Una della novità della riforma delle pensioni è rappresentata dal cumulo contributivo gratuito, che dovrebbe consentire a molti italiani di avvicinare ii traguardo della pensione sommando i periodi contributivi cumulati in diverse casse previdenziali. Su questo tema, a quanto riporta pensionioggi.it, nei giorni scorsi c’è stato un incontro tra i tecnici del ministero del Lavoro e i rappresentanti delle casse professionali, al termine del quale si è arrivata alla conclusione di attenere un decreto del ministero stesso, di concerto con il dicastero dell’Economia, per sciogliere i nodi necessari a consentire anche a chi ha contributi nelle casse professionali di usufruire del cumulo. Dunque, oltre a quelli relativi all’Ape, occorre un nuovo decreto attuativo.
In attesa di novità sulla riforma delle pensioni, la prossima settimana debutterà il nuovo sito dell’Inps. A presentarlo è stato Tito Boeri, che ha anche descritto i nuovi servizi che saranno a disposizione degli utenti, come un simulatore per l’Ape. Nell’occasione il Presidente dell’Inps ha anche fatto un’ampia analisi del sistema pensionistico, che però non è piaciuta a Carlo Fatuzzo. Secondo quanto riporta Affaritaliani.it, il Segretario nazionale del Partito Pensionati ha infatti invitato Boeri a non perdere tempo dicendo ovvietà e a spedire “a tutti i pensionati il prospetto della loro pensione mensile lorda e netta”. Questo perché “i pensionati italiani sono gli unici al mondo che ogni mese vanno a prendere la pensione senza sapere prima quanto troveranno”. Ed è già successo che i conti dell’Inps fossero sbagliati. Fatuzzo lancia poi un messaggio duro a Boeri: “Se non è in grado di farlo, allora dia le dimissioni”.
In attesa dei decreti attuativi sull’Ape, il tema della riforma delle pensioni dei parlamentari torna alla ribalta. Riccardo Nencini, in un intervento su L’Avanti, ritiene che si possa cercare di riallineare quanto più possibile i vitalizi al sistema contributivo, mediante contributi di solidarietà che andrebbero parametrati in base alla differenza tra contributi versati e assegno incassato e alla condizione economica familiare. Inoltre, secondo il Segretario del Partito socialista italiano, occorre far sì che vengano eliminate le differenze di età al momento ancora esistenti tra politici e normali cittadini per il percepimento della pensione. Secondo Nencini, questa sarebbe anche la risposta a chi, come Fabio Fazio, attacca la politica.
La Cgil si è mostrata particolarmente critica sull’Ape e, infatti, il responsabile di Fillea Cgil, Alessandro Genovesi, ha chiesto la riduzione da 36 a 30 anni dei contributi per l’APE sociale dei lavori gravosi. Il rischio, nel caso in cui non vi saranno interventi, è che l’Ape agevolata sia «inesigibile» per gli operai edili. Secondo il sindacalista, potrebbero accedervi in teoria meno di 500 operai. E spiega che il Governo sulla carta riconosce i lavoratori impegnati in attività gravose e pericolose, ma nella pratica «li lascia fino a 70 anni sulle impalcature o a trasportare carichi pesanti o a stare 8 ore con il martello pneumatico nelle mani». Genovesi fatica a trovare le parole per definire la situazione, poi – come riportato da PensioniOggi, ne usa una molto forte: «A me viene in mente solo una parola: truffa». La distanza con la parte sindacale resta ampia, in particolare con quella meno allineata con il Governo. (agg. di Silvana Palazzo)
Oltre al confronto sulla riforma delle pensioni, la Cisl sembra voler trovare un altro terreno di dialogo con il Governo: il fisco. Annamaria Furlan ha infatti evidenziato come in questi difficili anni di crisi si sia scoperto “che si può essere poveri anche lavorando, e che, soprattutto, si può essere poveri con una pensione che davvero non fa arrivare a fine mese”. Il Segretario generale della Cisl, secondo quanto riporta l’Agi, ha quindi evidenziato la necessità di una “riforma del fisco più amica dei lavoratori e dei pensionati”. Anche perché se redditi e pensioni restano bassi, diventa davvero improbo pensare di rilanciare i consumi interni. Vedremo se con l’esecutivo si aprirà anche questo confronto.
In attesa dei decreti attuativi riguardanti l’Ape, il Movimento 5 Stelle torna a evidenziare la necessità di aumentare gli assegni Inps senza per questo passare da una riforma delle pensioni. Basterebbe infatti che venisse approvata la legge sul reddito di cittadinanza per vedere passare gli importi delle pensioni minime a 780 euro. In questo modo si potrebbero sicuramente migliorare le condizioni di vita di molte famiglie, visto anche che gli ultimi dati dell’Osservatori Inps parlano di un elevato numero di assegni che non raggiungono i 750 euro, senza dimenticare che ci sono anche pensionati che percepiscono meno di 500 euro al mese. Va detto che oltre alla proposta del Movimento 5 Stelle, c’è quella di Silvio Berlusconi, che ha parlato di portare le pensioni minime a 1.000 euro.
La sospensione comminata a 42 deputati del Movimento 5 Stelle ha riacceso il dibattito sulla riforma delle pensioni dei parlamentari. Alessandro Di Battista ha fatto sapere che i pentastellati sono pronti a votare la proposta di Matteo Richetti del Pd, anche per vedere se i deputati del partito di maggioranza sono pronti a sostenere una legge che toglierebbe loro dei “privilegi”. “Se un ex parlamentare o un ex consigliere regionale ha versato contributi sufficienti percepirà un assegno proporzionato, diversamente dovrà accontentarsi della pensione sociale non è più tollerabile che continui a percepire somme ingiustificate, a mio avviso illegittimamente, chi ha ricoperto una carica elettiva magari per pochi giorni”, aveva detto Richetti a Il Fatto Quotidiano.
I lavoratori precoci non intendono mollare nella loro battaglia per una riforma delle pensioni che contenga Quota 41 per tutti. Una delle iscritte al gruppo Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti ha preparato una lettera da consegnare a Susanna Camusso e ha deciso di condividerne il testo sulla pagina Facebook del gruppo. Oltre a ricordare gli effetti della Legge Fornero su molti precoci, Maria Coletta, questo il nome della donna, ne ha evidenziato le conseguenze sociali, dato che il blocco del turnover ha influito negativamente sulla possibilità dei giovani di trovare un’occupazione. Quanto alla richiesta di Quota 41 per tutti, la donna ha voluto evidenziarne le ragioni non solo “teoriche”, ma anche pratiche, facendo l’esempio di una persona che abbia perso il lavoro poco prima dei 60 anni, avendo versato 38-39 anni di contributi. Dopo due anni di Naspi, si ritroverebbe con probabilità nulle di trovare un nuovo lavoro e senza reddito, lontano anche 3-4 anni dall’Ape, che dopo la sperimentazione attuale potrebbe anche non essere rinnovata. Come potrebbe quindi vivere questa persona? Maria Coletta ricorda quindi anche l’importanza di abolire il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, un’ipotesi che ultimamente si sta facendo largo anche tra alcuni parlamentare. Abbiamo il diritto di andare in pensione e lotteremo fino a raggiungere questo obiettivo sacrosanto. Soprattutto per lasciare i posti di lavoro ai nostri figli, ai ragazzi, che come ben sapete, delusi da uno Stato che non li tutela più né salvaguarda la dignità di ciascuno, li obbliga ad andare all’estero per un meritato lavoro”, aggiunge la donna. Che evidenzia subito dopo: “Adesso più che mai abbiamo bisogno che il sindacato applichi e rafforzi il suo ruolo, che sia al nostro fianco nella lotta. Da soli non ce la possiamo fare, ma con il vostro aiuto sì”.
La riforma delle pensioni di Elsa Fornero ha avuto effetti sul numero di nuove prestazioni Inps erogate negli ultimi anni. Proprio oggi l’Istituto nazionale di previdenza sociale ha messo in rilievo una calo degli assegni negli ultimi cinque anni, proprio dopo gennaio 2012. Tralasciando le gestioni dipendenti pubblici ed ex Enpals, a gennaio 2017 le pensioni erogate dall’Inps sono poco più di 18 milioni e nel 63,1% dei casi il loro importo è inferiore ai 750 euro. In questa situazione la spesa per le pensioni è scesa all’11,3% del Pil. Il che è certamente un dato positivo. Sarà certamente interessante vedere questi dati alla fine dell’anno. Quando però non si dovrebbero vedere gli effetti dell’Ape, in quanto si tratta di un prestito che non fa automaticamente andare in pensione.
Ancora non arrivano i decreti attuativi sull’Ape, misura principale della riforma delle pensioni. Intanto i dati dell’Osservatorio dell’Inps sulle pensioni fanno emergere che il 48% degli assegni sono percepiti nel Nord Italia, mentre al Sud la percentuale scende al 30,6%. Il Centro appare più staccato, con il 19,2%. Il rimanente 2,2% delle pensioni viene invece erogato a soggetti residenti all’estero. Al Sud c’è però il primato delle pensioni di invalidità e delle prestazioni assistenziali, che sono più che al Centro e al Nord. Altri dati interessanti diffusi dall’Inps, riguardano l’età medie dei pensionati, che è pari a 73,7 anni. In ogni caso alle persone con più di 75 anni (e fino a 84) finisce più di un terzo degli assegni, mentre il grosso (21,8%) delle pensioni di vecchiaia viene percepito da cittadini nella fascia di età tra i 65 e i 69 anni.