Ogni qual volta Marchionne parla e soprattutto annuncia qualche nuovo programma, si muovono naturalmente tutti gli organi di informazione e sembra sempre che la sua azienda in Italia stia smantellando. Fiat negli ultimi 10 anni è stata tra i casi che più hanno appassionato e diviso gli italiani. Dopo le recenti dichiarazioni del manager italo-canadese, abbiamo chiesto a chi conosce bene i programmi del Lingotto di dare una valutazione circa i programmi che si annunciano di Fca – e, in particolare della Panda e dello stabilimento di Pomigliano – e circa il futuro del Lingotto. Parla Ferdinando Uliano, Segretario nazionale della Fim-Cisl, che sullo stabilimento campano dice: «Pomigliano è lo stabilimento più efficiente di Fca mondo. Come Fim-Cisl abbiamo visitato gli stabilimenti nord-americani e canadesi, e tutti parlano di Pomigliano».
Il responsabile area Emea per Fca, Alfredo Altavilla, ha dichiarato in questi giorni che “il piano che intendiamo condividere con i sindacati entro il 31 marzo lo abbiamo deciso prima di quello che è stato detto da Marchionne”. Come siete stati coinvolti e a che punto è la condivisione di questo piano?
Tutto è partito con l’incontro che abbiamo fatto al Lingotto il 30 ottobre 2012. Lì abbiamo condiviso come Fim la strategia “non per deboli di cuore”, così la descrisse Marchionne quando ce la presentò. Fiat in quel periodo rischiava il fallimento e le produzioni erano pressoché ferme. Ci convinse, e così partirono gli investimenti premium, il rilancio di Melfi con i due mini suv Renegade e 500X, il polo del Lusso a Mirafiori e Grugliasco con i marchi Maserati, il rilancio dei modelli Alfa Romeo con gli oltre 5 miliardi d’investimento del piano 2014. Era già scritto lì che il futuro anche per lo stabilimento di Pomigliano non poteva essere la produzione di un’utilitaria come la Panda. Una scelta sindacale contrastata da gran parte del mondo politico e dei media, ma che salvò lo stabilimento campano e, oggi possiamo dire, l’industria automobilistica nel nostro paese.
Ci spieghi meglio…
La bandierina tricolore sulla futura Panda già non c’era più nel piano 2014 di Detroit. E già allora come Fim dicemmo che il futuro di Pomigliano era il ritorno di Alfa Romeo e di altri marchi premium. I modelli prendono forma man mano che si avvicina il tempo del lancio della produzione. È stato così per gli ultimi lanci di Giulia, Stelvio e Levante e ora è il tempo di Pomigliano e bisogna fare presto: entro settembre 2018 finiscono i contratti di solidarietà. Se vogliamo licenziare gli operai e chiudere Pomigliano teniamoci la Panda, questo bisogna dire a Di Maio del M5S e a Fontana della Lega. I politici italiani dovrebbero almeno imparare ad ascoltarci sulle questioni del lavoro e industria.
Quali migliorie sono previste a livello di produzione e di occupazione per il sito campano?
La professionalità degli operai e dei tecnici di Pomigliano è elevata e abbiamo risolto alla grande le disfunzioni organizzative che c’erano nella Pomigliano di molti anni fa. Produrre una vettura di fascia superiore alla Panda comporta una serie di nuovi investimenti sull’impianto e sul prodotto, che in un settore come questo significa avvicinarci molto a un miliardo di euro d’investimento. L’impatto occupazionale se guardiamo a cosa è successo a Melfi e Cassino, si parla non solo di portare tutti i dipendenti al lavoro e chiudere la Cassa, ma addirittura di assumere migliaia di giovani.
Come procede la produzione industriale di Fca in Italia e l’occupazione negli stabilimenti?
I dati della produzione 2016 degli stabilimenti finali di Fca raggiungono e oltrepassano quota 1 milione di vetture, considerando anche i veicoli commerciali di Sevel. Non si raggiungeva questo livello di produzione nel nostro Paese dal 2008. In 4 anni i volumi son cresciuti del 70%. Il dato è particolarmente positivo perché l’effetto sull’occupazione va nella direzione che auspicavamo con il completamento del piano 2014-2018. Oggi la situazione è completamente diversa e con la salita produttiva negli stabilimenti di Cassino e Mirafiori i lavoratori coinvolti nella Cig e Cds andrà al di sotto del 8%, solo 4 anni fa era oltre il 40%. La scelta di cambiare la tipologia di auto prodotte nel nostro Paese, elevandone la fascia si è dimostrata vincente sul piano delle prospettive, dell’occupazione e della redditività. Le auto di fascia medio-alta prodotte nel 2012 rappresentavano solo il 20% dei volumi, mentre nel 2016 si è sfiorato il 60% dei volumi, praticamente raddoppiati rispetto al 2012.
Per Fca sembra inevitabile un’altra fase di consolidamento attraverso una fusione. Secondo lei, l’ipotesi GM è davvero realistica?
Il tema delle fusioni nel settore è un processo in corso da anni, per l’elevato impatto finanziario che hanno gli investimenti. Per ammortizzare i miliardi d’investimento bisogna necessariamente fare economie di scala sul maggior numero di veicoli e condividere piattaforme e componenti. Che GM non capisca l’importanza mi stupisce. Chiaramente ci si sposa in due e se questo non avverrà con GM ci saranno altre situazioni che si presenteranno e questo per me sarà inevitabile. Noi sindacati ci dobbiamo preoccupare che quando questo avviene abbia un impatto positivo sull’occupazione, e questo è quello che è successo con Fca.
Dopo il rinnovo unitario del Ccnl metalmeccanico industria, la sensazione è che la Fiom possa rientrare anche in Fca. Lei cosa ne pensa?
La Fiom ha completamente sbagliato la strategia sindacale in questi anni e la firma del Ccnl ha sancito la sconfitta di una linea tutta politica, basta guardare i contenuti dell’ultimo Ccnl che rafforzano tutte le scelte che abbiamo fatto come Fim-Cisl. Addirittura la Fiom ha firmato anche la “finestra contrattuale dell’auto” dentro il contratto di Federmeccanica, che non è nient’altro che il copia-incolla dell’accordo di Pomigliano che come Fim e Uilm avevamo costruito per tenere dentro Fca nel contratto di Federmeccanica e che oggi viene utilizzata dall’indotto di Fca. Se la Fiom ha firmato tutto questo e di fatto non contrasta più il Ccnl, ci vuole solo il coraggio di rientrare e forse questo lo può fare solo Landini come ultimo atto prima di entrare in Cgil.
In collaborazione con www.think-in.it