L’ultima Legge di bilancio di una legislatura costituisce sempre una golosa occasione per provvedimenti più elettorali che concreti. Anche questa volta la discussione parlamentare ha “caricato” la legge di una serie di emendamenti più rivolti a muovere i sondaggi elettorali, ma dobbiamo dire nel complesso che la Legge di bilancio 2018 ha mantenuto un’impostazione coerente con l’azione di governo dell’intera legislatura, misurando e qualificando i principali provvedimenti.



Nata e cresciuta sotto l’etichetta della disintermediazione verso i corpi intermedi ritenuti corporativi e frenatori rispetto alle riforme, non è un caso che la legislatura si chiuda con una Legge di bilancio frutto di due mesi di intenso confronto con il sindacato e di quattro incontri con il Presidente del consiglio sul delicato tema delle pensioni. La morale è che costruire i provvedimenti con i soggetti che conoscono il lavoro e la società è un esercizio utile che qualifica e finalizza meglio le misure: se ne ricordi il prossimo governo di qualunque natura sia.



Se la Legge di bilancio dello scorso anno era stata incentrata sulla correzione della riforma pensionistica Fornero, quest’anno anche per volontà del sindacato e della Cisl è il lavoro che è tornato al centro delle politiche. L’Italia prosegue in una ripresa lenta, ma sempre più robusta che genera posti di lavoro. Ma guai a pensare che l’uscita dalla crisi possa consentirci di tirare i remi in barca in materia di lavoro. La crisi ha profondamente cambiato il mercato del lavoro e i percorsi per l’occupazione. Ne è la riprova il semplice dato che se dal 2008 abbiamo in Italia recuperato i posti di lavoro, i giovani vedono oggi un tasso di occupazione di ben 10,4 punti percentuali inferiore. Una sorta di vero e proprio “apartheid” che i giovani soffrono nel mercato del lavoro che ha bisogno di cure radicali.



È per questo motivo che la Cisl ha condiviso la misura di decontribuzione al 50% (stabile e non a bonus annuali che si esauriscono) verso le assunzioni a tempo indeterminato di giovani. Si tratta di una misura choc oggi necessaria, rafforzata da una decontribuzione totale verso i giovani al Sud e dall’ampliamento per il primo anno della misura agli under 35, se vogliamo invertire le tendenze e far tornare i giovani più nel centro del mondo del lavoro. Nel contempo sappiamo che per sostenere i giovani verso il lavoro non servono scorciatoie, ma occorre accelerare il positivo incontro tra scuola e lavoro. È questa la vera riforma appena avviata con l’introduzione dell’alternanza scuola lavoro e dell’apprendistato duale che deve essere sostenuta e rafforzata. Per questo la Cisl vede con fastidio la continua incertezza nel garantire le risorse adeguato affinché il duale, gli Its, l’alternanza possano godere di un potenziamento. Dobbiamo invece garantire serenità e misure crescenti agli operatori per poter moltiplicare i numeri dei nostri studenti inseriti in percorsi di approccio fattivo ed educativo al lavoro.

Misureremo con attenzione l’efficacia della decontribuzione, sperando che possa rialzare il tasso di occupazione per i giovani, ma attenti anche al fatto che la stessa non soffochi l’apprendistato. Ai giovani che vogliono lavorare serve più – non meno – formazione.

La Legge di bilancio non ha dimenticato di intervenire per sostenere i lavoratori ancora colpiti dalle crisi occupazionali. Sono state stanziate risorse per sostenere gli ammortizzatori per le aree di crisi complessa o le crisi aziendali rilevanti che cercano soluzioni positive, ma soprattutto il Governo ha finalmente accolto l’intesa tra sindacati e Confindustria di oltre un anno fa con la quale chiedevamo di coinvolgere in politiche attive per la ricollocazione i lavoratori in difficoltà occupazionale già durante la Cigs. È un cambio culturale strategico portare i lavoratori non a vivere la Cigs come un tempo di parcheggio da prolungare, ma come un’occasione per reinserirsi al lavoro. Gli incentivi ora ci sono, tocca alle parti sociali dare vita nei territori a occasioni positive.

Resta sullo sfondo il fantasma delle politiche attive. La legislatura rischia incredibilmente di chiudersi senza che l’Assegno di ricollocazione ideato con il Jobs act sia veramente decollato. Ci opponiamo a questa ipotesi e chiediamo con ogni sforzo che nelle prime settimane del 2018 i disoccupati italiani possano davvero contare su un’indispensabile misura di sostegno per la loro ricollocazione. Il governo ha certo finora dimostrato una determinazione insufficiente, per non dire dello stucchevole confronto tra Stato e Regioni sul tema, indispensabile secondo la Costituzione. Non vogliamo tuttavia ascoltare nessun alibi. La Legge di bilancio ha messo sul tavolo le risorse necessarie affinché le Regioni gestiscano i Centri per l’impiego. Ora occorre far girare gli strumenti e recuperare il terreno perso.

Di politiche attive ne abbiamo bisogno anche sul versante delle fasce deboli e della povertà. Il 2018 è l’anno nel quale finalmente in Italia decolla il Rei, uno strumento universale di contrasto alla povertà e di inclusione sociale mai avuto finora. La Legge di bilancio ha aumentato le risorse e analogo passo dovranno farlo le leggi future, ma ora quello che serve è mandare a regime lo strumento, metterlo in campo e cominciare a sostenere un’importante fetta di popolazione e di famiglie che vivono nel disagio economico e sociale. Senza dimenticare che oltre all’integrazione economica il Rei deve puntare a un inserimento lavorativo delle persone in difficoltà. Persone che hanno bisogno sempre più di una vera “presa in carico” per tornare a incontrare il lavoro. Ecco perché la Cisl non demorde circa l’importanza delle politiche attive quale strumento di emancipazione e di sostegno per le persone.

E poi la Legge di bilancio ha affrontato un secondo intervento correttivo in materia di pensioni. Stampa, mass media e anche qualche sindacato ne ha parlato in termini centrali, ma non dimentichiamo che la priorità di questo momento è il lavoro e che si trattava in tema di pensioni di continuare a correggere gli elementi più iniqui della legge Fornero. Con tenacia e capacità di approfondimento e mediazione nuovi risultati sono arrivati. Secondo quella strategia del “passo dopo passo” che per la Cisl costituisce l’unica valida via per cambiare la Fornero. Chi la vuole abbattere a spallate, si accomodi. La Legge di bilancio definita su questo punto nel confronto con i sindacati rafforza ed estende un principio per noi fondamentale: i lavori non sono tutti uguali. Ecco perché l’Ape social e la sospensione dell’allungamento dell’aspettativa di vita continuano a incentrarsi su una categoria di lavori gravosi estesa oggi da 11 a 15 categorie e che in futuro dobbiamo meglio definire e allargare. 

Modificare la Fornero con interventi sostenibili con lo stretto sentiero del bilancio italiano e senza mettere l’Europa in guardia verso i conti italiani è un esercizio non facile ma importantissimo e possiamo ben dire di avere avviato sul serio quella “fase 2” già individuata nella feconda intesa del novembre 2016 sul tema.

E da ultimo tutto il sindacato non può che guardare con soddisfazione al definitivo stanziamento delle risorse in bilancio necessarie per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Il 23 dicembre scorso, con la sottoscrizione del primo rinnovo dopo 9 anni del comparto degli enti centrali, si è sanata una lunga e dolorosa ferita che aveva portato a sterilizzare la contrattazione in ragione della crisi finanziaria ed economica. Riprendere a contrattare e a ricreare valore per il lavoro pubblico e il lavoro di pubblica utilità è un bene per il Paese e anche per chi vive nel privato. Pensare di uscire dalla crisi mortificando la contrattazione è sbagliato e questo nuovo risultato lo dimostra. Tornare a progettare il lavoro pubblico come un luogo di competenze e di valore aggiunto crescente, riconoscendone le professionalità è un fatto moderno che dobbiamo imparare a gestire al meglio. Con questa Legge di bilancio anche la cupa pagina della sterilizzazione della contrattazione nel settore pubblico si è chiusa e il sindacato recupera il valore e il ruolo delle contrattazione.

Anche sulla base di questo risultato che corregge e ribalta le tendenze negative degli ultimi anni il sindacato e la Cisl sono pronti a confrontarsi con qualsiasi governo il Paese si darà a breve. Confrontarsi con il sindacato riformista e capace di proposta è un valore aggiunto e non più un fastidio per il Paese.