Dopo la mossa dell’Aran che vuole affettare i passi per almeno portare a termine il comparto della Pa, i sindacati nazionali sul mondo scuola tornano all’attacco e non accettano passi indietro sulle cifre del rinnovo per i contratti statali dei vari dipendenti scolastici. «È inaccettabile – spiegano in una nota Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua e Snals Confsal – la situazione di stallo della trattativa per il rinnovo del contratto. Siamo a un anno dall’accordo del 30 novembre 2016 di palazzo Vidoni, a sei mesi dalla riforma del testo unico sul Pubblico impiego, a un mese dall’invio dell’atto di indirizzo e ancora il negoziato non decolla. E sono ormai passati otto anni dalla scadenza dell’ultimo contratto». È una sorta di ultimatum quello allora lanciato ai ministri Madia e Fedeli: ci vogliono scelte contrattuali coerenti e conseguenti, secondo i sindacati, perciò bisogna «trasformare gli aumenti in percentuali sposta gli equilibri e avvantaggia chi ha retribuzioni più alte, penalizzando paradossalmente quelle più basse, diversamente da quanto prevede l’intesa di Palazzo Vidoni. Nessuno può ritenere che gli 85 euro possano rappresentare il recupero del potere d’acquisto perso in questi anni, né colmare la distanza che separa gli stipendi del comparto da quelli di altri Paesi; pensare addirittura di ridurli appare come una vera provocazione».
ALLARME ARAN, “CHIUDERE AUMENTI PA ENTRO NATALE”
Le indiscrezioni rilanciate ieri sera da La Tecnica della Scuola portano di nuovo al centro del rinnovo dei contratti statali la discussione in Aran tra sindacati e Comparto Centrale della Pa, di fatto il “contratto madre” che potrebbe a cascata sbloccare anche gli altri comparti della Pubblica Amministrazione. Stando a quanto riferito dal portale sulla scuola, l’Aran – l’agenzia che rappresenta il Governo nelle dispute sindacali sulla Pa – avrebbe detto ai sindacati che è profonda intenzione quella di convocarli a breve giro, appena dopo l’approvazione della Manovra (21-22 dicembre) in Parlamento. Il tutto per poter chiudere, almeno l’accordo sugli statali del Comparto Centrale prima della fine 2017: «L’intenzione, sempre dell’Aran, è quella di allestire una sorta di riunione non-stop che porti a chiudere il contratto dell’amministrazione centrale, non della scuola, in tempi davvero record: se le parti dovessero avere idee condivise, si potrebbe chiudere in un paio di giorni, quindi già prima della pausa natalizia.L’accordo, a quel punto, farebbe da “apripista” per tutti gli altri», spiega l’anticipazione di Tecnica della Scuola. Resta un grande “ma” in tutto questo però e riguarda proprio il comparto dell’istruzione: si rischia infatti lo stallo con i rappresentanti dei docenti e del personale scolastico che temono una mancanza di coperture economiche per tutti e con la media di 85 euro (lordi). Per questo motivo oggi, 14 dicembre, i sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua e Snals Confsal hanno organizzato un’assemblea pubblica davanti a Montecitorio: «lo faremo insieme alle lavoratrici e ai lavoratori chiedere alla politica di assumersi le proprie responsabilità. Occorre accelerare e chiudere il negoziato per il rinnovo del contratto».
L’ATTACCO DI ANIEF
Dopo il Movimento 5 Stelle, anche il sindacato Anief torna alla carica contro gli aumenti stipendiali dei contratti statali, non solo nella scuola ma in tutta la Pubblica Amministrazione: con una lunga nota a firma del presidente Marcello Pacifico, il giovane sindacato si scaglia contro la riforma Madia e contro anche gli altri sindacati nazionali che invece sembrano orientati a firmare l’ultimo accordo con Aran. «Gli 85 euro lordi medi su cui s’era formulato l’accordo di un anno fa tra la Funzione Pubblica e i sindacati maggiori, l’Intesa del? 30 novembre 2016, non sono affatto assicurati perché le coperture che arrivano dal Mef continuano ad essere insufficienti. “Così, l’accordo da stipularsi entro il 31 dicembre, potrebbe chiudersi con una cifra molto più bassa”, riassume lucidamente Orizzonte Scuola». Non solo, i calcoli fatti ottimamente dal Messaggero per provare a scoprire la cifra che mancherebbe per gli aumenti Pa a carattere generale, addirittura non terrebbero conto della situazione in cui versa la Pubblica Amministrazione sul lungo termine. «Si tratta di cifre ridicole perché rispetto all’inflazione programmata nei dieci anni appena trascorsi, quando è rimasta bloccata anche l’indicizzazione dell’Indennità di vacanza contrattuale, i valori sono rispettivamente quindici e tre volte inferiori? all’aumento del costo della vita. A queste condizione, visto che nemmeno lontanamente si recupera l’inflazione, il contratto non può essere quindi firmato: per tali motivi, Anief rinnova l’invito ai sindacati maggiori a non prendere in considerazione certi tipi di proposte, assolutamente irricevibili e indegne per chi opera per la formazione dei giovani di un Paese moderno quale dovrebbe essere l’Italia. Ma ci rivolgiamo anche al personale, invitandolo a non subire certe ingiustizie e a contrastare con noi i mancati adeguamenti stipendiali», spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal.
M5S VS GOVERNO, “UNA MANCETTA DA 50 EURO QUESTO AUMENTO”
Si schiera una volta di più contro la riforma del governo Pd sul rinnovo dei contratti statali, il Movimento 5 Stelle, a maggior ragione ora che si è sotto campagna elettorale. L’occasione è ancora una volta il nodo e problematico aumento degli stipendi per tutti i dipendenti statali, in particolare i docenti: l’intervento dell’onorevole Silvia Chimienti su La Tecnica della Scuola punta il dito contro la “mancetta” che gli insegnanti sarebbero costretti, secondo i calcoli dei grillini, a ricevere. «Altro che aumenti da 85 euro in media, il ministero delle finanze sta infatti cercando altri 300 milioni di euro per poter aumentare di 85 euro lordi tutti i contratti indistintamente. Vien da chiedersi: dove è finita la promessa di eliminare la forbice retributiva e avvantaggiare quei dipendenti statali con lo stipendio più basso che maggiormente hanno sofferto la crisi economica?», spiega l’onorevole in quota Movimento 5 Stelle. La “mancetta” riguarda i circa 50 euro che in realtà dovrebbero trovarsi in tasca nel prossimo 2018 tutti gli insegnanti: «Gli 85 euro lordi, quindi 40-50 euro netti, di Gentiloni si tramuteranno in una mancia che verrà poi ripresa con gli interessi successivamente, è la prassi del PD. Non permetteremo questa ulteriore offesa alla scuola italiana! La lotta sarà senza esclusione di colpi». E infine, la Chimienti attacca ancora più duramente l’intera trafila di trattative (non ancora finite) sul rinnovo Pa: «dopo 10 anni di contratto bloccato, un anno di contrattazione con i sindacati e lo stipendio dei docenti che è il più basso del pubblico impiego (lo squilibrio salariale è anche a livello europeo, un dislivello netto e chiaro che ci viene ribadito periodicamente dall’Ocse…. i docenti italiani sono i meno pagati d’Europa), il governo se ne esce con un aumento che sembra più una mancetta come contentino».