“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, scrisse il grande scienziato Antoine-Laurent de Lavoisier nei testi sacri della fisica classica. E tutto si trasforma a maggior ragione oggi, nell’era globale, dentro la quarta rivoluzione industriale che chiamiamo anche, appunto, “grande trasformazione”. Se ne starà rendendo conto anche Michael O’Leary, amministratore delegato di Ryanair, la compagnia aerea al centro di un caso che segna un punto di non ritorno per l’azienda irlandese. Per la prima volta nella sua storia – il primo volo è del 1985 – Ryanair si è trovata infatti costretta a riconoscere le rappresentanze del lavoro.
Il caso ha conosciuto uno snodo significativo a settembre, quando una sentenza della Corte europea ha stabilito che Ryanair non può imporre la legislazione irlandese a equipaggi basati in altri Stati membri. Nelle controversie che riguardano i contratti di lavoro dei dipendenti, nonostante siano appunto contratti di diritto irlandese, i membri del personale di volo godono “della facoltà di adire il giudice del luogo a partire dal quale adempiono alla parte sostanziale dei loro obblighi nei confronti del datore di lavoro”.
Il caso era stato sollevato da un dipendente di Ryanair con base all’aeroporto di Charleroi, in Belgio. I contratti oggetto del ricorso erano stati conclusi tra il 2009 e il 2011 da Ryanair e da un’altra società affiliata (Crewlink) con alcuni lavoratori di cittadinanza portoghese, spagnola e belga, assunti come personale di cabina (hostess di volo e steward). Tutti i contratti di lavoro erano redatti in lingua inglese, erano disciplinati dal diritto irlandese e contenevano una clausola attributiva della competenza a favore dei giudici irlandesi.
Secondo la Corte di Giustizia dell’Ue, però, le regole europee sulla competenza, che hanno lo scopo di tutelare la parte contraente più debole, consentono al personale di volo di Ryanair di adire “sia davanti ai giudici dello Stato membro nel quale il datore di lavoro ha il suo domicilio, sia dinanzi al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività”.
Era questo l’inizio della rivoluzione. In tempi recenti, in Italia l’Associazione nazionale piloti aviazione commerciale (Anpac) ha indetto uno sciopero (15 dicembre scorso) “non per mere ragioni economiche, ma anche per vedere riconosciuto il diritto al sindacato”. Ryanair minaccia ritorsioni contro i piloti, ma, alla fine, è costretta ad arrendersi. I piloti ritirano lo sciopero, non gli assistenti di volo (Fit-Cisl). Ryanair riconosce le rappresentanze. Così anche in Germania, Spagna e Portogallo, oltre che in Gran Bretagna.
A questo punto la situazione evolverà a seconda di come le rappresentanze di piloti e assistenti di volo si muoveranno nei singoli stati, ma, naturalmente, il rapporto dei dipendenti con l’azienda non sarà più il prodotto di un atto unilaterale. Certamente le condizioni di lavoro del personale di volo miglioreranno. Nulla sarà più come prima, la trasformazione per Ryanair sarà profonda. A gennaio 2018 è previsto l’inizio di questa vertenza che si presenta come un caso che farà storia.
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