Come noto, il ministero del Lavoro ha fatto sapere che è già pronto un emendamento al decreto milleproroghe, che dovrà iniziare il suo iter parlamentare dal Senato, per far sì che l’Inps non preceda quest’anno al recupero della perequazione data in più nel 2015, rinviando, come già fatto lo scorso anno, questo “prelievo” sulle pensioni all’anno prossimo, quando potrebbe anche essere “neutralizzato” da un aumento delle indicizzazioni. Una scelta che viene accolta molto positivamente dalla Fnp-Cisl, il cui Segretario generale, Luigi Bonfanti ha detto: “Apprendiamo con grande soddisfazione la decisione del ministro Poletti di aver predisposto un emendamento al Decreto Milleproroghe per evitare che i pensionati debbano restituire lo 0,1% della rivalutazione delle pensioni avuta nel 2015”. “Una decisione di buonsenso che permette di non togliere risorse ai pensionati e rimanda tale operazione a condizioni economiche più rosee per il nostro Paese”, ha aggiunto.
I lavoratori precoci, dopo la delusione della riforma delle pensioni, si preparano a nuova lotta nel 2017. In questi giorni i comitati regionali si incontreranno in occasione “informali”, come delle cene, per cominciare a riprendere l’attività. Lazio, Piemonte, Friuli Venezia-Giulia sono tra i primi a ritrovarsi. In una situazione non facile. C’è infatti chi ha probabilmente diritti ad accedere alla Quota 41 varata dal Governo, ma non è ben chiaro cosa debba fare, dato che non riesce ad avere notizie precise nemmeno dai patronati. E c’è chi invece sa già che non ha i requisiti, se non l’aver versato 41 anni di contributi, per poter già andare in pensione e quindi, se non vuole rassegnarsi ad attendere ancora del tempo, deve riprendere la propria battaglia. Soprattutto perché in questo 2017 si dovrà decidere se aumentare ancora i requisiti richiesti per l’accesso alla pensione in virtù dell’andamento dell’aspettativa di vita. E questo potrebbe tradursi in un nuovo allontanamento del traguardo della pensioni.
Il Governo ancora non ha fatto sapere se riprenderà in mano il dossier sulla riforma delle pensioni. Alessandro Genovesi, Segretario generale di Fillea, ha fatto in ogni caso sapere che bisogna intervenire sull’Ape social, modificando una parte del testo della legge in cui si chiede che vi siano 36 anni di contributi e sei consecutivi in lavori gravosi. “Soglie che di fatto impediranno agli operai edili di accedervi, vista la discontinuità che caratterizza il nostro settore”, ha evidenziato Genovesi. Il quale ha anche ricordato che c’erano state proposte bipartisan per degli emendamenti in materia. Tuttavia la necessità di varare in tempi rapidi la Legge di stabilità ha reso impossibile che vi fossero delle modifiche nel testo. E gli edili rischiano di farne le spese, vedendosi negata la possibilità di accedere all’Ape social a differenza di altri lavoratori.
Dalla Uil arriva una nuova richiesta al Governo per avviare la fase due della riforma delle pensioni concordata dai sindacati con il precedente esecutivo alla fine di settembre. Domenico Proietti ha infatti evidenziato che occorrono degli interventi a favore dei giovani e delle donne, che prevedano l’introduzione di un bonus di contribuzione figurativa, così che non si rischi di non poter accumulare l’anzianità contributiva necessaria alla pensione, specie per chi una vita lavorativa caratterizzata da discontinuità. Un altro tasto su cui il Segretario confederale della Uil insiste è la separazione tra spesa previdenziale e assistenziale, che fanno entrambe capo all’Inps. Inoltre, occorre rilanciare la previdenza complementare mediante il ritorno a condizioni fiscali migliori, senza dimenticare che occorrerebbe rivedere il meccanismo di aggancio dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, oggi troppo penalizzante per alcune categorie di lavori.
Mentre i sindacati chiedono al Governo Gentiloni di aprire il confronto sulla “fase due” della riforma delle pensioni, c’è chi ricorda all’esecutivo che i pensionati dovrebbero ancora avere indietro parte della rivalutazione che gli spetta a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco delle indicizzazioni della Legge Fornero. Vittorio Zizza, secondo quanto riporta BlastingNews, ha infatti detto in aula al Senato che ci sono cinque milioni di italiani che hanno diritto a una rivalutazione della loro pensione avvenuta solo in maniera parziale dopo il cosiddetto Decreto Poletti. Il Senato di Conservatore e Riformisti ha anche ricordato la proposta del suo partito di istituire “un trattamento di base uguale per tutti, ragguagliato all’importo dell’assegno sociale da adeguarsi periodicamente al costo della vita e finanziato con versamenti effettuati sulla base di un’aliquota contributiva uniforme per dipendenti e autonomi”.
A seguito della diffusione dei dati dell’Osservatorio Inps sui flussi di pensionamento della scorsa settimana, Maurizio Petriccioli ha voluto ricordare come la riforma delle pensioni frutto dell’accordo tra Governo e sindacati sia riuscita a restituire “un po’ di spazio alle scelte individuali e volontarie dei lavoratori, facendosi carico del disagio di chi ha perduto il lavoro in età anziana e non riesce a ritrovarlo, di chi svolge lavori gravosi e degli invalidi gravi”, in un contesto in cui l’aumento dell’aspettativa di vita ha reso sempre più rigida l’età pensionabile. Per il Segretario confederale della Cisl, l’approvazione rapida della Legge di bilancio non ha reso possibile apportare dei miglioramenti alla riforma delle pensioni. Quindi ora “occorre riprendere il dialogo con il Governo, per ampliare la platea delle categorie dei lavoratori coinvolti con l’Ape sociale, rimuovere gli ostacoli che ancora limitano l’accesso ai benefici e avviare il confronto sulla ‘fase due’ dell’intesa, per migliorare le pensioni per le generazioni future, valorizzare il lavoro di cura, sviluppare la previdenza complementare e introdurre una pensione contributiva di garanzia per i redditi bassi”. Dopo gli ultimi eventi, riguardanti in particolare la circolare dell’Inps sul recupero della perequazione delle pensioni relativa al 2015, anche Spi-Cgil ritiene che si debba aprire un nuovo confronto con il Governo. E pure la Uilp è della stessa idea. Resta quindi da capire quando l’esecutivo darà la sua disponibilità a riprendere il confronto. Potrebbe anche essere l’occasione giusta per capire se sarà davvero Marco Leonardi a prendere in mano il dossier che in precedenza era stato seguito da Tommaso Nannicini.
La Uil pensionati chiede al Governo Gentiloni di proseguire il cammino della riforma delle pensioni riaprendo il confronto con i sindacati. Romano Bellissima, Segretario generale del sindacato, ha infatti ricordato che il precedente esecutivo si era “impegnato a valutare ulteriori interventi di riforma a partire dalla separazione della previdenza dall’assistenza, bisogna poi discutere dello studio di un nuovo paniere Istat e di un diverso indice per l’individuazione dell’inflazione, più rappresentativi dei consumi dei pensionati e infine la ricostituzione del montante come base di calcolo della nuova indicizzazione per chi ha subito il blocco negli anni 2012-2013”. Certo il Governo è cambiato, ma i ministri chiave no, compreso quello del lavoro, Giuliano Poletti, che ha firmato il verbale di fine settembre con Cgil, Cisl e Uil. Bellissima ha quindi annunciato che la Uil Pensionati, insieme a Fnp-Cisl e Spi-Cgil, ha inviato una lettera a Poletti per chiedere le convocazione del tavolo di confronto.
L’Inps, con una circolare, ha fatto sapere che da aprile provvederà a recuperare la perequazione data in più nel 2015 operando delle trattenute sulle pensioni, pari allo 0,1%. Tuttavia in alcuni casi l’Istituto nazionale di previdenza sociale si è trovato a dover riconoscere dei pagamenti non effettuati ai cittadini. Come segnala la Cgil Toscana, infatti, da qualche anno l’Inps non invia il Modello Obis-M, che rappresenta la “busta paga” dei pensionati. Un documento molto utile, perché esaminandolo si possono scoprire degli errori di calcolo. Il Sindacato pensionati italiani ha quindi reso disponibile un servizio per i pensionati, consistente proprio nel verificare la correttezza dell’importo della pensione erogata. E nella sola provincia di Firenze si è scoperto che nel 23,2% dei casi l’Inps aveva sbagliato i conti e sono stati quindi “recuperati” più di 119.000 euro. In generale ai pensionati conviene quindi rivolgersi ai sindacati e ai patronati per far svolgere questo tipo di verifica, che potrebbe portare, come si è visto, anche a delle sorprese positive.
Cesare Damiano, dopo l’approvazione della riforma delle pensioni, è tornato a rilasciare dichiarazioni su temi previdenziali. L’ex ministro del Lavoro ha deciso di schierarsi dalla parte di Ivan Pedretti “a proposito della circolare dell’Inps relativa alla restituzione dello 0,1% degli importi pensionistici”. Il Presidente della commissione Lavoro della Camera riconosce che si tratta di importi modesti, ma evidenzia altresì che la “decurtazione” potrebbe avere “un effetto penalizzante agli occhi dei pensionati”. Per questo, suggerisce al Governo “di utilizzare il decreto Milleproroghe attualmente in discussione al Senato al fine di rimandare il taglio al 2018”. Secondo Damiano, un intervento di questo tipo avrebbe un costo di circa 185 milioni di euro. Dunque l’esecutivo potrebbe benissimo con un emendamento effettuare il rinvio senza che vi siano grosse ripercussioni sulle casse pubbliche.