Il 25 marzo 1957 vennero firmati i Trattati di Roma, considerati come l’atto di nascita della grande famiglia europea. Il primo istituisce una Comunità economica europea (Cee), il secondo invece una Comunità europea dell’energia atomica, meglio conosciuta come Euratom. Il primo, evidentemente quello politicamente e storicamente più rilevante, si proponeva di dare vita a un mercato comune basato sul libero movimento la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. L’obiettivo, quindi, della Comunità europea, e del mercato comune, era, principalmente, quello di trasformare le condizioni degli scambi commerciali e della produzione sul territorio dei suoi sei membri e fare un passo in avanti verso un’unificazione politica più stretta dell’Europa.



Sabato, ciò premesso, l’Europa festeggia, anche se un po’ malata di populismi, sempre a Roma i suoi primi 60 anni. In questa occasione il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ci ricorda, in particolare, dedicandole uno spazio di approfondimento, le “grandi” conquiste raggiunte nel campo lavorativo e sociale per i cittadini europei in tutti questi anni. Si pensi solamente al Fse (il Fondo sociale europeo), istituito proprio nel 1957 dai Trattati di Roma, che rappresenta ancora il principale strumento di investimento nelle risorse umane dell’Unione europea e che si pone l’obiettivo di accrescere le opportunità di occupazione dei cittadini, promuovere lo sviluppo dell’istruzione e formazione e migliorare la situazione dei soggetti più vulnerabili.



Nella sola programmazione 2014-2020, le risorse del Fse per l’Italia ammontano, è bene ricordarlo, a quasi 10,5 miliardi di euro, a cui si affianca il cofinanziamento nazionale, per un investimento totale di oltre 18,5 miliardi di euro destinati a promuovere l’occupazione e sostenere la mobilità delle persone, in particolare dei giovani, accrecere l’inclusione sociale e lottare contro la povertà, investire in istruzione, competenze e apprendimento permanente e migliorare la capacità istituzionale e l’efficienza della Pubblica amministrazione.

Più recente è lo sviluppo di Garanzia Giovani (Youth Guarantee), un grande Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. In questo campo sono stati, infatti, previsti dei significativi finanziamenti per i Paesi membri con tassi di disoccupazione giovanile superiori al 25%, da investire in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (i tristemente famosi Neet).



I 60 anni dei Trattati di Roma ci ricordano, insomma, che, pur con tutti i limiti, l’Europa può, deve, essere ancora la risposta e non la causa dei problemi e che la crisi, con i suoi effetti nefasti nel campo sociale e del lavoro, si può sconfiggere, probabilmente, solamente con più Europa. Perché ciò sia possibile è necessario però che iniziative come quella di sabato non siano mere celebrazioni trionfalistiche, ma seri momenti di riflessione, anche, sui limiti dell’Unione e sui necessari aggiornamenti che le sfide, e le opportunità di oggi, quali i fenomeni migratori e la cosiddetta fabbrica 4.0 ci pongono.