RIFORMA PENSIONI. Il confronto tra il Governo e le Organizzazioni sindacali sul tema della riforma pensioni sta vivendo settimane intense. La piattaforma presentata da Cgil, Cisl e Uil sulla cosiddetta fase 2, ovvero sui temi non affrontati ma esplicitati nell’accordo del settembre 2016, è stata oggetto di ingenerose critiche, in quanto accusata di non rivolgersi ai giovani, ma essere concentrata solo ed esclusivamente sulle persone anziane, alimentando e fomentando uno scontro generazionale che oltre a essere falso non rappresenta un bene per nessuno. In queste poche righe provo a sviscerare come il contenuto della piattaforma previdenziale sia rivoto anche ai ragazzi che si approcciano per la prima volta al mondo del lavoro.
È chiaro che una riforma delle pensioni che si rivolge ai giovani, per essere seria e responsabile, non può avere effetti immediati, ma deve dispiegare i propri benefici nel tempo, così da influenzare in termini positivi scelte e propensioni. Entrando quindi nel merito, il superamento delle disparità di genere e la valorizzazione del lavoro di cura è finalizzato a sostenere soprattutto la natalità e quindi le giovani generazioni in procinto di costruire un nuovo nucleo familiare.
Il grosso squilibrio demografico deve essere invertito al più presto. Le ipotesi presenti nella piattaforma sono soluzioni molto pertinenti e realistiche. Ridurre di un anno per ogni figlio l’accesso alle pensioni con la conseguente maggiorazione contributiva dei periodi di congedo di maternità rafforza il diritto previdenziale delle giovani lavoratrici, aiutando anche la permanenza nel mondo del lavoro, in quanto non produce un allungamento del requisito previdenziale, ma al contrario, la sua riduzione.
Anche la valorizzazione del lavoro di cura interessa le giovani generazioni. Siamo consapevoli che i nostri genitori necessiteranno nella fase di invecchiamento di un’assistenza maggiore nel tempo, perché l’innalzamento dell’aspettativa di vita non è esente dall’aumento di patologie anche degenerative, che implicheranno sempre più un grosso sacrificio in termini di assistenza. Prevedere quindi una valorizzazione di questi periodi dal punto di vista previdenziale è sicuramente un fattore positivo per i giovani lavoratori.
Per le pensioni del futuro è necessario che già da oggi si pongano in essere dei correttivi a un adeguamento automatico, asettico, dell’età pensionabile. Inoltre, considerato che in futuro l’aspettativa di vita potrebbe scendere, sarebbe utile rivedere il meccanismo così da generare un migliore equilibrio e certezza previdenziale: necessaria affinché ogni giovane possa fare delle valutazioni e calcoli di lungo periodo per una pensione dignitosa. In aggiunta a questo si prevede anche un revisione dei coefficienti di rivalutazione, fondamentale per sostenere le carriere discontinue. Inoltre, un blocco temporaneo dei requisiti previdenziali non può che favorire indirettamente l’occupazione giovanile.
La riduzione dell’importo soglia per l’accesso alle pensioni contributive permette di accedere prima alla pensione, inoltre la previsione di una pensione contributiva di garanzia interviene proprio per sanare le situazioni di discontinuità lavorativa e contribuzioni povere.
Responsabile e finalizzata a incentivare la partecipazione attiva al mercato del lavoro è la proposta che la quota deducibile dai redditi influenti per l’erogazione dell’assegno sociale vada graduata in ragione degli anni di contribuzione pensionistica: più aumentano gli anni di contribuzione e più aumenta la deduzione.
L’ipotesi di valorizzare la formazione qualificata al fine del raggiungimento del requisito contributivo è un messaggio importante per i giovani: non solo rende il requisito pensionistico meno un miraggio in un momento di discontinuità lavorativa, ma sostiene l’investimento in politiche attive, così da diventare una scelta win win – vincente per l’occupabilità, vincente per il futuro previdenziale.
Incentivare, favorire, agevolare la previdenza complementare, sia dal punto di vista fiscale, sia dal punto di vista della promozione delle adesioni è sicuramente un valore aggiunto inestimabile per i giovani. I quali, avendo davanti tanti anni di previdenza complementare, con una scelta libera e responsabile possono veramente costruirsi un pilastro solido per il futuro, con la possibilità di coinvolgere tutto il mondo del lavoro autonomo. Sarebbe importante, proprio perché i lavoratori discontinui vedono il tfr come un ammortizzatore sociale, che in caso di disoccupazione di un lavoratore che versa nella previdenza complementare, una quota aggiuntiva di Naspi, seppur minima, possa confluire come versamento aggiuntivo nel fondo complementare al quale il lavoratore ha aderito da occupato.
Ampliare i beneficiari dell’Ape social attraverso una più ampia definizione delle categorie che svolgono attività gravose, maggiore flessibilità in uscita anche per coloro che sono disoccupati a seguito di contratti temporanei o licenziati senza diritto ad ammortizzatori sociali, risponde pienamente alle problematiche del mercato del lavoro del futuro: non solo dare risposta a coloro che possono avere contratti temporanei anche in tarda età, ma anche riclassificare le attività gravose. I nuovi lavori non sono sempre caratterizzati da elevato contenuto tecnologico e/o intellettuale, in molti casi, parte della filiera della gig economy è caratterizzata da attività gravose.
Infine, il cumulo gratuito anche per la contribuzione versata nelle casse dei liberi professionisti offre un’importante risposta al mondo del lavoro autonomo e professionale, soprattutto nei primi anni di età caratterizzati da versamenti molto bassi.
Queste in sintesi le principali proposte finalizzate a dare delle prime risposte anche i giovani in tema di pensione. La materia è ostica, ma andare oltre ai populismi e ai giudizi di pancia è un dovere.