Giuliano Poletti è tornato a parlare della riforma delle pensioni targata Fornero. Le sue dichiarazioni acquistano un’importanza particolare se si pensa che la prossima settimana riprenderà il confronto con i sindacati sul tema. Il ministro del Lavoro ha detto che “la riforma pensionistica che ha innalzato di molto l’età di pensionamento è considerata dai cittadini come un’insopportabile ingiustizia, credo che dovremo trovare le forme e le modalità per affrontare questo tema”. Parole che possono far sperare coloro che vorrebbero un cambiamento dell’attuale sistema previdenziale, considerando che il Governo è già intervenuto introducendo l’Ape. Tuttavia Poletti sembra far capire che occorre fare dell’altro visto che la Legge Fornero è percepita come un’ingiustizia dagli italiani.



Mentre si continuano a fare ipotesi su quello di cui Governo e sindacati parleranno nel confronto di martedì prossimo sulla riforma delle pensioni, la Corte dei Conti lancia l’allarme sull’Inps. “Il conto economico, infatti, espone – al netto dell’accantonamento a riserva legale per 2,95 miliardi – un risultato di esercizio negativo per 16,3 miliardi (-12,48 miliardi nel 2014), condizionato da un accantonamento al fondo rischi crediti contributivi per 13,09 miliardi (4,97 miliardi nel 2014). In conseguenza di ciò, il patrimonio netto è pari a 5,87 miliardi, con un decremento sul 2014 di 12,54 miliardi”, si legge nella Relazione sulla gestione finanziaria del 2015 in un passaggio riportato dai media. Secondo la Sezione del controllo sugli enti della Corte dei Conti, occorre quindi riformare la governance dell’Inps, con un ripensamento dei funzioni e compiti del Direttore generale.



Il Partito democratico vuole ancora una riforma delle pensioni? Ed è disposto ad approvare la Quota 41 per tutti? Se lo chiede qualcuno del gruppo “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti”, evidenziando come converrebbe allo stesso partito di maggioranza porre il tema al tavolo del confronto tra Governo e sindacati. Diversamente alle prossime elezioni, il Pd rischia di perdere molti consensi, dato che altre forze politiche promettono di mettere mano alla Legge Fornero. Cosa che i dem hanno fatto in maniera limitata, considerando che solo l’Ape interviene sull’età pensionabile, ma non risponde a quelle che sono state per lungo tempo (e che continuano a essere) le richieste dei lavoratori precoci, i quali semplicemente dopo aver lavorato più di 40 anni vorrebbero poter accedere alla pensione.



Nel dibattito sulla riforma delle pensioni non vengono quasi mai presi in considerazione, ma a riaccendere i riflettori sulla situazione dei liberi professionisti ci ha pensato una servizio della trasmissione diMartedì, che ha intervistato alcuni di loro. Gli affari non vanno più bene come una volta e questo, oltre che sulle loro entrate mensili, ha inciso sui contributi previdenziali che hanno versato. Il rischio, se le cose non miglioreranno, è che con il sistema contributivo puro le loro casse gli erogheranno degli assegni pensionistici veramente bassi. Per esempio, l’importo medio erogato lo scorso anno per alcune professioni è stato inferiore ai 200 euro mensili. Dunque o si riesce a guadagnare di più per versare di più oppure fare dei versamenti volontari per aumentare i propri contributi, altrimenti bisognerà fare i conti con assegni pensionistici molto bassi.

La riforma delle pensioni sarà uno dei temi di cui parlerà oggi Annamaria Furlan durante “Viva l’Italia”, il format video di Agi che vede protagonisti esponenti del mondo politico, economico e della società civile. Il Segretario generale della Cisl parlerà anche di lavoro, fisco e politiche per i giovani. E farà anche il punto sulle tesi del Congresso confederale che si è aperto in questi giorni e che si concluderà tra la fine di giugno e gli inizi di luglio. Non mancheranno anche domande sui rapporti con gli altri sindacati, visto che la Cgil ha dato il via a una campagna referendario, ma non si potrà non parlare di previdenza, dato che martedì prossimo riprenderà il confronto con il Governo. Attraverso le parole della Furlan potremo capire meglio quali sono gli obiettivi a cui puntano le organizzazioni sindacali su questo fronte. L’appuntamento è a partire dalle 14:00 sul sito dell’Agi.

Continua il tormentone intorno all’Ape, che riguarda tutti quei lavoratori che intenderebbero usufruire dell’anticipo pensionistico concesso dalla nuova Riforma pensioni. I requisiti per ottenere l’Ape volontaria sono i 63 anni di età, 3 anni e 7 mesi al massimo dalla pensione di anzianità, i 20 anni di contributi versati e un importo minimo di 700 euro lordi. Ancora mancano i decreti attuativi quindi non è possibile definire con certezza le indicazioni sui massimi e i minimi degli importi di Ape concedibili. Si tratta infatti di un anticipo della pensione calcolato in base all’ultimo stipendio ricevuto nel momento in cui è stat presentata la richiesta. Ma come dicevamo le sorprese in questa riforma delle pensioni sono sempre dietro l’angolo. E allora ecco che a leggere bene il comma 166 della legge che istituisce l’Ape scopriamo che si tratta di “un prestito corrisposto a quote mensili per 12 mensilità”. Tradotto, i pensionati che decideranno di usufruire dell’Ape non intascheranno la tredicesima. Questa sorpresa della mancata tredicesima non vale solo per l’Ape volontaria ma anche per gli altri due trattamenti previsti dalla riforma pensioni: l’Ape social che a differenza di quella volontaria non prevede la restituzione delle rate e l‘Ape aziendale, che prevede un accordo diretto con l’azienda.

La riforma delle pensioni targata Fornero ha cambiato non solo la vita di molti italiani, ma ha anche costretto i consigli regionali ad abbandonare i vitalizi per i loro membri. Tuttavia quello che è uscito dalla porta sta rientrando dalla finestra. Per esempio in Calabria, dove è stata presentata una proposta di legge per introdurre una pensione per i consiglieri regionali. La proposta, presentata da esponenti del Partito democratico, ma a cui hanno aderito anche membri di altre formazioni politiche, mira a introdurre un sistema previdenziale di tipo contributivo. Domenico Battaglia, consigliere del Pd, secondo quanto riporta quicosenza.it, ha cercato di spiegare che la proposta di fatto ricalca quanto previsto per i deputati e i consiglieri di altre regioni. “Con il progetto di legge depositato, pertanto si mira a introdurre anche in Calabria, come è stato già deliberato e applicato dalle altre Regioni d’Italia, a distanza di due anni dall’inizio della Decima legislatura, il sistema contributivo previdenziale per gli eletti in Consiglio regionale che non ha nulla a che vedere con il vecchio assegno vitalizio in vigore fino alla precedente legislatura”, ha detto. Tuttavia secondo i rumors dei media la pensione verrebbe erogata già a 65 anni e se un consigliere verrà eletto per più di una legislatura, ogni anno in consiglio avvicinerà di un anno la pensione, fino alla soglia dei 60 anni. Inoltre, verrebbe previsto un “assegno di fine mandato”, una sorta di Tfr. In tutto il costo per le casse regionali sarà di poco meno di 700.000 euro. Il Governatore della Calabria Mario Oliverio non condivide questa proposta e il Movimento 5 Stelle si dice pronto a scendere in piazza per far sì che venga bloccata.

Sul fronte della riforma pensioni, uno dei cardini inseriti nel testo di legge (da ultimare nelle prossime settimane) è certamente l’Ape, con qualche modifica che ancora deve essere decisa dal Governo sulla questione della data di accesso. Come spiega bene Pensioni Oggi, la data per accedere all’Ape volontario non sarà uguale per tutti i lavoratori: «Tra le condizioni che il lavoratore dovrà rispettare c’è infatti quella che il soggetto si trovi a non più di 3 anni e 7 mesi dall’età pensionabile di vecchiaia nel regime pensionistico obbligatorio. Un dato che non potrà essere certificato facilmente dall’Inps dato che gli adeguamenti alla speranza di vita dopo il 2018 saranno noti in via ufficiale solo alla fine del prossimo anno». Un accodo potrebbe arrivare già nei tavoli con Inps e sindacati ancora da calendarizzare ma da effettuare entro pochi mesi.

La riforma delle pensioni targata Fornero ha cercato di migliorare i conti pubblici italiani, ma la spesa pensionistica resta molto alta nel nostro Paese. La riprova si trova in una relazione del ministero dell’Economia dedicata ai dipendenti pubblici di cui dà notizia orizzontescuola.it. Emerge che le uscite per la spesa delle pensioni dei dipendenti pubblici sono passate dai 37 miliardi di euro del 1999 ai 67,4 miliardi del 2015: un incremento dell’82% non compensato dalle entrate, che infatti sono passate da 36 a 60,4 miliardi di euro. C’è quindi una differenza di 7 miliardi di euro ed è dal 2007 che le uscite continuano a superare le entrate. Nella relazione emerge comunque che che dal 2012 la crescita della spesa pensionistica ha subito un rallentamento.