Un anno fa, di questi tempi, veniva rinnovato il più importante – almeno per numero di lavoratori coinvolti – contratto collettivo nazionale dell’industria. Stiamo parlando del Ccnl metalmeccanico, il cui rinnovo è stato accolto con la dovuta attenzione non soltanto perché unitario – a differenza dei precedenti – ma anche perché ha presentato qualche innovazione significativa nell’orizzonte della grande trasformazione di Industry4.0.
A chi, in particolare, conosce bene la storia delle relazioni industriali non sfugge l’incidenza che tale rinnovo sta avendo sia nel settore rappresentato, sia nel sistema. Al di là di qualche innovazione importante, vedi in particolare la chiarezza assegnata al rapporto tra i due livelli contrattuali e la formazione come diritto soggettivo del lavoratore . che come principio ricorda molto il diritto allo studio del contratto del ’73, quando con le 150 ore un milione di italiani portava a compimento la scuola dell’obbligo -, il punto è che tali novità provengono dal cuore della nostra manifattura (la metalmeccanica vale quasi il 10% del nostro Pil) e dal settore più esposto agli investitori internazionali, che tuttavia più ha espresso negli ultimi 10 anni la cultura sindacale massimalista, si pensi al caso Fiat: la Fiom faticava infatti a riconoscere che si potesse derogare al secondo livello – ma non sempre è in peius – e, anche, quelle modalità oggi sdoganate per il sostegno al potere d’acquisto del lavoratore, leggi welfare contrattuale (sanità e previdenza integrative e varie forme di benefits).
È chiaro che questo deciso rinvio alla contrattazione di secondo livello assegna a imprese e sindacati un protagonismo maggiore, ma chiede alle Parti una crescita in termini di competenze: contrattare al secondo livello, in impresa in particolare, necessita di sapere con chiarezza quali obiettivi strategici l’azienda si dà in funzione dell’ottimizzazione del lavoro di tutti e di una partecipazione crescente del lavoro di tutti. Da questo punto di vista, ci sono aziende che storicamente nel settore sono all’avanguardia, si pensi non solo a FCA ma anche a Lamborghini, Ducati, Brembo e Finmeccanica. Tuttavia, anche in altri settori si stanno sviluppando progettualità importanti: il settore farmaceutico è per un buon 60% investito dalla digitalizzazione, e altre importanti imprese italiane vengono indicate dalle Parti come luogo di best practice, ovvero come esempi da guardare con attenzione nell’ottica della trasformazione: è appunto il caso di Benetton, Ferrero, Sasol, Syndial, Enel, ecc.
Ora: è chiaro che la nostra economia sconta ancora qualche ritardo e qualche gap d’innovazione nei confronti dei suoi principali competitor, vedi in particolare Germania, Francia e GB. Come abbiamo visto, tuttavia, non mancano casi che possono svolgere un ruolo trainante in questo momento. Durante questa legislatura sono state attuate misure importanti: vedi gli incentivi per l’innovazione digitale – non solo a livello di macchinari ma anche di competenze – e la detassazione strutturale sulla premialita variabile. Resta sullo sfondo quella riforma fiscale senza la quale continueremo a parlare di “riformicchie”.
Per quanto concerne il lavoro delle Parti, la contrattazione di secondo livello può svolgere un ruolo fondamentale, in particolare come forma di partecipazione al lavoro, indispensabile per attraversare la trasformazione. È importante però che le Parti lavorino per dare certezza alla contrattazione. Tuttavia, come dice Susanna Camusso, per dare certezza alla contrattazione serve dare certezza alla rappresentanza. Ma questa è un altra storia (su cui abbiamo già scritto in varie occasioni).
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