I lavoratori precoci continuano a battersi per far sì che venga approvata una riforma delle pensioni che contenga la Quota 41 per tutti. E alla vigilia dell’incontro tra Governo e sindacati, dove si parlerà dei decreti attuativi dell’Ape, saranno ospiti in televisione della trasmissione di Rete 4 Dalla vostra parte. Il comitato Lombardia dei “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” si sta già mobilitando per essere presente in forze in piazza Mario Pagano a Milano, da dove si terrà il collegamento con lo studio. Ancora una volta, quindi, verrà fatto capire perché sarebbe importante che una legge consentisse a tutti gli italiani di poter accedere alla pensione dopo aver versato contributi per 41 anni indipendentemente dall’età anagrafica. La proposta di riforma delle pensioni dei parlamentari del Movimento 5 Stelle avanza e ottiene un primo risultato importante: Laura Boldrini, infatti, ha promesso che calendarizzerà la proposta la prossima settimana un Ufficio di presidenza della Camera, così che si possa valutare se approvare una delibera come richiesto dai pentastellati per cambiare non poco il sistema previdenziale dei deputati. Una delegazione dei parlamentari M5S ha incontrato anche Piero Grasso, che ancora non si è però pronunciato sulla proposta. Vedremo se anche lui deciderà di farla discutere dall’Ufficio di presidenza del Senato. Beppe Grillo via Twitter ha parlato di una “prima vittoria” per il Movimento e in effetti un obiettivo importante sembra essere stato raggiunto. Resta in ogni caso da capire quale sarà la sorte dell’iniziativa pentastellata.



Governo e sindacati sono tornati a confrontarsi sulla riforma delle pensioni, dandosi anche una scaletta per i prossimi incontri. Il 23 marzo è previsto che si entri nel vivo della cosiddetta fase due, ovvero quella serie di interventi previdenziali rivolti ai giovani, che entrano sempre più tardi nel mondo del lavoro e hanno una carriera contraddistinta da una certa discontinuità. In vista di questo appuntamento, Repubblica ricorda che alla Camera da tre anni è stata depositata una proposta di legge a firma Gnecchi e Damiano per introdurre una “pensione di base” dell’importo di 442 euro, finanziata dalla fiscalità generale, da conseguire con almeno 15 anni di contributi versati. Si tratterebbe di un trattamento che andrebbe poi a sommarsi a quello conseguito alla fine della propria carriera lavorativa. In questo modo, di fatto, si eviterebbero gli inconvenienti del sistema contributivo, che potrebbe portare ad assegni con importi piuttosto esigui, complici i salari non molto elevati, specie nella prima parte della carriera, o periodi di disoccupazione involontaria, che potrebbero diventare ancora più frequenti di adesso. Dunque il Governo potrebbe partire da questa proposta e Cesare Damiano ha suggerito che la pensione di base potrebbe essere non erogata se a fine carriera si raggiungesse un certo importo di pensione spettante, per esempio 1.500 euro mensili, di modo che la fiscalità generale finisca per finanziare solo le situazioni di effettivo bisogno. Non resta quindi che aspettare il 23 marzo. Nel frattempo il Governo dovrebbe emanare i decreti attuativi per far entrare in vigore l’Ape dal 1° maggio.



Rischia di aprirsi un vero e proprio caso politico tra Rosario Crocetta e Giovanni Ardizzone, complice anche la trasmissione L’Arena di Massimo Giletti. Nella puntata di ieri si è infatti parlato della mancata riforma delle pensioni per i consiglieri regionali, anche grazie a un’intervista a uno che lo è stato per 50 giorni e ora intasca un vitalizio. Il Governatore della Sicilia ha infatti detto che abolirebbe i vitalizi, ma che non ha una maggioranza per farlo, poi ha confermato le parole di Giletti, secondo cui non si sarebbe mai applicato un contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro. Il Presidente dell’Assemblea regionale siciliana ha minacciato non solo di querelare Giletti, ma ha anche criticato Crocetta: questo perché il contributo di solidarietà è già stato applicato in Sicilia. “Giletti deve scusarsi con tutti i siciliani non solo con me. Il conduttore tentando di riparare alle ripetute falsità pronunciate nei miei confronti si è scusato, scaricando su Crocetta che non ha smentito dette falsità. È vero che Crocetta con i suoi contorcimenti dialettici ha contribuito al massacro della Sicilia, ma Giletti in nome del maledetto audience disinforma continuamente con notizie assolutamente infondate”, ha detto Ardizzone.



Un’interrogazione parlamentare sollevata dal Movimento 5 Stelle ha portato alla luce che per gli operatori di pubblica sicurezza non c’è bisogno di una riforma delle pensioni che li inserisca nella normativa sui lavori usuranti, perché godono già di un acceso agevolato alla quiescenza. pensionioggi.it riporta infatti la risposta data dal sottosegretario al Welfare Luigi Bobba, che ha ricordato che per gli appartenenti al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, come per esempio i poliziotti, la pensione di anzianità si può conseguire a 57 anni e 7 mesi, se si hanno 35 anni di contributi, oppure con 40 anni e 7 mesi di anzianità contributiva a prescindere dall’età. La pensione di vecchiaia, con almeno 35 anni di servizio, si può ottenere a partire dai 60 anni, a seconda della qualifica che si ha. Per un’anzianità contributiva inferiore occorre avere almeno 60 anni e 7 mesi.

Una riforma delle pensioni per reintrodurre un contributo di solidarietà su quelle più alte non è nei piani del Governo. Tuttavia Gianfranco Librandi intende presentare un’interrogazione parlamentare al ministro del Lavoro per chiedere cosa l’esecutivo intenda fare sulle pensioni d’oro. “Se non si può reintrodurre il contributo di solidarietà, si può certamente approvare un ricalcolo strutturale degli assegni più alti. Con i risparmi, vanno finanziate le misure per la povertà e il lavoro”, ha detto il deputato di Civici e innovatori. Secondo il quale è vero che la Corte costituzionale ha fatto capire che un contributo di solidarietà è ammissibile se temporaneo e non strutturale. Tuttavia resta il fatto che molti giovani non hanno prospettive previdenziali e quindi sarebbe opportuno chiedere “un sacrificio a chi oggi riceve pensioni superiori a 14, 20 o anche 30 volte il minimo”.

Mentre il Governo Gentiloni è alle prese con i decreti attuativi che andranno a regolamentare le varie misure inserite dal vecchio esecutivo nel pacchetto della riforma delle pensioni contenuto nella Legge di Stabilità 2017, arrivano novità per quanto concerne il mondo delle pensioni in Sicilia. A parlarne è il direttore del Fondo Pensioni, Rosolino Greco il quale nel corso di un’intervista rilasciata al portale LiveSicilia.it ha fatto presente come tutti i privilegi previdenziali di cui la regione ha goduto negli anni passati sono stati cancellati. Nello specifico Greco ha rimarcato: “Per anni la Sicilia ha goduto di nome sulle pensioni certamente vantaggiose rispetto a quelle che disciplinano le pensioni statali. Ma oggi non è più così. Già dal 2003 c’è stata una inversione di tendenza che ha limitato di molto un aspetto che rendeva le pensioni siciliane vantaggiose rispetto al resto d’Italia: si è abbandonato il ricorso al calcolo sulla base del sistema retributivo, passando al contributivo. Ma non solo.. sono stati inseriti i tetti a stipendi e pensioni pubbliche a 160 mila euro… il calcolo della pensione non si baserà più sull’ultimo reddito ma sarà il frutto della media degli ultimi cinque anni di redditi”.

I conti dell’Inps nei giorni scorsi sono persino diventati un tema “imprevisto” al tavolo di confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni. Ora è il Codacons a occuparsi dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, per segnalare che continua a comportarsi in maniera non conforme con une recente sentenza della Corte di Cassazione, chiedendo indietro i soldi ai pensionati nel caso abbia commesso degli errori nel calcolare gli importi dei loro assegni. La Corte ha infatti chiarito che si può certamente rettificare l’importo della pensione se vi è stato un errore, ma che non si possono chiedere indietro gli arretrati se il pensionato non ha alcuna colpa dell’errore commesso e questo è quindi imputabile all’Inps. Il Codacons invita quindi tutti pensionati che hanno ricevuto decurtazioni o comunicazioni di questo tenore a rivolgersi ai propri uffici.