Il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia ha ribadito che le cifre destinate all’aumento nei contratti statali degli stipendi dei dipendenti pubblici sono: “per il 2016 300milioni, per il 2017 900milioni (600+300) e per il 2018 1,2 miliardi (900+300 milioni). In tutto ci vorranno 2,5 miliardi di euro per garantire aumenti medi mensili di 85 euro”, così come è stato stabilito nell’accordo siglato lo scorso 30 novembre con Cgil, Cisl e Uil. Ma i sindacati non sembrano rassicurati. Il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo ha dichiarato di essere preoccupato per la ripartizione del cosiddetto ‘fondone del pubblico impiego’. E Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil chiede di “capire, senza troppi giochi, quante risorse spettano alle forze dell’ordine per questo contratto”, si legge sulla testata di informazione della Cgil Rassegna Sindacale. “Con la firma del decreto che sblocca i fondi per il rinnovo del contratto degli statali e quindi anche dei poliziotti si apre la strada, più volte sollecitata dal nostro sindacato, di una apertura immediata dei tavoli – afferma Tissone -. Le lavoratrici e i lavoratori in divisa attendono da 8 anni il rinnovo del contratto”. Positivo quindi il giudizio sul fatto che “il ministro Madia abbia tenuto fede agli impegni presi” per il rinnovo dei contratti statali però restano dubbi sulla ripartizione delle risorse stanziate.
E’ ancora polemica sul rinnovo dei contratti statali che sono fermi dal 2009 nonostante siano stati firmati lo scorso 8 marzo i decreti sblocca risorse. Nel complesso le risorse che saranno stanziate entro il 2018 per l’aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici si aggirano intorno ai 2,4 miliardi di euro: ai decreti sblocca risorse manca ora solo il via libera della Corte dei conti. Poi il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia dovrà inviare una direttiva all’Aran per riavviare la trattativa che dovrà portare la rinnovo dei contratti statali. Per il sindacato della scuola Anief però “accettare queste condizioni sarebbe un vero tradimento dei lavoratori”. L’Anief spiega infatti che secondo la normativa vigente e la sentenza della Consulta “dal settembre 2015 lo Stato avrebbe dovuto versare a ogni dipendente pubblico 105 euro di aumento medio, riconducibile a una busta paga mensile di 1.500. Ossia, il 7 per cento del proprio stipendio, salvo recuperare l’altro 50 per cento alla firma del contratto”. Quindi l’Anief chiede ai lavoratori della scuola e della Pubblica amministrazione di inviare la diffida e di attendere il responso da parte della Corte Costituzionale. Clicca qui per leggere tutto.