Sono circa 300.000 i lavoratori con un contratto di collaborazione in Italia, i cosiddetti parasubordinati. Fino all’anno 2015 erano conosciuti come “collaboratori a progetto”, proprio perché il decreto legislativo 276/03 presupponeva che per attivare questa tipologia contrattuale era necessario identificare un progetto per il quale lavoratore doveva conseguire un risultato oggettivamente identificabile.
Con il Jobs Act, in particolare il decreto 81/2015, è stata abolita la formulazione riconducibile al progetto, recuperando l’art. 409 del cpc e le conseguenti collaborazioni coordinate continuative, limitando il loro utilizzo o in presenza di accordi quadro o attraverso una certificazione del contratto. Questi collaboratori potevano beneficiare fino al 31 dicembre 2016 di un piccolo sostegno economico, finanziato dalla fiscalità generale, in caso di disoccupazione. Tale sussidio veniva corrisposto se il collaboratore aveva versato almeno tre mesi di contributi nell’anno precedente e un mese nell’anno in corso – in cui era avvenuto lo stato di disoccupazione – con un importo pari a circa il 75% del compenso precedentemente percepito per un periodo massimo di sei mensilità.
Oggi tale prestazione non è più riconosciuta ai collaboratori. La legge di stabilità non ha rifinanziato l’indennità (anche se era presente un emendamento a tal proposito) e ora le uniche speranze sono riposte nel decreto milleproroghe. Comunque, anche in caso di approvazione dell’emendamento, che le organizzazioni sindacali stanno caldeggiando, si pone una questione di sostenibilità della misura, in quanto deve essere finanziata con delle risorse ad hoc. Sicuramente potranno essere utilizzati i residui non spesi per gli anni 2015/2016 della Dis-Coll, ma sarebbe comunque una soluzione precaria.
In questo caso, come in molti altri, la scelta migliore da intraprendete sarebbe quella di rendere strutturale, e non più a carico della fiscalità generale, questo ammortizzatore sociale, per almeno tre ordine di motivi: il primo è che la gestione separata dell’Inps, che è la cassa di riferimento dei parasubordinati, ha un solidissimo attivo finanziario; il secondo è che i collaboratori coordinati e continuativi hanno visto negli ultimi anni solo aumenti dell’aliquota contributiva, senza che questo abbia mai comportato un incremento delle prestazioni a loro favore; infine, nella maggioranza dei casi, i lavoratori con contratto di collaborazione sono per definizione temporanei, quindi necessitano di uno sostegno economico nelle fasi di non lavoro.
Questa grave dimenticanza, perché non può essere definita altrimenti, rappresenta molto lo stato di malessere politico che viviamo: una distanza quasi incolmabile con la realtà, tale da non preoccuparsi per migliaia di famiglie che, restando senza lavoro, non possono più beneficiare di un piccolo sostegno economico.