L’ultimo incontro tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni non ha portato buone notizie per i lavoratori precoci. Soprattutto per coloro che chiedono che Quota 41 venga estesa a tutti. Con iniziative diverse, quindi, i comitati anche oggi si stanno dando da fare per la loro causa. I “lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” si sono ritrovati a Firenze, per cercare di fare il punto della situazione e stabilire le modalità per portare avanti le loro rivendicazioni. Un’idea è quella di tenere una manifestazione nazionale entro aprile. Il gruppo 41xtutti lavoratori uniti, invece, stamane è stato impegnato in un presidio davanti alla sede Rai di Milano. C’è da immaginare che nei prossimi giorni la voce dei lavoratori precoci tornerà a farsi sentire: da troppo tempo, infatti, stanno aspettando che la politica risponda al loro appello.



Oltre a partecipare al confronto con il Governo sulla riforma delle pensioni, la Cgil continua la sua campagna referendaria visto che ancora la consultazione del 28 maggio non è stata cancellata. Per questo Maurizio Landini ha rilanciato l’importanza della Carte dei diritti universali del Lavoro che il sindacato di corso d’Italia ha messo a punto. Il Segretario generale della Fiom ha ricordato che si tratta di una legge che tutela “non solo le forme classiche di lavoro, i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, ma tutte le tipologie, compresi precari e partite Iva, perché tutti debbono avere determinati diritti garantiti allo stesso modo. Landini ha poi ricordato che “ci sono le leggi su pensioni e scuola, che vogliamo cambiare”.



Mentre il Governo Gentiloni è impegnato a chiudere il capitolo delle riforme pensioni quanto meno per quanto concerne la fase 1, si sta facendo un gran parlare di vitalizi e pensioni per i politici. L’economista ed esperto di diritto del lavoro, Giuliano Cazzola, nel corso di un’intervista rilasciata alla rivista Famiglia Cristiana boccia la proposta di Di Maio avanzandone una personale: “La mia proposta è che i parlamentari si iscrivano alla gestione separata dell’Inps, come avviene per i giornalisti, i professionisti, i professori universitari, i consiglieri di amministrazione e via dicendo. Grazie al metodo contributivo un giovane deputato non più rieletto avrebbe un ammontare da aggiungere a quello maturato nella sua nuova attività. Gli alti avrebbero un assegno supplementari se già pensionati o una seconda pensione se iscritti, proprio come nelle categorie professionali degli altri italiani”. (Aggiornamento di Francesca Pasquale)



Il Governo Gentiloni da un lato sta per completare i decreti attuativi relativi al pacchetto della riforma delle pensioni inserito nell’ultima Legge di Stabilità e dall’altro sta portando avanti la cosiddetta fase 2 ed ossia una nuova concertazione con le parti sociali per trovare soluzioni su altre questioni relative al mondo previdenziale. Infatti, nell’incontro dello scorso 23 febbraio si sono gettate le basi per rintracciare un punto d’intesa. Al riguardo ha sottolineato il dirigente della CGIL, Roberto Ghiselli al portale PensioniOggi.it: ”Abbiamo richiamato i punti fissati nel verbale del 28 settembre. Il ministro ha accolto la richiesta avanzata principalmente dalla CGIL che è quella di partire dai giovani. Il tema è quello della pensione contributiva di garanzia: cioè un sistema pensionistico che dia una prospettiva previdenziale anche a chi oggi fa lavori discontinui, precari e poveri, riconoscendo e valorizzando ad esempio il lavoro di cura e i periodi di disoccupazione”. (Aggiornamento di Francesca Pasquale)

Il Governo Gentiloni sembra aver ormai definito i decreti attuativi attraverso i quali verrà consentito a partire dal prossimo 1 maggio 2017 ai lavoratori in possesso dei requisiti, di accedere all’utile strumento di anticipo pensionistico conosciuto con l’acronimo di ape. Nonostante tutto sembra andare per il meglio, la CGIL non è del tutto convinta della bontà del dispositivo palesando delle remore in merito. In particolare il segretario confederale della CGIL, Roberto Ghiselli, come riportato sul portale Pensionioggi.it, ha sottolineato: “È vero che a ore verranno emanati i decreti da parte del Consiglio dei Ministri, però vi sono alcuni aspetti, per noi significativi, che ancora non hanno trovato una risposta positiva. Per questo abbiamo chiesto e in parte ottenuto la disponibilità del governo a fare ulteriori approfondimenti e trovare altri strumenti per correggere alcuni aspetti che rischiano di ridurre in maniera significativa la positività delle misure, in particolare per quanto riguarda l’accesso all’Ape social e la possibilità di uscita pensionistica per i lavoratori precoci”. (Aggiornamento di Francesca Pasquale)

La sua proposta di riforma delle pensioni dei parlamentari ha scatenato una forte protesta del Movimento 5 Stelle, ma Marina Sereni è convinta della bontà della sua iniziativa. A Repubblica ha infatti spiegato che grazie a essa si metterà mano ai “diritti acquisiti”, andando a recuperare risorse sui vitalizi già in essere mediante un contributo di solidarietà a scaglioni crescenti. Per fare un esempio concreto, la vicepresidente della Camera ha spiegato che chi percepiva 100.000 euro lordi all’anno, ora ne restituirà circa 17.000 netti. La deputata del Pd ha quindi evidenziato che la proposta del Movimento 5 Stelle non avrebbe portato a risparmi di spesa per le casse pubbliche e che sarebbe valsa solo per le pensioni future, lasciando inalterati quelli che vengono definiti privilegi degli ex parlamentari.

Sull’Ape social, dopo l’incontro tra Governo e sindacati nell’ambito del confronto avvia sulla riforma delle pensioni, restano ancora due punti su cui c’è distanza tra le parti. Li ha evidenziati Carmelo Barbagallo. Il primo riguarda lo stato di disoccupazione a seguito della scadenza di un contratto a tempo determinato. Qui, ha detto il Segretario generale della Uil “il ministro si è impegnato perché il confronto continui”. Il secondo punto riguarda i sei anni continuativi previsti come requisiti per i lavori gravosi. “Il Governo pensa di mettere una franchigia di un anno e noi ne chiediamo due”, ha spiegato il sindacalista. A questo punto, dunque, resta da capire se e quando le parti si confronteranno ancora, stante il fatto che hanno fissato un incontro per il 6 aprile: una data che rischia di essere troppo lontana rispetto alla necessità di emanare in tempi brevi i decreti attuativi.