La quattordicesima prospettata dalla riforma pensioni del Governo Renzi, sembra non convincere fino in fondo il presidente delll’Inps, Tito Boeri, che intervistato dal Messaggero esprime tutti i suoi dubbi: «la quattordicesima va in sette casi su 10 a persone che poter non sono», non è la prima volta che viene rilanciato un problema del genere e lo stesso ministro Poletti sta cercando di trovar una soluzione che permetta di essere sfruttata una misura per chi davvero ne ha bisogno. La quattordicesima, introdotta dal Governo Prodi, è la somma aggiuntiva erogata ogni anno nel mese di luglio a 2,2, milioni di persone e dovrebbe essere lo strumento sul quale il governo intende intervenire per migliorare la condizione di una quota di pensionati italiani. Il dubbio di Boeri, spiega lo stesso Messaggero, nasce dal fatto che per calcolare questa misura viene considerato il reddito complessivo degli interessi, ma su base individuale e non familiare: proprio su questo punto Poletti e Nannicini stanno lavorando per ottimizzare la formula, per evitare quanto afferma uno studio Inps dello scorso anno secondo cui “ il 30 per cento delle erogazioni complessive vadano ai primi due decili di reddito misurato con l’Isee (quindi i più bassi) mentre il restante 70 per cento è percepito da pensionati che si trovano nei decili superiori”.



La Riforma Pensioni del Governo Renzi – nel piano spiegato ieri sera a Porta a Porta il premier stesso – prevede un costo di circa 1 miliardo di euro, anche se nelle prossime settimane le cifre potrebbero cambiare in base a quanto discusso con i sindacati nei prossimi decisivi appuntamenti. Ma i numeri si stanziano attorno a questo limite, e dovrebbero coinvolgere per il primo anno circa 350mila lavoratori in Italia: l’emergenza previdenziale, come ha spiegato lo stesso Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Nannicini, coprirà i costi di anticipo pensionistico per categoria disagiate come i disoccupati da lungo corso (tramite particolari detrazioni fiscali indicate nella prossime Legge di Stabilità) oppure per le aziende nel caso di pensionamento anticipati per ristrutturazioni. Chi invece vorrà andare in pensione per sua volontà, avrà una penalizzazione attorno al 15% ma potrà andare in pensione lo stesso. Da ultimo, come spesso ricordato anche nei nostri focus negli ultimi sei mesi, ipotesi allo studio su alleggerimento dei requisiti pensionistici per lavoratori impiegati in attività usuranti oppure i precoci.



Nel pacchetto della riforma pensioni al varo del governo, dopo i proclami di Matteo Renzi ieri sera da Porta a Porta che ha rilanciato – qui sotto trovate tutto nel dettaglio – il tema dell’Ape, delle pensioni minime e della quattordicesima, prosegue il lavoro del sottosegretario Tommaso Nannicini e del consigliere economico di Renzi, Stefano Patriarca, per arrivare al nuovo strumento della previdenza integrativa. Si chiama come tutti sanno Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata), e consentirà «di percepire la rendita in anticipo rispetto alla pensione obbligatoria a lavoratori con 63 anni di età e almeno 20 di contributi che sono senza contratto al momento della richiesta contando su una tassazione sostitutiva più leggera per coloro che hanno un’iscrizione di più lungo corso a un fondo pensione integrativo», spiega il collega Davide Colombo questa mattina sul Sole 24ore. Per Patriarca non si può realmente ridurre l’età pensionabile ma è possibile secondo il Governo intervenire con il sostegno privato per rilanciare la previdenza integrativa. «Attraverso strumenti come Rita, che consente di far scegliere, a chi ha una previdenza integrativa, di non aspettare la pensione pubblica per avere una rendita, ma di avere una sorta di reddito ponte, prima di arrivare alla pensione, che consenta alle persone di uscire prima dal lavoro», chiosa Patriarca alla stampa in questi giorni.



Il principale protagonista della puntata di ieri, martedì 6 settembre della trasmissione Porta a porta in onda su Rai Uno per la conduzione di Bruno Vespa, è stato senza dubbio il Presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha fatto un po’ il punto della situazione sulle tematiche che sono oggetto di discussione in questo periodo ed in particolare ha parlato di pensioni.  Renzi ha voluto ribadire come il Governo stia lavorando per permettere l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per quanti sono prossimi all’età pensionabile e nello specifico: “Tutti quelli che sono arrivati a tre anni prima della pensione o attraverso anticipo pensionistico che costi un’inerzia o con accordi privati potranno andare in pensione anticipata”. Lo stessi Renzi ha anche parlato di altre misure come l’aumento delle minime per effetto di una sorta di quattordicesima e di possibili agevolazioni per le partite iva quantificabili in circa mille euro l’anno con l’obiettivo di raggiungere 500 mila partite iva.

Di riforma delle pensioni ne ha parlato ieri sera il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante la sua partecipazione alla trasmissione Porta a Porta condotta da Bruno Vespa nella seconda serata televisiva di Rai Uno. Ha parlato approfonditamente di pensioni e delle possibili misure che dovrebbero essere effettuate in breve tempo. Particolare attenzione Renzi l’ha riposta sulle pensioni minime annunciando almeno due misure a supporto dei pensionati: “Quest’anno ci sarà un intervento di aiuto a chi prende poco di pensione e sarà nella legge di stabilità2017. Quando si dice intervento sulle pensioni vuole dire che metteremo più denari in tasca a chi di pensione prende poco poco. A partire dal Governo Prodi chi prende la pensione di meno 750 euro al mese ha una sorta di quattordicesima, ragioniamo su un’ipotesi del genere. Ma siccome parliamo ai pensionati, loro sanno che è fondamentale rilanciare il lavoro dei giovani, sa che bisogna fare le due cose insieme, cioè una misura giusta sulle pensioni per dare qualche risorsa in più e di equità per chi ha pensioni basse ma continuare la creazione del lavoro”. 

Il Governo Renzi sta cercando di stringere i tempi per trovare supporto da parte dei sindacati su alcune misure dedicate alla riforma delle pensioni, da inserire nell’ambito della prossima legge di Stabilità. Tra i temi caldi c’è anche quella relativa alla necessità di aumentare le pensioni minime che tuttavia potrebbe non riguardare tutti ma in base all’indice Isee del nucleo familiare. Sull’argomento si è espresso l’esponente di Scelta Civica, Gianfranco Librandi che ha rimarcato: “L’aumento delle pensioni minime è una misura che personalmente suggerisco da inizio legislatura; non si tratta di dare mancette, ma di valorizzare chi oggi, nell’Italia della crisi, sta svolgendo una funzione di vero e proprio welfare nei confronti dei giovani che non trovano lavoro… È inoltre una misura che va ad incentivare i consumi, con effetti positivi su tutta l’economia e può essere coperta con opportuni tagli alla spesa improduttiva. Pieno appoggio dunque a Renzi e Padoan se dovessero scegliere questa strada di buon senso”.

Il Governo ed i sindacati sono arrivati alla resa dei conti per quanto concerne le misure da adottare in tema di riforma delle pensioni. Si discute di uscita anticipata dal mondo del lavoro forse per consentire un accesso alle pensioni circa 3 anni e 7 mesi prima di quanto stabilito dalle norme Fornero. Mentre accade tutto ciò c’è una buona fetta di italiani che dopo aver ricevuto a casa le tanto pubblicizzate buste arancioni, è entrata in uno stato misto tra rabbia e stupore. Questo quanto meno è in estrema sintesi quanto riportato in un bellissimo articolo pubblicato sulla versione online de L’espresso. Nell’articolo vengono riportate storie di persone, soprattutto trentenni, che hanno avuto una bruttissima sorpresa come nel caso di una insegnante di 37 anni che ha riferito: “Per poco non mi è venuto un colpo. Dall’elenco dei contributi erano spariti i 6 anni negli scavi archeologici. Ho contattato l’ente che adesso sta verificano dove siano finiti i miei contributi. Incrocio le dita”. 

In questi giorni sono in programma una serie di incontri tra parti sociali e Governo Renzi per cercare di giungere ad una condivisione totale sulle misure da adottare per riformare l’attuale sistema pensionistico. Le possibile modifiche dovrebbero senza dubbio riguardare l’accesso anticipato alla pensione (si potrebbe prospettare un accesso a partire dai 63 anni a fronte di penalizzazioni ancora da stabilire nello specifico), la proroga della sperimentazione dell’Opzione donna, un diversa trattazione per quanti sono alle prese con i cosiddetti lavori usuranti, bonus contributivi per i cosiddetti lavoratori precoci ed ottava salvaguardia per gli esodati ancora rimasti fuori dopo l’approvazione della riforma Fornero. Insomma, tanti temi di confronto tuttavia tutti accomunati dal nodo relativo alle risorse da stanziare con il classico problema della coperta corta da un lato. Resta da stabilire quali di questi ambiti verrà solo in parte coperto.

In questi giorni il Governo Renzi sta attentamente valutando alcune misure in supporto dei pensionati oltre che per rivedere l’intero sistema previdenziale soprattutto per quanto concerne la questione dell’accesso anticipato. Per quanto riguarda gli attuali pensionati, è ormai nota la decisione dell’Esecutivo di andare ad aumentare le prestazioni minime. Un’operazione che dovrebbe essere effettuata grazie all’aiuto del riccometro allo scopo di evitare eventuali abusi. In pratica l’aumento delle prestazioni minime otterrebbe il lasciapassare dopo valutazione dell’indice Isee, per cui chi ha altre entrate in famiglia dovrebbe restare fuori dall’aumento. Una decisione che il Governo sta prendendo in seria considerazione in ragione delle scarse risorse economiche di cui dispone che non permettono certamente un aumento per tutte le pensioni minime che sono state calcolate pari a 2,3 milioni in tutta Italia.

La ricongiunzione onerosa nel progetto di riforma pensioni 2016 dovrebbe essere limata per evitare ai pensionati di subire l’effetto delle diverse gestioni durante la vita lavorativa: secondo il progetto di legge la ricongiunzione dovrebbe essere gratuita e riguarderebbe i contributi versati a diverse gestioni. È valida in sostanza per avere i requisiti di accesso all’Ape, l’anticipo di pensione, ma nei prossimi giorni con le ultime discussioni con i sindacati si potrebbe avere delle novità. Il giudizio del presidente Commissione Lavoro, Cesare Damiano, è però chiaro e netto: «Per colpa di un errore fatto dal governo Berlusconi, chi oggi chiede la ricongiunzione dei contributi paga un dazio che va dai 20 ai 200 mila euro. In pratica bisogna ipotecare la casa per andare in pensione». Vanno abolite le ricongiunzioni onerose, in sostanza, per poter permettere ai lavoratori e ai pensionati di non dover subire ulteriormente “vessazioni” erariali. L’interno del governo è il medesimo, idem per l’Inps: si riuscirà ad arrivare all’accordo definitivo?

Dire che settembre sia il mese decisivo per la Riforma Pensioni 2016 è forse un po’ banale ma rappresenta la realtà: incontro tecnico tra governo e sindacati fissato per il 12 settembre, il 21 sarà invece la volta di quello politico, in cui si discuterà di Ape, ricongiunzione onerose e quattordicesima. Proprio su questo punto si cerca un accordo per lo più bilaterale tra l’esecutivo e le sigle sindacali, che invece rigettano l’Ape per come è strutturato al momento. Le ultime notizie sulle modifiche alla quattordicesima danno questa struttura di massima: innalzando il reddito personale complessivo limite si cercherà di ottenere il beneficio da 1,5 volte del trattamento minimo (circa 750 euro) a 2 volte, 1000euro. Come giustamente riporta l’Ansa stamani, il reddito del quale si tiene conto è quello comprensivo di tutti i redditi assoggettabili all’Irpef, nonché i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte. Esclusa però, pare, la casa di abitazione e non è quindi in questo modo solo il reddito pensionistico. Come riporta lo studio di Uil su dati Inps, «Estendendo il limite di reddito a circa 1.000 euro al mese otterrebbero il beneficio su dati Inps, altri 1,15 milioni di pensionati».

Questi sono giorni di grande confronto tra il Governo Renzi  e le partite sociali per rintracciare una soluzione uniforme che permetta di rivedere alcuni paletti dell’attuale sistema pensionistico che non sembrano funzionali. Tra i temi più caldi c’è sicuramente quello dell’uscita anticipata dal mondo del lavoro con il relativo meccanismo dell’Ape. Meccanismo che non sembra piacere particolarmente ai sindacati che hanno criticato il dover contrarre da parte dei beneficiari, un prestito poi da restituire in venti anni. In ragione di ciò sembra che negli ultimi giorni si stia valutando una soluzione alternativa che aumenta in maniera incredibile il grado di flessibilità. In pratica si potrebbe andare in pensione a partire dal compimento del 63esimo anno di età (anticipo massimo di 3 anni e 7 mesi rispetto alle attuali soglie) dando allo stesso lavoratore la facoltà di decidere quanto farsi anticipare del proprio assegno pensionistico in virtù delle proprie esigenze personali.

È un mese di settembre denso di appuntamenti e scadenze per la riforma pensioni 2016 ma anche per il mondo della politica in generale, con il Governo Renzi che è chiamato ad affrontare diversi temi caldi tra i quali spicca senza dubbio quello della riforma del sistema pensionistico. Mentre vanno avanti a ritmo frenetico gli incontri tra parti sociali e lo stesso Esecutivo per trovare un’intesa soprattutto sull’uscita anticipata dal mondo del lavoro per mezzo della cosiddetta Ape, nella Camera dei deputati sta per essere affrontato un tema altrettanto scottante che ormai dal 2011 aspetta di essere risolto una volta per tutte. Ovviamente stiamo parlando della vicenda degli esodati. Il Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano ha assicurato che nei prossimi giorni l’ottava salvaguardia verrà affrontata in Commissione in maniera seria con il relativo disegno di legge.

Sono giorni particolarmente importanti giacché il Governo e le parti sociali torneranno ad incontrarsi per discutere sugli interventi da apportare nell’ambito della prossima Legge di Stabilità per quanto concerne le pensioni. Si sta facendo un gran parlare di Ape e di uscita anticipata dal mondo del lavoro ma sul tavolo ci sono anche altre questioni ugualmente importanti come quella dei cosiddetti lavori usuranti. Sarebbero tre le misure su cui il Governo sta lavorando e sulle quali spera nel pieno appoggio da parte dei sindacati. La prima è l’eliminazione degli incrementi dei requisiti legati all’aumento dell’aspettative di vita ipotizzando quindi una soglia che non possa dilatarsi nel tempo. La seconda prevede la cancellazione delle finestre d’uscita che di fatto hanno prodotto diversi slittamenti in fatto di età pensionabile e la conferma del limite minimo di sette anni di lavoro in un determinato settore per giovarsi del seguente vantaggio.