L’anticipo pensione varato con ogni probabilità nella prossima riforma pensioni 2016 è sempre nell’occhio del ciclone, con l’incontro dei sindacati con il ministro Poletti martedì prossimo che darà molte informazioni a proposito. Al momento le distanze sull’Ape sono diverse, con la Cgil scatenata contro l’ipotesi al momento in campo dell’anticipo pensionistico: «vogliamo partire dalla risorse e vogliamo difendere un principio: i lavoratori che pagano un contributo non devono indebitarsi alla fine della vita per avere i loro contributi sotto forma previdenziale. Penso che l’anticipo pensionistico sia un’idea ingiusta dal punto di vista delle condizioni delle persone, non sono d’accordo». Secondo il segretario leader del maggior sindacato italiano, la legge pensioni così com’è sarebbe un regalo a banche e assicurazioni.
Le ultime notizie sulla riforma pensioni vedono un possibile problema ulteriore sulla strada della formazione del cosiddetto anticipo di pensione: stando a quanto riportato da Repubblica stamane, l’Ape è sub iudice e non solo per i dissidi sindacati-governo. L’Unione Europea infatti, interpreta sulla misura prevista da Inps e ministro Poletti, potrebbe mettere dei paletti: secondo il quotidiano romano, se i pensionando agevolati dallo Stato fossero al di sopra di una certa percentuale, tutta da definire, la vera spesa per le detrazioni configurerebbero sempre più debito pubblico. L’Ue non vuole far lievitare questa posta e la trattativa col governo è on corso: si parla anche di consentire agevolazioni ad almeno il 40-50% dei richiedenti ultimi nella nuova riforma pensioni 2016.
Si è conclusa poco fa l’intervista del ministro Giuliano Poletti sulla riforma pensioni 2016 in diretta a Rai News24: il responsabile del ministero del lavoro ha voluto stabilire quali sono i paletti per le prossime settimane, in primis dall’appuntamento con i sindacati di martedì prossimo che definirà, secondo Poletti, i costi dell’intera manovra. «le pensioni minime e quelle dei lavoratori che ancora devono andare in pensione, bisogna cominciare da qui. I paletti per i costi della riforma pensioni ancora non ci sono perché li dovremo limare nel prossimo incontro con le organizzazioni sindacali di martedì», ammette Poletti. Stando alle parole del ministro del Lavoro, chiara è l’indicazione sulle priorità della manovra che andrà poi inserita nella prossima Legge di Stabilità: «dobbiamo partire da quelli che stanno peggio. Dunque pensioni minime e provvedimenti per chi ha perso il lavoro drammaticamente». Un accenno finale viene lanciato anche sulla vicenda della no tax area: «con Renzi pensiamo che non sia giusto una disparità tra il limite della no tax area per i lavoratori e per i pensionati, bisogna colmare questa grave mancanza».
La riforma pensioni di questo 2016 sarà probabilmente quella decisiva per cercare di mettere un freno alla voragine previdenziale che ha colpito il nostro Paese negli ultimi decenni di gestione complessa dell’Inps e dell’evoluzione e crisi del mondo del lavoro: su questi temi ha parlato l’ex ministro del Lavoro nel governo Letta, Enrico Giovannini, già presidente dell’Istat. «Visto che ero stato io quand’ero ministro del Lavoro a lanciare l’idea del prestito pensionistico tre anni fa, non posso che essere lieto che questo strumento si avvii a diventare operativo. Non risolverà tutte le situazioni, ma potrà dare una risposta efficace alle esigenze di migliaia di cittadini». Dipenderà però tanto dalla compartecipazione di Stato, imprese e cittadini al suo costo: l’intervista rilasciata a Repubblica dopo il suo intervento al Forum Ambrosetti di Cernobbio tratta anche il capitolo sulle pensioni minime. «Su questo c’è da fare una puntualizzazione. In Italia ci sono 4,6 milioni di persone in stato di povertà assoluta. Di questi, poco più di un milione sono minori, 600mila ultra 65enni e tre milioni in età da lavoro». Progetti come inclusione attiva sostenuta, la Sia, ma soprattutto «Se poi ci sono casi di pensionati in povertà, invece di applicare il Sia si aumentino le pensioni minime» conclude Giovannini.
Martedì per la riforma pensioni sarà un giorno particolare e importante per l’incontro tra i sindacati e il governo, in vista del progetto di riforma alla Legge Fornero che dovrà essere inserito nella prossima Legge di Stabilità. Secondo quanto raccolto in questi ultimi mesi e come viene riportato in sintesi da Repubblica questa mattina, il pacchetto Pensioni che il governo conta di inserire nella finanziaria 2016 è di circa 2 miliardi di euro, uno per i pensionandi e uno per i pensionati veri e propri. I sindacati chiedevano 2 miliardi e mezzo, l’accordo potrebbe arrivare dunque: la prima categoria di questo pacchetto previdenza riguarda il reddito ponte fornito dall’Ape per i lavoratori ma anche altre misure che possono agevolare l’uscita anticipata dal lavoro. Ricongiunzioni gratuite, riscatti di laurea e ogni strumento utile per cumulare contributi versati in gestioni diverse; ma non solo, ci saranno anche secondo Il Sole 24ore aiuti ai lavoratori precoci che hanno iniziato a lavorare a 14 anni e lavoratori in attività usuranti. Da ultimo dovrebbero essere presenti nel pacchetto anche l’azzeramento delle penalizzazioni per chi ha meno di 62 anni ma con 40 già passati di contributi.
Governo e sindacati nei prossimi giorni hanno in programma diversi appuntamenti per confrontarsi nuovamente sulle modifiche da apportare alla riforma delle pensioni con l’obiettivo di raggiungere un punto di intesa convincente per entrambe le parti. Il punto più delicato sulle pensioni sembra essere quello delle risorse da destinare alle misure ed in particolare quelle per l’Ape che nelle intenzioni del Governo dovrebbe permettere ai lavoratori prossimi all’età pensionabile di accedervi anticipatamente con penalizzazioni sull’importo mensile. Un meccanismo che non sembra piacere particolarmente alla segretaria nazionale della CGIL, Susanna Camusso che in una recente intervista ha espresso delle perplessità in merito, soprattutto sul meccanismo del prestito: ”Non si capisce perché debba auto-prestarsi la pensione, in ragione del fatto che c’è un automatismo nella norma che continua a prevedere che diventeremo sempre più anziani, senza tener conto di quando abbiamo iniziato a lavorare e per quanti anni. Non va, non va bene che non ci sia più una relazione tra i contributi e l’esercizio della prestazione”.