Va bene che il Governo Gentiloni è meno portato agli annunci rispetto a quello che l’ha preceduto. Va bene che con la manovra aggiuntiva da varare ad aprile è meglio cercare di risparmiare e centellinare ogni singolo euro. Tuttavia dopo l’ultimo incontro tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni tenutosi ieri non si sa davvero se si sta vivendo nella realtà o in qualche universo parallelo. I decreti attuativi, che si diceva dovevano essere pronti entro il 1° marzo, ancora non ci sono. Eppure Tito Boeri ha in diverse occasioni segnalato lo sforzo che l’Inps dovrà compiere per gestire al meglio “l’operazione Ape”, dato che dal 1° maggio è presumibile che parecchi italiani si rivolgeranno all’Istituto nazionale di previdenza sociale per presentare domanda, quanto meno per l’Ape social. Perché, dunque, visti i tempi ristretti e l’importanza che hanno, questi decreti non sono ancora pronti? Mistero. Giuliano Poletti si è limitato a dire che saranno pronti a breve, ma è grosso modo quel che va ripetendo da un mese.



Giustamente Susanna Camusso ha parlato di un certo “imbarazzo” nel dover trarre le conclusioni sul confronto in merito alla riforma pensioni, proprio perché “un pezzo di carta con il testo dei decreti non lo abbiamo ancora visto”. Sembra quindi che il tavolo aperto sia solo una “facciata”, giusto per voler far vedere che si vogliono condividere le scelte con le parti sociali. Ma il punto è: quali sono le scelte del Governo? Non si direbbe siano rivestite delle migliori intenzioni se è vero che si vuole limitare a meno di due mesi (tenendo conto dei giorni festivi) il periodo per presentare la domanda per l’Ape social. 



Tutti sanno in tema di pensioni che è senza dubbio la misura a cui tutti ambiscono, perché consente di andare in pensione anticipata senza costi per i diretti interessati. I quali appartengono a categorie “svantaggiate”. Ora, sarebbe decisamente assurdo se un Governo, che vanta di aver varato misure per i più deboli (come il reddito di inclusione) volesse dar vita a una sorta di “lotteria” tra soggetti svantaggiati. La Politica, quella con la P maiuscola, non userebbe questi “escamotage”, ma lascerebbe agli aventi diritto la possibilità di presentare domanda, assumendosi poi la responsabilità di scegliere a chi consentire l’accesso all’Ape e chi eventualmente escludere.



Tuttavia la Politica sembra merce rara di questi tempi. Lo abbiamo visto anche nel caso delle pensioni dei parlamentari: alcune forze politiche hanno speso tempo ed energie, che probablimente i cittadini avrebbero apprezzato di più se fossero state utilizzate con uguale velocità e intensità per sbloccare le proposte di legge che giacciono in Parlamento in tema previdenziale (o anche sulla legge elettorale). Invece non resta che aspettare i decreti attuativi, sperando di non farsi distrarre da battaglie utili solo ad accaparrarsi consensi.