BOERI VIA DALL’INPS?

Le esternazioni sulla riforma delle pensioni potrebbero costare caro a Tito Boeri. Secondo quanto scrive Lettera43, infatti, nella maggioranza si starebbe facendo largo l’ipotesi di toglierlo dalla presidenza dell’Inps prima della fine della legislatura o appena dopo l’insediamento del nuovo Governo, nonostante il professore bocconiano abbia un mandato che scadrà nel 2020. Non mancano tra i parlamentari, anche del Partito democratico, coloro che non hanno gradito le sue prese di posizione contro il blocco dell’aumento dell’età pensionabile o l’ipotesi di possibili interventi previdenziali a favore delle donne. Boeri aveva poi criticato l’aumento della quattordicesima varato dal Governo Renzi. L’idea sarebbe quella di spingerlo a un passo indietro varando una riforma della governance dell’Inps in grado di togliere diversi poteri al Presidente, reintroducendo il cda. A succedere a Boeri sarebbe già pronto Mauro Marè, consigliere del ministro Padoan.



PENSIONI AL CENTRO DEL PROGRAMMA M5S

Le elezioni in Sicilia sono sempre più vicine e il Movimento 5 Stelle punta molto su Giancarlo Cancelleri per raggiungere un risultato importante: governare una regione. Il candidato, insieme a Luigi Di Maio, ha quindi ripreso il tour elettorale e Il Quotidiano di Sicilia segnala che i due hanno incontrato a Catania i rappresentanti dei pescatori, che stanno vivendo un momento di crisi non facile. Il vicepresidente della Camera ha detto che occorre andare a “prendere i soldi dove non servono e spostarli a dove servono: per le pensioni e per la pesca”. Il candidato Premier del Movimento 5 Stelle ha fatto quindi capire che la previdenza resta uno dei temi ritenuti importanti per i pentastellati. Del resto hanno più volte ribadito che con il reddito di cittadinanza vi sarebbe un aumento automatico delle pensioni minime a 780 euro. Inoltre, a livello nazionale come pure a quello regionale in Sicilia, ritengono necessario tagliare i vitalizi dei politici.



RIZZETTO SU QUOTA 41 E OPZIONE DONNA

Alla puntata di Coffee Break trasmessa ieri su La 7 ha partecipato anche Walter Rizzetto, che ha ricordato quanto sarebbe importante varare la Quota 41, per far sì che chi ha lavorato per oltre 40 anni, magari iniziando da quando non era ancora maggiorenne, possa giustamente andare in quiescenza. Il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera ha anche ribadito un concetto che in altre occasioni aveva espresso: non solo sarebbe favorevole a una proroga di Opzione donna, ma la renderebbe strutturale. Il deputato di Fratelli d’Italia non ha dimenticato di parlare degli esodati che sono rimasti esclusi dall’ottava salvaguardia, evidenziando la necessità di intervenire per garantire anche a loro l’accesso alla quiescenza. Quindi, vista la presenza in studio di Cesare Damiano, ha voluto ricordare all’ex ministro del Lavoro che in tanti avrebbero votato a favore della sua proposta di legge sulla flessibilità, se solo lui e il Pd avessero avuto il coraggio di portarla avanti.



ESODATI E OPZIONE DONNA, PARLA DAMIANO

Cesare Damiano ha partecipato stamattina alla trasmissione Coffee Break, durante la quale ha parlato di alcune questioni legate al tema pensioni. L’ex ministro del Lavoro ha ribadito quanto aveva già avuto modo di spiegare Marialuisa Gnecchi a proposito dei fondi stanziati per Opzione donna: sono troppi rispetto al numero di richieste che si pensa di coprire. Ragione per cui è difficile pensare di reperire analoghe risorse per una proroga. Secondo il Presidente della commissione Lavoro della Camera occorre dunque che i fondi non utilizzati per rendere ancora possibile l’accesso a Opzione donna. Lo stesso dovrebbe essere fatto con i soldi stanziati per l’ottava salvaguardia: i risparmi dovrebbero garantire la salvaguardia agli esodati che ancora sono rimasti senza. Damiano ha anche detto che di queste risorse una parte andrebbe anche destinata al fondo dell’occupazione.

BARBAGALLO SPIEGA DOVE PRENDERE LE RISORSE

Il parere della Corte dei Conti e della Banca d’Italia riguardo il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita non frena certo i sindacati. E Carmelo Barbagallo ribadisce l’importanza di congelare l’aumento dell’età pensionabile previsto dal 2019, “altrimenti i giovani non riusciranno mai a prendere il posto dei loro padri”. Rispetto a chi ritiene troppo costoso questo tipo di intervento, il Segretario generale della Uil spiega:  “Dicono che mancano le risorse: le vadano a prendere lì dove ci sono 111 miliardi di evasione fiscale, 60 miliardi di corruzione, 27 miliardi di usura e pizzo: così si può intervenire sulle pensioni e si può rilanciare il Paese”. Il sindacalista ricorda la mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil di settimana prossima, spiegando che “stiamo facendo una battaglia per ridare una prospettiva anche previdenziale ai giovani, per eliminare quelle differenze che vanno a scapito delle donne, per adeguare le pensioni in essere”.

APE SOCIAL, L’APERTURA INPS PER I CONTRIBUTI ESTERI

In commissione Lavoro della Camera è arrivata la risposta all’interrogazione presentata da Tiziano Arlotti e dai suoi colleghi del Pd sulla totalizzazione dei contributi esteri per accedere all’Ape social. La risposta fornita dal sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba lascia ben sperare. Ha infatti spiegato che “al fine di favorire nella seconda fase di monitoraggio – che terminerà il 30 novembre 2017 – l’ingresso di potenziali beneficiari con contribuzione estera, l’Inps sta valutando la possibilità di consentire il perfezionamento del requisito contributivo minimo per l’accesso all’Ape sociale totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri, maturati in Paesi dell’Unione europea, Svizzera, SEE o in paesi extracomunitari convenzionati con l’Italia”. Bobba ha tuttavia ribadito che l’Ape social non può essere “catalogabile tra le prestazioni classiche di sicurezza sociale”. Dunque non vi si possono applicare regolamenti europei.

L’INGANNO GENERAZIONALE

Alessandra Del Boca e Antonietta Mundo sono autrici del libro “L’inganno generazionale. Il falso mito del conflitto per il lavoro”, che presenteranno oggi a Piacenza. Sarà un momento interessante per ascoltare le loro tesi. In particolare, per quanto riguarda la flessibilità pensionistica, le due hanno spiegato che l’anticipare di qualche anno l’uscita dal mondo del lavoro degli anziani non crea occupazione in più per i giovani. Come si evince dal titolo del libro, dunque ritengono che sia sbagliato “incolpare” i lavoratori più anziani della mancanza di posti per i giovani. Una tesi che rovescia quanto sostenuto dai sindacati, da Cesare Damiano, da altri parlamentari e persino dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti. L’appuntamento per ascoltare Del Boca e Mundo è alle 18:00 presso la Banca di Piacenza.

PROPOSTA DI INCENTIVI PER GLI OVER 55

Nonostante i dati sul mercato del lavoro segnalino un aumento dell’occupazione nelle fasce di età più alte, non si può nascondere che ci siano italiani che hanno perso il lavoro in età avanzata, lontani ancora dalla pensione. Luigi Casero propone quindi di “estendere agli over 55 i vantaggi fiscali in arrivo per gli under 29. Aggiungiamo non sottraiamo”. Il viceministro dell’Economia, in un’intervista a Il Corriere della Sera, ha quindi illustrato la proposta che arriva da Area Popolare, fatta per venire incontro a chi perde il lavoro in un’età in cui è difficile ritrovarlo. “Finora si è puntato su strumenti assistenziali per accompagnarli fino alla pensione. Ma queste persone hanno ancora molto da dare in termini d’esperienza sia a loro stessi che al Paese”. Vedremo se questa proposta entrerà tra le misure di decontribuzione nella Legge di bilancio.

LA FLESSIBILITÀ NON AIUTA I GIOVANI

Cesare Damiano, i sindacati e altri sostenitori della flessibilità pensionistica, come pure Giuliano Poletti, hanno in diverse occasioni dichiarato che mandare in pensione prima gli italiani aiuterebbe a creare posti di lavoro per i giovani. Alessandra Del Boca e Antonietta Mundo, in un articolo sul Corriere della Sera, ritengono però che le cose non funzionino in questo modo. “Nei paesi Ocse dove l’occupazione anziana è più alta, c’è la più alta occupazione giovanile, Banca d’Italia ci conferma che questo vale anche per il nostro Paese”. Le due autrici aggiungono che far uscire un lavoratore anziano con qualche anno di anticipo, “non aiuta il giovane perché il posto lasciato è diverso dal posto creato e le imprese non trovano le qualifiche che servono”. Dunque, dal loro punto di vista occorre aiutare i giovani investendo nella formazione, di modo che arrivino sul mercato del lavoro con le competenze richieste, magari aiutati anche da centri per l’impiego efficaci come in Germania.

Del Boca e Mundo scrivono anche che bloccare l’aumento dell’età pensionabile a partire dal 2019 sarebbe “un’ennesima cripto-salvaguardia destinata questa volta alle generazioni dei nati dopo il 1953, che lascerebbe a generazioni più giovani l’onere di pareggiare i conti”. Tuttavia, riconoscono che si potrebbe intervenire “sui lavori usuranti che riducono la speranza di vita del lavoratore, con criteri scientifici e per professione. L’Ape sociale è stata introdotta proprio per questo, no?”.

APE SOCIAL E QUOTA 41, LE RISPOSTE NEGATIVE DELL’INPS

Si avvicina il 15 ottobre, data entro cui l’Inps dovrà dare le risposte alle domande per l’accesso all’Ape social presentate anche dai lavoratori precoci con i requisiti richiesti. Domande che erano state più numerose di quelle per cui erano state stanziate le risorse dal Governo con la scorsa Legge di bilancio. Alcune risposte sono arrivate e stanno continuando ad arrivare in questi giorni, ma come si può leggere dai post pubblicati sulla pagina Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti c’è chi si è visto respingere la richiesta di accesso all’Anticipo pensionistico agevolato e non riesce a capire perché. Qualcuno spiega di aver presentato in un secondo momento parte della documentazione richiesta, come peraltro era stato riconosciuto possibile fare. Tuttavia non mancano casi in cui nemmeno il patronato di riferimento sa fornire una risposta sulla causa reale del non accoglimento della domanda. Una motivazione come “no diritto” non sembra infatti poter essere accettabile per chi è certo di avere tutti i requisiti richiesti.