Oggi cade il quindicesimo anniversario della morte del professor Marco Biagi, ucciso dalla furia ideologica delle Nuove Brigate Rosse, e proprio in questi giorni il Governo ha deciso di abrogare una delle sue più originali intuizioni legislative. Si tratta dell’ormai notissimo strumento chiamato “buono lavoro”, o “voucher lavoro”, entrato nell’ordinamento proprio con la Legge Biagi del 2003, che adattò al nostro mercato del lavoro questa particolare fattispecie di pagamento del lavoro già presente in altri Paesi europei (dove neanche lontanamente si sognano di abrogarla, tanto più nell’epoca del lavoro su piattaforma e della discontinuità professionale).
Questa soluzione, comprensibile in termini meramente politici e ingiustificata sotto i profili tecnici e sociali, rende assolutamente evidente come l’eredità del prof. Biagi non sia da ricercarsi nelle disposizioni legislative che contribuì a scrivere e organizzare in un organico disegno di riforma. Queste sono inevitabilmente destinate a passare, condizionate dai diversi legislatori e superate dai cambiamenti economici e sociali. Uno studente che oggi si cimenti con l’esame di Diritto del lavoro poco approfondirà la storia della legge 14 febbraio 2003 n. 30 o del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. È quindi ormai (e solo) Storia l’eredità del professore bolognese?
Per molti altri intellettuali, sindacalisti, giornalisti, politici similmente assassinati nella drammatica stagione “di piombo” che dagli anni Settanta è durata fino all’inizio del Duemila è effettivamente così. Lapidi, commemorazioni nel giorno di anniversario, qualche Fondazione. La natura dell’eredità di Marco Biagi è invece molto diversa. Quello stesso studente alle prese con l’analisi delle tipologie contrattuali o delle relazioni industriali facilmente si imbatterà negli approfondimenti curati da Adapt. Ovvero dalla Associazione fondata dallo stesso prof. Biagi, che genialmente intuì che per cambiare davvero il mercato del lavoro non bastano gli articoli scientifici e neanche le riforme legislative, ma occorrono persone che parlino un linguaggio comune, che si appassionino alla gestione delle risorse umane e alla contrattazione, che osservino senza dogmatismi gli ordinamenti degli altri Paesi. Per questo nel 2000 con i suoi allievi il professore fondò, nei locali della sua Università (Modena), l’Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali, che più semplicemente fu chiamata con uno dei termini chiave della Strategia europea per l’occupazione (“adattabilità”).
Scopo dell’Associazione era facilitare il dialogo tra imprese e università e dare forma a un vero e proprio laboratorio al quale parteciparono da subito accademici, ricercatori, semplici studenti e uomini di azienda e di sindacato. Formazione della persona in un rapporto continuo, dialogo con chi il diritto del lavoro lo vive tutti i giorni, convinzione che relazioni industriali partecipative possono essere fattore di competitività e non zavorra, interdisciplinarietà, facilità alla comparazione internazionale. Sono questi gli ingredienti di un metodo che in diciassette anni ha dato frutti inaspettati: ha generato il principale Centro Studi sul lavoro e la più riconosciuta Scuola di relazioni industriali del nostro Paese. Grazie soprattutto al lavoro dell’unico allievo accademico del prof. Biagi (Michele Tiraboschi), Adapt ha formato 271 dottori di ricerca con borse di studio finanziate da privati, contribuito ad attivare 110 contratti di apprendistato di alta formazione, 64 assegni di ricerca, 40 borse per Master di primo o secondo livello, 33 percorsi di perfezionamento per universitari. Ogni anno sono circa 500 gli articoli pubblicati sul bollettino settimanale della Associazione, 20 gli e-book e 10 i working paper scaricabili gratuitamente dal sito (che ha 1 milione di visitatori all’anno). Sono 57 gli accordi di collaborazione con università straniere (in ogni continente) e 10 i seminari internazionali organizzati fuori dall’Italia.
Un’eredità impegnativa, ma, soprattutto, viva e vivace. Per nulla legata all’abrogazione di questo o quel pezzo della Legge Biagi, perché il professore ha lasciato a chi lo ha seguito (anche senza averlo conosciuto!) un metodo con il quale studiare tutto ciò che succede nel mercato del lavoro, senza dogmatismi e con tanta passione.
Twitter @EMassagli