La retribuzione è, senza dubbio, il fondamento del rapporto tra il datore di lavoro e il lavoratore. Essa, infatti, influenza la soddisfazione sul lavoro delle persone, nonché la loro percezione della qualità del proprio lavoro e della loro vita nel suo complesso. Oltre alla paga base, le aziende hanno, negli anni, utilizzato, e sviluppato, ulteriori sistemi retributivi per i propri dipendenti al fine di premiare le miglior performances e motivare i lavoratori. Tra questi sistemi possiamo, quindi, individuarne almeno alcuni: i premi legati alla produttività, la possibilità di godere di specifici beni aziendali (telefono, auto, ecc.), il sostegno a sistemi previdenziali, ma anche sanitari, integrativi e la definizione di modelli di partecipazione finanziaria dei lavoratori all’impresa, ad esempio, nel caso degli utili.
In questo quadro in Europa, almeno secondo il periodico rapporto (annuale) di analisi della crescita, gli accordi, e i contratti, collettivi che a vario titolo concorrono alla definizione delle retribuzioni dei lavoratori del nostro continente dovrebbe consentire un certo grado di flessibilità nelle dinamiche degli aumenti salariali, attraverso e all’interno dei diversi settori, in modo che la gratificazione economica di chi lavora sia più opportunamente allineata a quelle della produttività. Preso atto di questo la Commissione ha commissionato a Eurofound un rapporto (peraltro pubblicato solo pochi giorni fa) chiamato a descrivere il panorama, molto articolato, nel quale i diversi paesi europei operano.
È emerso, quindi, sebbene i dati utilizzati facciano riferimento al 2013, che ben il 62% delle aziende europee fa ricorso a una qualche forma di retribuzione variabile. Il meccanismo più diffuso è quello, ormai consolidato, di legare, almeno una parte della retribuzione, alla valutazione delle performances individuali (43%) dei lavoratori. Segue, in termini di diffusione, la previsione di strumenti che legano i salari, almeno una quota, ai risultati (34%) e/o agli utili (30%) dell’impresa e/o alle performances di gruppo (25%). Meccanismi di azionariato dei lavoratori sono, altresì, utilizzati da solamente il 5% delle imprese europee.
Anche questi dati dovrebbero far riflettere la politica, le parti sociali e i tecnici chiamati nelle prossime settimane a scrivere, auspicabilmente insieme, la Legge di stabilità, ma speriamo soprattutto di crescita e sviluppo, per il 2017. La politica dei bonus e dei contributi “una tantum” sembra, infatti, essere fallita come registrano, ormai, vari istituti quali l’Istat. La sfida, oggi, del Paese è valorizzare, per quanto e come possibile, la produttività della nostra forza lavoro. Da questo processo virtuoso passa anche la capacità, e la possibilità, del nostro Paese di essere solidali con quelle fasce sociali che, ancora, non riescono a riprendersi dai duri colpi subiti durante la crisi.