Il Governo continua a lavorare alla stesura definitiva dei decreti attuativi per rendere operativa dal 1° maggio l’Ape, la novità principale della riforma delle pensioni. Con tutta probabilità l’Ape social avrà una doppia finestra per la presentazione della domanda e dunque è probabile che ci siano molte richieste concentrate subito dopo il 1° maggio. Per questo può essere utile ricordare che, come nel caso dell’Ape volontaria, l’iter per la presentazione della domanda potrebbe prevedere  (il condizionale è d’obbligo) una parte on line, cui accedere tramite Spid (Sistema pubblico di identità digitale). In attesa quindi del fatidico 1° maggio potrebbe essere utile cominciare, per chi non ne fosse ancora provvisto, a procurarsi le credenziali per il proprio Spid, anche perché può occorrere anche del tempo per averle. 



Si apre un’altra, l’ennesima, settimana decisiva per la riforma Pensioni, questa volta sul lato dei decreti attuativi dell’Ape che devono essere approvati e pubblicati prima che ancora una volta l’Anticipo Pensionistico possa slittare rispetto al termine fissato del 1 maggio con l’ultimo aggiornamento della Legge di Bilancio. Come riporta giustamente il Sole 24 ore questa mattina, il Mef è impegnato in una settimana importante proprio per definire questa misura con le coperture economiche (mentre parallelamente deve preparare anche il Def). Si profila un percorso a due tappe per il rinnovamento della riforma pensioni, così come lo anticipa il collega Rogari sul Sole: il varo dei Decreti attuativi (Dpcm dell’Ape) dovrebbe avvenire nei prossimi sei giorni e poi si cercherà di «far leva sulla prossima legge di bilancio per introdurre eventuali correttivi all’Anticipo pensionistico». In secondo luogo, si cercherà di prendere in considerazione la Fase 2 della riforma pensioni, ovvero pensione minima di garanzia e riforma della previdenza integrativa. Intanto come primo punto ci sarà da affrontare senza scadenze prorogate il fronte del decreti per non tardare ulteriormente sulla delicata Fase 2. (agg. di Niccolò Magnani) 



La Gestione Separata (e chi vi è iscritto) potrebbe avere alcune novità riguardo l’esercizio dell’uscita anticipata in ambito Pensioni: tutti i lavoratori infatti iscritti possono da ora esercitare in qualsiasi momenti il riscatto dei periodi di lavoro coordinato e continuato antecedente al 1996 nel limite però di 5 anni. Così riporta questa mattina il portale specializzato di Pensioni Oggi, dove si raccolgono le ultime novità riguardo l’esercizio della Gestione Separata: la facoltà di questa uscita anticipata è però concessa non ad ogni possibile costo, bensì a condizione che per questi periodi non risultati nessuna forma di copertura contributi in qualsivoglia altro ambito, come ad esempio altre forme di assicurazione obbligatoria. Inoltre, «la facoltà è esercitata dal diretto interessato ovvero ai suoi superstiti, in qualsiasi momento, purché i periodi lavorativi siano provati attraverso documenti aventi data certa», riporta il focus di Pensioni Oggi. Sono infatti dichiarazioni, attestazioni o comunque  documenti redatti all’epoca dello svolgimento della prestazione lavorativa, «dai quali possano evincersi l’effettiva esistenza del rapporto di collaborazione». (agg. di Niccolò Magnani) 



L’ultimo incontro tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni non ha soddisfatto in pieno le organizzazioni sindacali e c’è dunque attesa non solo per vedere se le loro richieste verranno accolte nel testo dei decreti attuativi sull’Ape social, ma anche per la cosiddetta “fase due”, in cui dovrebbero essere messi a punto degli interventi per aiutare i giovani alle prese con un futuro previdenziale piuttosto incerto. Nelle ultime settimane continua infatti a polarizzare consensi la proposta della creazione di una pensione minima di garanzia, che possa fungere da “base” per assicurare ai futuri pensionati un assegno di importo dignitoso. Cesare Damiano ha anche predisposto un testo di legge, in modo che ci sia un importo di circa 400 euro mensili finanziati dalla fiscalità generale, cui poter poi sommare la pensione derivante dai contributi versati nella propria carriera lavorativa. Ovviamente tale pensione minima non sarebbe erogata a tutti, ma solamente a chi non dovesse raggiungere una certa soglia, che sembra poter essere fissata a 1.500 euro lordi mensili. Il futuro di questa proposta potrebbe essere legato anche all’intervento sul cuneo fiscale. Si sa infatti che il Governo potrebbe tagliare il costo del lavoro. Ciò richiederà risorse e, visto anche che si sta pensando a un alleggerimento del cuneo per le assunzioni di giovani, si capisce che i due interventi riguardanti il loro lavoro e la loro pensione dovrebbero essere quanto meno coordinati. Bisognerà quindi attendere il 6 aprile, data fissata da Governo e sindacati per parlare del tema, per saperne qualcosa di più.

Dopo l’incontro sulla riforma delle pensioni avuto con i sindacati, Giuliano Poletti, parlando con i giornalisti a margine del Digital Day a Roma, ha detto che l’Anticipo pensionistico è in grado di sbloccare l’ingresso nel mondo dei lavoro ai giovani. Il ministro del Lavoro già in passato aveva criticato la Legge Fornero e anche stavolta ha ribadito che l’innalzamento dell’età pensionabile è uno degli ostacoli per l’occupazione giovanile. Una visione in linea con quanto sostenuto da Cesare Damiano e dai sindacati, che ne avevano fatto una “bandiera” nella presentazione della piattaforma unitaria sulle pensioni che aveva portato poi all’apertura del confronto con l’esecutivo che sta ancora proseguendo. Poletti ha spiegato che “l’Ape ha anche la finalità di produrre un tournover che consente ai giovani di accedere ai posti di lavoro”.

Non si placa la polemica Pd-Movimento 5 Stelle sulla riforma delle pensioni dei parlamentari. Il pentastellato Danilo Toninelli definisce infatti la proposta dem “vergognosa e offensiva” per gli italiani che con la Legge Fornero dovranno andare in pensione a circa 70 anni, con un assegno di importo esiguo. Il vicepresidente della commissione Affari costituzionali, parlando a Radio Cusano Campus, ha evidenziato che con il contributo di solidarietà del Partito democratico si va a incidere su una minima parte dei vitalizi in essere e soltanto per un periodo limitato di tempo, pari a tre anni. La proposta del Movimento 5 Stelle, invece, intendeva mettere fine al privilegio dei parlamentari, che possono prendere una pensione di 1.000 euro se sono stati in carica almeno 4 anni. C’è da scommettere che il botta-risposta tra Pd e M5S non finirà qui.