Il part-time agevolato è stato un flop, dato che finora sono state 200 le domande accolte dall’Inps. Per Giuliano Poletti, la ragione di questo risultato è in parte anche “colpa” della riforma delle pensioni. “Quando siamo partiti, non c’era ancora il progetto per la flessibilità in uscita delle pensioni”, ha infatti detto il ministro del Lavoro, il quale ha aggiunto che “le platee coinvolte sono sostanzialmente le stesse”. Come se di fatto la nuova flessibilità, quella per intenderci introdotta con l’Ape, avesse portato alcuni italiani a non interessare del part-time agevolato. Poletti ha comunque detto che verranno studiate delle misure alternative. Sarà interessante vedere se cambierà la platea dei potenziali beneficiari o se verrà introdotto qualche elemento utile a favorire la cosiddetta staffetta generazionale, che potrebbe cominciare proprio dal part-time del lavoratore anziano.
I patronati nelle ultime ore hanno lanciato un preoccupante allarme che riguarda il mondo dei pensionati: sembra che in media una pensione su 4 presenti errori da parte dell’ente previdenziale. Una media che pare essere concentrata soprattutto sulle prestazioni di minore entità ed in particolare sotto ai 1200 euro netti al mesi. Ma come fare per ottenere il rimborso dell’eventuale maltolto? I patronati hanno fatto presente che si può ottenere il rimborso grazie alla compilazione di un semplice modulo chiamato Obis M, scaricabile dal sito dell’Inps. È in pratica un modo personale in cui viene riportata la situazione previdenziale del cittadino con relative trattenute sull’importo. Il modulo per la precisione va scaricato dal sito Inps accedendo con le proprie credenziali (Pin e Codice fiscale) nella sezione Servizi Online e quindi nella pagina Servizi per il cittadino. Una volta che si è aperta la schermata occorre aprire la sezione Fascicolo previdenziale del cittadino e quindi Modelli ed infine scaricare il Certificato pensione Obis M. Va ricordato in tal senso che i patronati offrono tale servizio in maniera gratuita sia agli iscritti che ai non iscritti.
Prima della riforma delle pensioni che ha introdotto l’Ape, il Governo Renzi aveva dato vita a una misura che mirava a introdurre il principio della flessibilità pensionistica: il part-time agevolato. Ebbene, i dati dicono che non sembra aver riscosso per niente successo. Infatti, dal 2 giugno, data in cui è entrata in vigore questa nuova misura, le domande accolte dall’Inps sono state duecento. Fin dal principio c’erano stati molti dubbi sull’efficacia di questa misura, che veniva assimilata al tfr in busta paga: un’altra misura del Governo Renzi che non è stata praticamente utilizzata dagli italiani. Il part-time agevolato in effetti risulta conveniente per il lavoratore, che diminuisce il proprio orario lavorativo senza vedersi diminuire più di tanto né la busta paga, né la pensione. Questo perché l’azienda è chiamata a versare i contributi per le ore non più lavorate direttamente in busta paga.
La riforma delle pensioni diventa uno terreni di scontro per la conquista della leadership del Partito democratico. Enrico Rossi, Governatore della Toscana che ha già dato la sua disponibilità a correre per la segreteria, in un convegno a Taranto ha evidenziato che “è tempo di una svolta profonda nel Partito democratico”. “Io faccio una proposta fortemente identificata. A sinistra penso sia d’attualità proporre le idee, le idealità del socialismo, i riferimenti sociali che una forza di sinistra che si ispira al socialismo deve avere, cioè la parte più debole della società, i giovani, i precari, le pensioni minime, i lavoratori dipendenti che hanno perso i diritti, i ceti medi che sono in difficoltà”, ha detto Rossi secondo quanto riporta La Gazzetta del Mezzogiorno. Parole che sembrano bocciare quanto fatto nella Legge di stabilità a sostegno delle pensioni più basse, ovvero l’aumento della no tax area e delle quattordicesime. Vedremo se dall’ala renziana del Pd arriverà qualche replica a Rossi.
Mentre si attendono i decreti attuativi da parte del Governo Gentiloni per regolarizzare le novità del pacchetto della riforma delle pensioni approvato nella Legge di Bilancio 2017, si continua a parlare di uscita anticipata dal mondo del lavoro. In particolare Cesare Damiano e Marialuisa Gnecchi, esponenti del Partito Democratico in Parlamento, ha pubblicato una nota in cui viene fatto riferimento alla situazione dei nati nell’anno 1952. In pratica viene richiesto di eliminare le ultime restrizioni vigenti in maniera tale da favorire il pensionamento. La richiesta è stata presente dalla stessa Gnecchi in Commissione Lavoro alla Camera durante l’esame del dll 4196 per mezzo del quale si intende modificare in senso estensivo la portata della disposizione eccezionale in favore dei lavoratori e delle lavoratrici nate nel 1952. La Gnecchi ha rimarcato come l’Inps per mezzo della circolare numero 196 del 2016 abbia evidenziato come eccezione i lavoratori che alla data del 28 dicembre 2011 non erano dipendenti nel lavoro privato. Un paletto che ora si intende togliere.
I sindacati hanno lottato molto per la riforma delle pensioni varata con la Legge di stabilità e oggi chiedono ancora di potersi confrontare con il Governo per la cosiddetta “fase due”. E a quanto pare Giuliano Poletti li accontenterà. Tuttavia questa non l’unica “battaglia” che le organizzazioni sindacali portano avanti. Infatti, i patronati da tempo stanno riuscendo a far ottenere ai pensionati più di quello che l’Inps eroga loro. E ciò capita, a quanto pare, con gli assegni di importo più basso, che non superano i 1.200 euro. Poiché l’Inps non provvede più all’invio del modello Obis M, i pensionati non sono più in grado di vedere esattamente mediante quali calcoli si arriva alla determinazione dell’importo del suo assegno mensile. Fortunatamente i patronati hanno avviato delle campagne informative, aiutando così diversi italiani a scoprire che l’Istituto nazionale di previdenza sociale aveva commesso degli errori di calcolo.
Che nella maggioranza dei casi, hanno fatto sapere i patronati, riguardano gli assegni familiari che non vengono accreditati oppure le quattordicesime che vengono ridotte. Secondo quanto riporta primapaginanews.it, ogni pensionato “rischia di non vedersi accreditata una cifra compresa tra i 20 e i 30 euro al mese”. I patronati invitano quindi i pensionati a far verificare gratuitamente il proprio Obis M, che può essere scaricato dal sito dell’Inps. Ovviamente occorre essere registrati per poter accedere a questo documento, ma ormai sono molti i pensionati che si sono “attrezzati”, dato che anche la Certificazione unica non viene più spedita a casa, ma deve essere scaricata dalla propria area personale del sito Inps.
Giuliano Poletti ha voluto tranquillizzare i senatori della commissione Lavoro e anche gli italiani, spiegando che con la riforma delle pensioni non si sono messi a rischio i conti pubblici. “Con gli interventi realizzati a partire dal 1992, sul versante previdenziale si è lavorato con la finalità di creare un sistema stabile e duraturo e gestibile dal punto di vista della tenuta dei conti pubblici”, ha detto il ministro del Lavoro in audizione alla Commissione sopra citata. Poletti ha aggiunto che l’Ape social non è un intervento “classicamente previdenziale, ma interviene sul sistema sociale”. Perciò, “non è corretto doverla computare nella spesa previdenziale”. In questo modo così il ministro di fatto replica a Tito Boeri e alle sue dichiarazioni sui costi degli interventi previdenziali in Legge di stabilità. Rispetto ai quali Poletti ha ricordato che “anche a fronte di un dialogo con le parti sociali, si e’ deciso di intervenire su questo settore con finalità e obiettivi precisi che toccano il tema dell’equità, della sostenibilità e della flessibilità”.