La Cgil ha, nei mesi scorsi, raccolto più di un milione di firme a supporto della sua Carta dei diritti universali del lavoro e ai tre quesiti referendari a essa legati: abrogare l’abuso dei voucher e le norme che impediscono il reintegro in caso di licenziamenti illegittimi e aumentare la trasparenza in materia di appalti. In quest’ultimo caso, ad esempio, l’abrogazione delle norme vigenti che, secondo il sindacato guidato da Susanna Camusso, limitano la responsabilità solidale degli appalti si propone di difendere i diritti dei lavoratori occupati in appalti, e subappalti, coinvolti in processi di esternalizzazione, assicurando loro tutela dell’occupazione nei casi di cambi d’appalto e contrastando, allo stesso tempo, le pratiche di concorrenza sleale messe in campo dalle imprese non rispettose del dettato normativo. L’obiettivo è, quindi, quello di rendere il regime di responsabilità solidale omogeneo, applicabile in favore di tutti i lavoratori a prescindere dal loro rapporto con il datore di lavoro. Ripristinando, insomma, la responsabilità in solido tra appaltante e appaltatore, si ritiene che si potrebbe garantire la stessa dignità a tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, contribuiscono alla crescita dell’impresa.
Il secondo quesito, è, per semplificare, quello sull’articolo 18. Secondo la normativa vigente post-Jobs Act, un licenziamento ingiustificato prevede il pagamento di un’indennità che cresce con l’anzianità di servizio, con un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità per le imprese superiori ai 15 dipendenti. In questo caso la Cgil chiedeva attraverso il referendum che il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento disciplinare giudicato illegittimo fosse esteso anche per le aziende sotto i 15 dipendenti, fino ai 5.
Vi è poi il referendum sul tema più “caldo” di questi giorni: i “voucher lavoro”. Secondo la Cgil, infatti, sempre più spesso, attraverso l’utilizzo dei voucher il lavoratore accetta impieghi pagati al ribasso e vede azzerati i propri diritti con una risibile contribuzione ai fini previdenziali. Sempre per il sindacato “rosso”, quindi, è necessario cancellare i voucher perché questi non combattono il lavoro nero, bensì il loro utilizzo fraudolento determina una sommersione anziché un’emersione del lavoro irregolare.
Sulla legittimità di questi tre quesiti è stata chiamata a decidere, quindi, la Consulta. Alla fine possiamo dire che la Cgil ha vinto 2 a 1. Sono stati, infatti, ammessi i quesiti relativi ad appalti e voucher e rigettato (come si prevedeva) quello, la cui ammissibilità avrebbe probabilmente portato a elezioni politiche a breve, sull’articolo 18.
La vittoria rischia, però, di essere una vittoria di Pirro. I referendum saranno, infatti, facilmente disinnescati con interventi, più o meno chirurgici, sulla normativa vigente. L’auspicio è che, pur senza la spada di Damocle dei referendum, nei prossimi mesi si sviluppi una riflessione, possibilmente non ideologica, sugli effetti e sui risultati del Jobs Act e vi sia la disponibilità a intervenire adottando le opportune modifiche e integrazioni che emergeranno come necessarie.