle pensioni ci sono due miliardi di euro, quando in realtà ne servono molti di più.
Secondo lei come andrà a finire?
Nel corso della trattativa a un certo punto il sindacato mollerà e riuscirà a dire un altro sì anche a una soluzione che non soddisferà nessuno.
Sul tavolo c’è la possibilità di andare in pensione a 63 anni senza penalizzazioni per i soggetti più deboli. Lei che cosa ne pensa?
È sicuramente una possibilità, ma finché non vedo non credo. Sono soltanto i titoli iniziali di questo film che dovremo vivere in modo molto caldo e drammatico in autunno. D’altra parte il governo vuole mettere a posto tutto l’aspetto delle pensioni con la legge di bilancio, ma non ce la farà perché le risorse saranno limitate. Matteo Renzi è andato in Europa a chiedere altra flessibilità, ma più di un Commissario Ue gli ha risposto che la flessibilità è finita.
Un’altra proposta è bloccare l’aspettativa di vita per chi svolge lavori usuranti. È d’accordo?
I dati Istat di qualche mese fa ci dicono che l’aspettativa di vita è in calo, ma il governo basa comunque la messa a riposo delle persone su quest’ultima variabile. Per quanto mi riguarda, l’aspettativa di vita non va bloccata, bensì eliminata.
Sull’ottava salvaguardia degli esodati la proposta di legge è già incardinata e le risorse ci sono già. Si riuscirà a fare?
Dipenderà dalla maggioranza. Noi eravamo già pronti a portare avanti la proposta ai primi di agosto. Dopo di che si è fermata, nel senso che il governo e la ragioneria di Stato non erano pronti con i numeri. A quel punto come opposizioni abbiamo chiesto una volta per tutte questi numeri, ma ancora una volta non sono arrivati. Noi siamo pronti in ogni caso a votare la legge, auspicando che sia una salvaguardia tombale rispetto a tutte le posizioni ancora attive.
(Pietro Vernizzi)