C’è una foto, pubblicata sul sito della Stampa, che descrive meglio di qualunque altro commento l’attuale situazione nel rapporto tra sindacati e Governo. Scattata durante l’incontro di sabato per discutere delle pensioni, si vede di spalle il quartetto governativo e di fronte, dall’altra parte del tavolo, i tre capi dei sindacati. Al centro Susanna Camusso si tiene la testa con le due palme delle mani, uno sguardo un po’ sornione, come di chi ascolta ma tanto ha già capito e poco si aspetta. Alla destra della foto Barbagallo, segretario generale Uil: lui semplicemente ha la testa bassa, guarda le sue mani, o le sue gambe, non si capisce, di sicuro non interloquisce con chi ha di fronte. A sinistra nella foto, infine, c’è Annamaria Furlan, segretaria della Cisl: è lei la sola che guarda la controparte, la postura del corpo che sembra chiaramente disporla alla discussione. In effetti, quella foto non ha misurato solo le distanze tra Governo e Sindacati, ma ha rappresentato anche quelle tra le tre sigle.



Oddio, avvicinandosi le elezioni sarebbe stato difficile immaginare che non sarebbero riemerse antiche rughe, che, insomma, non si sarebbero uditi antichi richiami ed echeggiare le brave prese di posizione. Insomma, le pensioni, tema delicato certo, ma non più di tanti altri affrontati in questi mesi e anni, hanno riportato in superficie l’annosa questione della unità sindacale.



Intendiamoci: nessuno crede che le pensioni ai 67enni possano trasformarsi nella miccia per una guerra fratricida, ma è chiaro che il tema potrebbe semplicemente essere preso a pretesto per tutt’altro scopo. Non è un caso che le trattative tra Pd e il variopinto mondo alla sua sinistra si stiano concentrando su argomenti altamente simbolici, dal ridottissimo impatto sulla realtà ma comunque legati al mondo del lavoro. Si riparla di Jobs Act e di interventi per allentare l’attuale normativa in materia di licenziamenti economici. Tutti sanno, almeno quelli che seguono la materia, che si tratta di provvedimenti poco più che fantasiosi, che l’impatto che avranno sarà simile a quello di un moscerino sulla pelle di un rinoceronte, ma non importa: per correre insieme alle elezioni Renzi dovrà piegarsi al diktat.



A noi, per la verità, poco importa se Renzi accetterà o meno: è una questione che riguarda la vita dei partiti e c’è ancora così tanto tempo davanti prima delle elezioni che le posizioni faranno a tempo a cambiare mille volte. Importa di più invece verificare che nel momento stesso in cui le elezioni siciliane hanno consegnato alla sinistra politica le chiavi per provare forse a vincere le elezioni nazionali, ma di certo quelle per farle perdere, immediatamente anche le posizioni al tavolo sindacale si sono irrigidite, i meccanismi contrattuali si sono arrugginiti, le parole e gli sguardi si sono fatti più duri e qualcuno ha cominciato a paventare la ripresa della guerra sindacale.

Perché è chiaro che una cosa la sinistra politica non potrebbe sopportare, cioè la firma di accordi separati tra Cisl e Uil e il Governo. Sarebbe un colpo troppo grosso per le proprie ambizioni. Così tra tattica e contenuti si sta giocando una partita che pure riguarda tutti gli italiani: quelli che devono andare in pensione perché sperano in un’amnistia rispetto al sequestro biennale che li aspetta; quelli che non ci pensano perché i conti del bilancio vanno fatti tornare. E quelli che guardano da lontano perché sanno che su questo tema si sta giocando anche la partita europea.

Così parte il fuoco di fila preventivo: si spaccheranno, non si spaccheranno. Se si spaccheranno cosa succederà? E se invece non fanno l’accordo? E se lo fanno al ribasso? Riavremo le manifestazioni degli uni contro gli altri? Risentiremo slogan vecchi e stravecchi tra chi è accusato di essere “servo del padrone” e chi si sente rispondere che “è fuori dal tempo e dalla storia”, oltre che “fuori di testa”?

Non credo, il clima non pare così incandescente, né le pensioni sono il solo argomento sul tavolo. Spaccare su di esse renderebbe più complicato affrontare altri argomenti, spinosi e urgenti per la loro parte. Per di più la Cgil si è normalizzata: battagliera certo, ma in fondo parrebbe che si sia conclusa la stagione in cui la segreteria generale doveva difendersi dalla Fiom. Il che, oggettivamente, aiuta parecchio a vivere più sereni, almeno al proprio interno.

Ovvio che la via per l’intesa è stretta, come in tutte le intese di questa complessità, ma sul tavolo ci sono ancora numerose opzioni, le diplomazie non si fermano, soprattutto quelle sotterranee. La sensazione è che il Governo si sia presentato al tavolo lasciandosi margini per venire incontro alla gente e alle sue giuste richieste. I sindacati, Cisl in testa, sono al tavolo e non si sente ancora parlare di azioni che possano buttare tutto all’aria.

No il problema non è sindacale. È politico, ma l’impressione è che la Cgil, pur essendo come al solito sensibile ai refoli e ai richiami partitici, e ciò per sua natura e sua storia, non sia più così indifesa di fronte a quel che le si soffia nelle orecchie. La stessa Uil pare aver virato o per lo meno si sta posizionando più sulla attesa e la contrattazione che non sulle barricate e le battaglie. Quindi l’unità sindacale non è in crisi? No, non pare. Anche perché, in fondo, parlare di unità sindacale oggi ha il sapore di un discorso un po’ retrò, un po’ d’antan. Non perché sia sbagliato, ma perché l’immagine richiama più il Carosello e le sue pubblicità, Pippo Baudo e le gemelle Kessler, che Industria 4.0, l’Europa (a proposito, ieri a Göteborg è stato firmato il nuovo Pilastro Europeo dei diritti sociali: sicuri che non abbia nessun impatto sulla discussione romana?), la globalizzazione.

Certo senza nostalgia non si vive, ma di sola nostalgia si muore. Che poi la nostalgia sia anche un po’ canaglia lo diceva pure quel celebre cantante: così non stupisce che ci sia ancora chi minaccia di far morire una cosa che deve ancora nascere. Non è questione, per sua fortuna, di interruzione di gravidanza: qui siamo piuttosto di fronte a un futuro in stile Star Trek che qualcuno vorrebbe però riempire con i pantaloni a zampa d’elefante e il montgomery di Francesco Guccini.

Infine una considerazione: in Europa l’unità sindacale già esiste e nessuno la contesta. In molti Paesi non esiste, ma nessuno si sogna di morire per un Patto di quel tipo. E quindi, verrebbe da chiedersi? E quindi di che stiamo discutendo, verrebbe da rispondersi!

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