Alzi la mano chi di noi non si è mai entusiasmato di fronte all’incredibile capacità di crescita dei cinque fagioli magici della famosa favola anglosassone di Giacomino. Nessuno di voi? Beh, io si: mi sono sempre chiesto come facevano, ma mi sono anche sempre detto che essi erano la dimostrazione che sperare nella realizzazione di una cosa impossibile poteva portare solo qualche guaio. Insieme magari anche a qualche piacere, come nel mitico racconto per bambini, ma comunque mai senza guai. Oppure pensate a un discorso simile: “Cresce, sì cresce. Invece diminuisce. Ma guardate che alla fin fine è sempre uguale a se stessa”. Ecco se ci capitasse di essere di fronte a una pianta e ascoltare pareri tanto diversi tra loro riguardo allo sviluppo della suddetta, presumibilmente ne desumeremmo che coloro che esprimono pensieri così poco congruenti riguardo a un unico e medesimo oggetto devono essere facilmente influenzabili, o addirittura che i loro pensieri rispondono non a uno sguardo sulla realtà, bensì a un loro personalissimo desiderio.



Ora veniamo all’economia italiana. La scorsa settimana alte grida di compiacimento hanno accompagnato la diffusione dei dati, invero per nulla spiacevoli, relativi allo sviluppo del Pil e dell’export nostrani. insieme a esse, però, altrettante querule voci hanno accostato a quei dati positivi la triste sorte, la drammatica agonia di complessi produttivi o di gloriose industrie, come Almaviva, o come il nostro sistema bancario, antico tanto quanto scosso dalle fondamenta. O pensiamo ad Alitalia.



Insomma, i fagioli di cui sopra, la pianta di cui sopra, che corrispondono metaforicamente alla realtà economica italiana cresce, è ferma o addirittura sta rinsecchendo? Esiste, cioè, crescita vera quando la disoccupazione è ancora in doppia cifra? Esiste un’economia che si sviluppi senza crescita del numero complessivo di posti di lavoro? Esistono i fagioli magici? Forse, forse…, essi esistono per davvero: forse qualcuno crede davvero che con una singola mossa, o con poche strategiche mosse, in una sola notte cresceranno cinque piante altissime, la cui cima si perde tra le nuvole, che ci porteranno in un’altra terra, in un altro mondo, ove due orchi saranno a guardia di un paradiso di cibo e benessere.



Non c’è invece crescita istantanea, nell’economia reale, che non nasca da una somma di fattori, così come non esiste una pianta sana che possa produrre fiori o frutti in un battibaleno: come il contadino sa, per avere un raccolto buono e sano occorrono fatica, tempo, cura e tanta tanta sapienza. Così nell’economia reale quotidiana occorre immettere per tempo, per un tempo lungo ma non eterno, provvedimenti che liberino il campo dalle erbacce (cioè dalle pastoie della burocrazia che soffocano lo sviluppo delle imprese), che raddrizzino le pianticelle gracili (e dunque che sostengano le industrie in cerca di credito, che mettano a disposizione energia a costo adeguato, che facilitino scambi commerciali e trasporti, formazione di manodopera e sviluppo sul prodotto), che ingrassino il terreno in cui esse affondano le radici (e cioè politiche che allarghino gli orizzonti del nostro sistema produttivo; accordi che puntino sulla produttività e il lavoro).

Solo così, solo con lunghi mesi di cura e fatica, le pianticelle cresceranno, si svilupperanno, daranno frutti e quindi posti di lavoro. Certo, tutti possiamo illuderci che con gli Ohm potremo saltare qualche step, con le serre intensive potremo fare meno fatica, avere meno problemi, ma si tratta di scorciatoie, dense di pericoli e piene di sorprese: non illudiamoci, perché i posti di lavoro nascono solo dal lavoro e non dai miracoli della natura. Il lavoro non si crea né per decreto, né con scambi magici. Queste sono fantasie degne delle fiabe, ma che non allignano nella realtà.

In fondo, pensiamoci, sperare che i problemi nell’economia vera si risolvano con poche abili mosse è un po’ come paragonare la produzione di beni reali, auto, case, mobili, a quella finanza “creativa”, per non dire delinquenziale, che vendeva (o che vende ancora) titoli fatti di carta straccia e pieni di debiti inesigibili facendoli passare come ottimi investimenti. Anche allora qualcuno pensò bene di divenire ricco in una notte: e magari ci riuscì anche, ma tanto veloce fu la crescita quanto grandi i danni prodotti e quanto fragorosa ne fu la caduta.

Le crisi aziendali italiane si curano con provvedimenti pazienti, che puntino sul recupero di quel che c’è di buono in imprese francamente talora un po’ decotte, parallelamente a interventi che assistano i disoccupati e forniscano loro una nuova professionalità. Per moltiplicare magicamente i posti di lavoro occorrerebbe portare il costo del lavoro a livelli francamente inaccettabili: ma anche questo vorrebbe dire affidare alla magia quel che invece deve nascere dal basso tra fatiche quotidiane e costanti cure.

Perché, pensiamoci, i salari tedeschi non sono più bassi dei nostri, le loro banche non stanno meglio delle nostre (anzi, se i parametri applicati nella locomotiva d’Europa fossero gli stessi di quelli in vigore nel Bel Paese, a sentire gli esperti non pochi sarebbero gli istituti di credito germanici destinati al fallimento…), le nostre scuole reggono il paragone con le loro. Da cosa nasce dunque il successo di quel sistema produttivo? Da una somma di fattori, non da uno solo. E una somma di fattori è sempre il frutto di politiche stabili, non casuali, costantemente tese a favorire lo sviluppo, dare credito e fiato a chi produce, a fare reti sistemiche. Costantemente: cioè durevolmente, non saltuariamente, con somma attenzione e con sudore della fronte, non con piccole furbizie, trucchi e giochetti delle tre carte, degni questi dei parcheggi dell’autostrada per ingannare turisti e viaggiatori.

I dati del Pil e dell’export sono segnali incoraggianti: vanno usati dunque per iniziare a invertire il trend negativo in tema di lavoro e di occupazione, e ciò si può fare con la formazione continua, con il sostegno alla contrattazione decentrata che favorisca le imprese che hanno commesse e lavoro, con misure precise in materia di produttività. Attorno alle gracili pianticelle che lasciano intravedere buoni frutti occorre creare un ambiente che non ne soffochi la crescita. Qualche idea si trova in giro, pensiamo al recente Decalogo promosso dalla Cisl. Ora occorre puntare su qualche contadino “vecchia maniera”: testa bassa, senso del realismo e pedalare. La cima della montagna è distante, ma ogni passo in avanti accorcia le distanze dal traguardo.