Tiene ancora banco la questione dei contratti statali: i dipendenti pubblici aspettano infatti ancora la firma del rinnovo che dovrebbe portare all’aumento degli stipendi bloccati dal 2009. L’accordo quadro è già stato firmato da Cgil, Cisl e Uil e dal governo lo scorso 30 novembre ma la trattativa all’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, non è ancora partita ufficialmente. A riguardo i sindacati hanno avanzato nelle scorse settimane la richiesta al governo di rispettati i tempi del rinnovo dei contratti statali e di avviare il tavolo della trattativa all’Aran. Quello delle risorse da stanziare per l’aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici resta uno dei nodi da sciogliere. Per sbloccare i contratti statali saranno infatti stanziate quest’anno, in aggiunta alle risorse investite lo scorso anno, circa metà di quanto necessario per garantire gli 85 euro medi lordi mensili stabiliti con l’intesa di fine 2016. A sottolinearlo è stato lo stesso ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia che ha chiarito che la restante parte delle risorse sarà stanziata il prossimo anno: in totale ci vorranno 2,5 miliardi di euro.
È ancora il sindacato Anief ad essere il più duro e strenuo oppositore alla proposta sui contratti statali e sul rinnovo del publico impiego del governo: non convince l’aumento di “soli” 85 euro medi, con il sindacato che ritiene senza senso promettere una cifra che neanche potrà essere mantenuta per via della mancanza di fondi. «Sarebbe maggiormente equo un accordo che garantisca 105 euro in più, come nel privato. Invece appare sempre più chiaro che lo stipendio resterà sostanzialmente fermo fino al 2021. È chiaro che il problema resta sempre quello delle coperture economiche, lo stesso che sta ritardando i decreti attuativi che il Governo dovrebbe emettere per dare il via a partire dal prossimo 1 maggio alla pensione anticipata attesa da migliaia e migliaia di lavoratori», commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale di Anief. «L’aumento di 85 euro sugli stipendi dei dipendenti pubblici sarebbe un vero tradimento dei lavoratori perché secondo la normativa vigente e la sentenza della Consulta nell’estate 2015, in attesa della firma del contratto, dal mese di settembre 2015 lo Stato avrebbe dovuto versare ad ogni dipendenti pubblico 105 euro di aumento medio, riconducibile ad una busta paga mensile di 1500», aveva aggiunto ieri a commento dei ritardi sul fronte delle trattative sui contratti statali.
Mentre viene attesa ancora la firma dell’emendamento Madia sul settore statali, tra contratti, assunzioni e licenziamenti, in Sicilia qualcosa si muove sotto il profilo dello sblocco per le nuove occupazioni, specie nei comuni più piccoli in maggiore difficoltà economica. Lo riporta Sicilia Oggi con annesse novità a riguardo del settore pubblico nella regione con i conti tra i più in sofferenza d’Italia: con i decreti in dirittura d’arrivo con la firma del Ministro Madia, è pronto lo sblocco del turn over per i comuni siciliani, dove la carenza di personale è purtroppo una verità all’ordine del giorno. Un dato su tutti: il tetto dei cambi negli enti locali è fermo al 25%, dove dovrebbe essere di gran lunga maggiore dato l’urgentissimo bisogno di lavoro con la disoccupazione giovanile che tocca vette purtroppo preoccupanti. Ora si spera nel rilancio con la riforma Pa che passa anche dallo sblocco le turn over, non solo in Sicilia chiaramente ma anche in tutte le altre realtà locali in forti difficoltà; i dati che sono arrivati ieri da Istat hanno spaventato vista la conferma del blocco pressoché totale degli aumenti di stipendio dal 2010 fino ad oggi. Nella scuola come nelle forze dell’ordine, la variazione tra 2010 e 2016 è dello 0%, una crescita praticamente inesistente nei contratti e negli emolumenti della Pubblica Amministrazione.