Sulle pensioni le misure ci saranno e non dipendono dalla trattativa con Bruxelles, ha annunciato, ieri mattina, dopo la lunga nottata che ha visto l’approvazione del Def, il premier. Ha, ovviamente, specificato che le azioni messe in campo non avranno budget multimilionari: si seguirà, insomma, la logica riformista dei piccoli passi. Chi vorrà andar in pensione prima (non si modificano, infatti, i requisiti della Fornero) dovrà accettare, insomma, una piccola penalizzazione dell’importo. Le minime avranno, quindi, una sorta di quattordicesima.



L’incontro sulle pensioni con i sindacati, non più pericolosi gufi, è stato, così, l’occasione per un confronto delle diverse novità predisposte dall’esecutivo a partire dall’Anticipo pensionistico (il famoso Ape) fino a un massimo di tre anni e sette mesi (per gli over 63, dal 2017). Si è poi passati al “bonus” per i lavoratori precoci (coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni) che potrebbe, tuttavia, essere limitato ai “super-precoci”, cioè ai lavoratori che hanno, addirittura, cominciato a lavorare prima dei 16 anni, per concludere con l’aumento delle quattordicesime (estese ora a chi ha un reddito complessivo fino a 1.000 euro).



Con particolare riferimento all’Ape, è previsto che questo abbia un costo diverso a seconda delle situazioni: più alto se l’anticipo è volontario e, invece, pari a zero per coloro che sono disoccupati e hanno, ahimè, esaurito gli ammortizzatori sociali. Un trattamento di favore sarà, inoltre, garantito per chi ha esigenze di cura di familiari disabili e per chi ha svolto lavori rischiosi (i famosi usuranti). Il limite per beneficiare dell’Ape “social” dovrebbe essere quello di aver maturato una pensione entro i 1.500 euro lordi. Nei casi di Ape volontaria, quindi, almeno secondo le prime simulazioni, la rata per il prestito per il periodo massimo (tre anni e sette mesi) potrebbe costare fino al 25% dell’importo della pensione per ben 20 anni: una sorta di mutuo.



Il governo ha valutato di destinare, complessivamente, agli interventi sulle pensioni 6 miliardi di euro in tre anni. A prescindere, tuttavia, dalle risorse che l’esecutivo intende mettere in campo per queste misure è, ahimè, evidente come le scelte, gli ennesimi bonus una tantum, guardino molto al presente e manchino di quel più ampio respiro che sarebbe auspicabile. Quali misure per i lavoratori di oggi e, forse, pensionandi del futuro?

Su questo sarebbe stato lecito aspettarsi una presa di posizione, anche dura, dei sindacati confederali, che sembrano, tuttavia, destinati a essere, sempre più, solamente i rappresentanti di ex lavoratori.