All’interno della riforma Madia che regola i nuovi contratti statali vi è inserito anche la norma sul testo unico del pubblico impiego con il quale si cerca anche di superare il problema annoso dei precari. I sindacati però non ci stanno, continuano nella battaglia specie su alcune categorie considerate ancora assai svantaggiate: è il caso ad esempio dei precari della ricerca sparsi in tutta Italia. Con una denuncia piuttosto piccata ai colleghi del Fatto Quotidiano, il responsabile Flc Cgil del comparto ricerca nazionale ha riportato tutti i dubbi dell’intero piano straordinario di assunzioni previsto dalla riforma; «è previsto un piano straordinario di assunzioni, che però riguarderà solo chi ha un contratto a tempo determinato e tre anni di anzianità. Nel nostro settore molti sono invece parasubordinati e si spostano da un ente all’altro», spiega Fabrizio Stocchi ai colleghi de il Fatto Quotidiano. Un caso particolare avviene con il Cnr, il più importante centro di ricerca scientifica sul nostro territorio: «L’enfasi del titolo del testo unico sul ‘superamento del precariato’ non si riscontra nel testo. Accanto ai 7mila lavoratori a tempo indeterminato ce ne sono 1.500 con contratti a termine “a cui vanno aggiunte altre 3.500 unità circa», spiega Rosa Ruscitti responsabile del comitato di Ente Cnr della Flc-Cgil. (agg di Niccolò Magnani)



Non è ancora arrivato in porto il rinnovo dei contratti statali che dovrebbe portare allo sblocco dell’aumento degli stipendi che i dipendenti pubblici stanno aspettando dal 2009. In base all’accordo quadro che è stato siglato lo scorso 30 novembre da Cgil, Cisl e Uil e dal governo ai dipendenti pubblici dovranno essere assegnati 85 euro medi lordi mensili di aumento degli stipendi. Prima di arrivare all’intesa c’è stata polemica tra sindacati e governo proprio sulla cifra da stanziare per il rinnovo dei contratti statali. Poi è arrivata la firma. Subito dopo su questo punto il Segretario confederale Uil Antonio Foccillo aveva dichiarato che “questa parte è stata molto discussa e fino alla fine si sono scontrate le posizioni fra chi, anche all’interno del governo, non voleva cedere e chi, come noi abbiamo sempre sostenuto, non avrebbe firmato nel caso di incrementi sotto gli 85 euro. È quindi positivo l’aver sottoscritto che non sono inferiori ad 85 euro medi”. Nell’intesa di fine 2016 è anche stato fatto riferimento anche al bonus 80 euro e al fatto che con il rinnovo dei contratti statali non ci sia una penalizzazione degli incrementi già determinati. “Le parti si sono impegnate, nella sede dei tavoli di negoziazione, a tener conto, – ha spiegato Foccillo – attraverso le opportune tecniche contrattuali, di quei livelli retributivi che più hanno sofferto la crisi economica ed il blocco della contrattazione. Questo per ridurre le distribuzione in percentuale che aumentava le distanze”

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