“In Italia si è cominciato a parlare di Smart Working in modo articolato dal 2014, con un ritardo di un paio d’anni rispetto ad altre economie avanzate. Ma ora il tema è entrato nel vivo del dibattito pubblico e le innovazioni normative hanno accelerato le riflessioni di tutti: lavoratori e manager, imprese, consulenti e studiosi”. Stefano Porta presidia il fronte SWin OD&M, la società di consulenza di GiGroup nel segmento della gestione risorse umane. Dal suo punto d’osservazione il “lavoro agile” sta prendendo forma concreta nelle scelte organizzative in tutte le dimensioni dell’Azienda-Italia. Lo confermano gli esiti di una recente indagine sul campo curata da OD&M, che individua un percorso ricco di opportunità e criticità.
Hanno partecipato all’indagine 84 aziende che occupano 127.500 dipendenti, in tutte le classi dimensionali: fino a 50 dipendenti (piccole imprese), fino a 500 (medie) e oltre (grandi), in settori diversificati (industria, costruzioni, utilites, commercio, servizi etc). Ebbene: il 21,4% delle risposte ha confermato che lo SW è già adottato, il 25% ha riferito una fase di sperimentazione, mentre il 32,1% ha intenzione di introdurlo nella propria struttura. Solo il 12% degli intervistati si è detto non interessato dalla traiettoria di cambiamento organizzativo.
Riguarderà molti se non tutti questo SW, che nella percezione comune viene associato al “lavoro da casa, con orario flessibile”. Il decreto appena approvato parla di “”modalità di esecuzione del lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata max dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.
“L’attributo più largamente utilizzato è certamente flessibilità – dice Porta – ma non mancano altri concetti: auto-organizzazione, autonomia, fiducia, benessere, cambiamento, work-life-balance. Tutte queste dimensioni hanno a che fare con lo SW, tutte assieme aiutano a definire un processo strutturato di profonda trasformazione del modo di operare del lavoratore nell’organizzazione. Lavorare a casa può essere uno strumento o un momento di sviluppo dello SW, ma all’interno di una strategia articolata di flessibilizzazione dell’organizzazione.
“Le aziende italiane – puntualizza Porta sono in questa fase peculiare: hanno afferrato il nocciolo del cambiamento, le opportunità insite nella restituzione al lavoratore della flessibilità e dell’autonomia in cambio di una responsabilizzazione sugli obiettivi”. Lo sviluppo tecnologico consente oggi, certamente, di rimodellare l’organizzazione e il lavoro in una cornice strutturalmente più ampia rispetto al passato. Di qui l’allargamento del ventaglio delle opportunità offerte dallo SW: anzitutto il ripensamento tempo, del luogo e dello spazio di lavoro anche fuori dall’azienda (non solo “a casa”, ma dovunque il lavoratore preferisca) con benefici reciproci per impresa e lavoratore, mantenendo i livelli tecnici di efficienza e sicurezza di un’azienda tradizionale. Sul versante più “soft” dell’organizzazione è ora possibile esplorare fino in fondo le vie di un management evoluto: quello che punta su delega, responsabilizzazione, partecipazione, direzione per obiettivi.
“La tecnologia è una premessa necessaria ma non basta se manca il mindset“, avverte Porta. Lo SW è qualcosa che va costruito con grande attenzione attraverso una gestione delle risorse umane mirata: l’attitudine digitale va sviluppata assieme alla proattività, alla capacità di problem solving in situazioni di incertezza, crescita dell’autonomia ma non disgiunta dalla capacità di lavorare in gruppo, in rete. “Per un’efficace introduzione dello SW in azienda è necessario avviare un percorso strutturato, che porti ad una riflessione sul perché si vuole fare SW e che lavori in coerenza sulla cultura aziendale, sul modello organizzativo, e sul mindset delle persone per valutare il livello di “smartitudine” della propria organizzazione”, articolando un vero e proprio piano di change management.
Porta cita ancora i dati dell’indagine OD&M: “Le aziende mostrano un buon livello di fiducia sul possesso di risorse tecnologiche, tale fiducia tende tuttavia a ridursi mano a mano ci si sposta verso la dimensione più organizzativa per poi divenire un vero e proprio segnale di “attenzione” quando si va in dettaglio su atteggiamenti e skills dei singoli attori aziendali chiamati alla sfida-SW. Sono infatti meno del 50% imprenditori e top manager convinti che lo snodo cruciale del middle management sia pronto a gestire i collaboratori in modalità SW”. Ma la traduzione letterale di smart non è solo “agile”: è anche, forse soprattutto “brillante”, “efficace”: capace di porsi nuovi traguardi per raggiungerli e superarli. La sfida dello SW è appena iniziata.