TORNA A GALLA LA QUOTA 100
Esofirst, il settore di First-Cisl dedicato agli esodati, segnala che nella Legge di bilancio potrebbero esserci delle novità relative al sistema pensionistico, con alcuni correttivi alle norme esistenti “al fine di garantire ad una platea più ampia di beneficiari il diritto al pensionamento”. In particolare, viene evidenziato che si potrebbe riaprire la discussione su una proposta di legge depositata alla Camera da Cesare Damiano nel 2015. Esofirst spiega anche che si tratta della cosiddetta “Quota 100”, “che prevede l’uscita anticipata a 62 anni di età e 38 anni di contributi effettivi oppure 63 anni di età e 37 anni di contribuzione o 64 anni di età e 36 anni di contributi versati”. Infine, Esofirst ricorda che con la Legge di bilancio potrebbe anche arrivare “lo stop dell’innalzamento dell’età pensionabile per via dell’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita”.
PENSIONI D’ORO, LA PROPOSTA DI MELONI
Giorgia Meloni ha inviato un videomessaggio al Festival del lavoro 2017 di Torino, nel quale ha rilanciato la sua proposta di riforma delle pensioni d’oro. La leader di Fratelli d’Italia, secondo quanto riporta il sito del Secolo d’Italia, ha spiegato che dal suo punto di vista bisognerebbe procedere a un ricalcolo con il sistema contributivo degli assegni che superano i 5.000 euro mensili. Un ricalcolo che funzionerebbe in questo modo: “Fino a 5 mila euro non si tocca niente, per la quota che eccede si verifica se hanno pagato i contributi”. Meloni ha però evidenziato che questa proposta “è stata bocciata da tutto l’arco costituzionale, che ora sta proponendo un’iniziativa simile sul tema dei vitalizi”. Dal suo punto di vista è certo giusto intervenire sulle pensioni dei politici, ma sarebbe ugualmente importante farlo sulle pensioni d’oro, anche perché le risorse che ne sarebbero scaturite sarebbe state usate “per aiutare le pensioni delle nuove generazioni”.
SPESA PENSIONI AL TOP NEL 2040
Secondo i dati inseriti nel Def ed elaborati da Adnkronos, la spesa per le pensioni in Italia nei prossimi 20 anni si alzerà a livelli record, raggiungendo nel 2040 addirittura il 18,4% del Pil italiano. In tutto saranno circa 50 miliardi la spesa prevista per sostenere l’intera portata previdenziale: in particolare, il capitolo pensionistico prenderà più della metà delle risorse destinate al welfare che come sappiamo raccoglie la sanità, la scuola, gli ammortizzatori sociali e il long term care. Secondo i dati elaborati dalle fonti del Ministero dell’Economia, «le risorse per le pensioni registreranno una crescita ininterrotta, passando dal 15,3% del pil, al 16% cinque anni dopo, al 16,9% nel 2030 e al 17,9% nel 2035, per toccare il picco massimo nel 2040. Nello stesso periodo la spesa complessiva passerà dal 26,9% del pil nel 2020 al 30,7% nel 2040 (+3,8 punti). Seconda voce, per importanza, è quella della sanità che nel 2020 parte dal 6,3% del pil per arrivare al 7,3% nel 2040, crescendo di un punto percentuale». (agg. di Niccolò Magnani)
FURLAN REPLICA A DI MAIO
È una replica secca, importante e diretta contro il leader M5s dopo l’attacco sulle pensioni d’oro dei sindacati avvenuta ieri proprio da Luigi Di Maio: «Non abbiamo bisogno di slogan o di aprire nuovi scontri ideologici tra la politica ed il sindacato. Occorre invece affrontare con il dialogo i problemi del lavoro, a cominciare dal tema dei giovani, con grande senso di responsabilità, come sta facendo la Cisl da tempo», spiega le leader Cisl, Annamaria Furlan. Nella nota a firma Cisl, la segretaria generale ribadisce come «bisogna riformare il sistema dei contratti per alzare i salari e la produttività, occuparci della formazione e delle politiche attive del lavoro, dell’alternanza fra scuola e lavoro, delle misure per la povertà». Dunque, e chiuse la Furlan, le polemiche lanciate dal leader grillino lasciano il tempo che trovano: «Luigi Di Maio sa bene che la nostra Costituzione sancisce che il sindacato è una associazione libera, autonoma e democratica, espressione del mondo del lavoro – afferma la leader Cisl – Lasci perdere queste inutili polemiche e si concentri semmai sui veri problemi del paese a cominciare da come offrire un lavoro stabile ai giovani, o di come ridurre le diseguaglianze sociali e l’enorme divario nord-sud». (agg. di Niccolò Magnani)
LA LINEA DI DI MAIO SUI SINDACATI
Luigi Di Maio è tornato su un tema già più volte toccato in passato, ma ha stretto di più il laccio delle accuse e polemiche contro i sindacati, rei di incassare pensioni d’oro e prendere finanziamenti in larga parte non giustificati: le parole durissime del candidato premier M5s sono giunte ieri segnando un solo assai profondo con le sigle sindacali nazionali. «Cambiate o una volta al governo ci penseremo noi, i sindacalisti che prendono la pensione d’oro e finanziamenti da tutte le parti. Se il Paese vuole essere competitivo le organizzazioni sindacali devono cambiare radicalmente», attacca DI Maio creando la forte reazione di Cgil, Cisl e Uil, ma anche del Governo. «I sindacati hanno la loro autonomia, che va rispettata», spiega il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Per il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, «abbiamo iniziato da anni il processo di autoriforma, inaccettabili le critiche di Di Maio». (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI ELSA FORNERO SULLA FLESSIBILITÀ
Non c’è solo Tito Boeri a mettere sotto accusa la politica sul tema della Riforma pensioni. Elsa Fornero, infatti, è tornata a ribadire un concetto già espresso in altre occasioni: la politica ha dapprima sfruttato la riforma delle pensioni del 2011, votandola, salvo poi disconoscerla e criticare chi l’ha firmata. Intervistata dalla rivista Opificium, dell’Ente previdenziale dei periti industriali e dei periti industriali laureati, l’ex ministro del Lavoro ha ricordato di aver avuto a disposizione 20 giorni per mettere a punto la riforma delle pensioni nel 2011 e che dopo cinque anni di fatto non è stata modificata, salvo degli aggiustamenti necessari “per ovviare alla repentinità con cui fu introdotta”. Dal suo punto di vista, non c’è stata alcuna modifica perché “può essere portata in Europa come una importante acquisizione del nostro Paese”.
La professoressa torinese ha anche spiegato che la flessibilità è sicuramente importante, “ma non quando si realizza a spese delle generazioni future come avviene con la formula retributiva”. Nel 2011 non c’era però la possibilità materiale di poterla prevedere. “D’altronde, se i governi successi ci hanno messo oltre 5 ani per introdurre, con l’Ape, un po’ di flessibilità, si comprende come quelle condizioni non erano facilmente superabili, altrimenti si sarebbe potuto, e forse dovuto, intervenire prima”, ha aggiunto. In chiusura di intervista, Fornero ha anche detto che non accetterebbe un nuovo incarico ministeriale: “Credo di aver personalmente lavorato per il mio Paese, ma avere anche pagato un prezzo personale elevato”.
BOERI CONTRO IL BLOCCO DELL’ETÀ PENSIONABILE
Intervenendo al Festival del Lavoro in corso a Torino, Tito Boeri ha ribadito la sua contrarietà al blocco dell’aumento dell’età pensionabile in base all’aspettativa di vita che dovrebbe scattare dal 2019. Il Presidente dell’Inps ha infatti spiegato che “occorre salvaguardare gli automatismi di adeguamento dell’età pensionistica e sottrarli all’arbitrio della politica”, la quale di fatto mira ad accontentare qualcuno in vista delle elezioni. Boeri ha quindi avvertito che il blocco del meccanismo avrebbe contraccolpi negativi sulla credibilità del debito pubblico italiano, visto che comporterebbe un costo stimato di circa 140 miliardi di euro. Una cifra che il Presidente dell’Inps aveva già comunicato in passato e che era stata contestata da diverse parti, soprattutto da Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, sostenitori invece della necessità di evitare l’aumento dell’età pensionabile.
DI SALVO CONTRO BOERI PER INTERVENTI DONNE
Come prevedibile, le parole di Tito Boeri contro un intervento previdenziale a favore delle donne che hanno avuto figli non sono passate inosservate. Titti Di Salvo, sul suo profilo Facebook, ha scritto un post per spiegare perché a suo modo di vedere il Presidente dell’Inps sbagli. Secondo la deputata del Pd, in un Paese come l’Italia in cui il tasso di natalità continua a ridursi, occorre “andare avanti con le riforme che permettono di intervenire sulle cause e anche con il riconoscimento previdenziale della maternità”. Per Di Salvo serve un impegno per creare più lavoro per le donne, per aiutarle a conciliare la loro attività con la famiglia. E “bisogna anche riconoscere il valore sociale del lavoro di cura anche nel momento della pensione, come avviene in altri Paesi. Il presidente dell’Inps ritiene che questo sia un risarcimento che condanna le donne alla supplenza del welfare, ma non è così. Si tratta, invece, di un doveroso riconoscimento di quello che, di fatto, è un lavoro doppio. Siccome la pensione è la fotografia della vita lavorativa deve fotografare anche il doppio lavoro, produttivo e riproduttivo”.