In attesa delle discussioni in Aula sulla Manovra dove sono inseriti anche i rinnovi dei contratti statali, il sindacato Funzione Pubblica Cgil si prepara al vertice importante del prossimo 8 novembre presso l’Aran, l’ente che rappresenta il Governo nel tavolo con le sigle sindacali. In particolare, le richieste poste dalla sigla più grande a livello nazionale sono precise e orientate e non retrocedere rispetto all’accordo firmato lo scorso 30 novembre 2016: «Siamo pronti a partire col piede giusto per arrivare a un contratto innovativo che punti ad un nuovo protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori per migliorare i servizi ai cittadini», si legge nella nota pubblicata nei giorni scorsi, a cui si aggiunge un dettaglio di richiesta. «Chiediamo un aumento del salario per non meno di 85 euro mensili e l’affermazione di relazioni sindacali più forti che ristabiliscano la superiorità del contratto sulla legge, rilanciando la contrattazione in tutti i posti di lavoro e il ruolo delle Rsu». Da ultimo, i temi caldi riproposti sono sempre gli stessi, ovvero «condizioni di lavoro, con più diritti per le lavoratrici e i lavoratori, su temi quali le ferie, la malattia e i permessi retribuiti. Così come nostro obiettivo sarà il superamento del precariato, insieme al rafforzamento delle tutele».
BONUS, IL CASO NETTO-LORDO
Secondo un’analisi proposta stamane dal Sole 24 ore, il nodo dei contratti statali rinnovati con la prossima Manovra resta ancora aperto, visto che non pochi restano i problemi di risorse e costi per l’aumento stipendi di tutti i dipendenti statali. Specie sul fronte lordo-netto, come spiega bene il quotidiano economico: «Gli 85 euro promessi dai contratti degli statali sono lordi, gli 80 euro del bonus Renzi sono netti. I?secondi, insomma, pesano molto più dei primi. Per capirne l’effetto basta guardare che cosa succede nelle buste paga della fascia interessata, per un lavoratore dipendente senza figli a carico (nell’ipotesi della tabella qui sotto residente a Roma, ma il quadro altrove cambia poco in base alle addizionali applicate nei diversi territori)». Nel calcolo fatto abbastanza complesso che cinrocia gli aumenti netti, i bonus da 80 euro e le risorse messe a disposizione, risulta che chi oggi nella PA guadagna 23mila euro e ha il bonus pieno, «guadagnerebbe davvero poco meno di 48 euro, ma salendo il guadagno effettivo diminuisce fino a trasformarsi in perdita secca tra 24mila e 25mila euro (i dipendenti 3, 4 e 5). Paradossalmente, la situazione poi migliora al crescere del reddito».
SALVO IL BONUS RENZI DA 80 EURO
Con la Manovra che sbarca al Senato per le prime discussioni, la conferma arriva come una liberazione per i tanti dipendenti statali che attendono il rinnovo del contratto pubblico: si amplia infatti la platea dei beneficiari del bonus Irpef da 80 euro (il famoso “bonus Renzi”, ndr). In questo modo, come si legge nel testo definitivo della Manovra 2018, il tetto di reddito sale da 24mila a 24.600 euro e da 26mila a 26.600: cos’ facendo per tutti i dipendenti statali che superano la soglia dei 26mila euro di reddito, sarà così garantita la sterilizzazione degli 80 euro dall’effetto degli aumenti del rinnovo contrattuale di 85 euro mensili previsti dalla riforma Madia. L’incubo dunque sembra allontanato dopo settimane in cui quelle fasce dir reddito tre gli Statali temevano lo “scherzetto” in Manovra che avrebbe neutralizzato l’aumento atteso da anni.