Ancora non sono arrivati i decreti attuativi relativi all’Ape, la novità principale della riforma delle pensioni, e i sindacati del comparto fune chiedono di far sì che chi lavora sugli impianti possa andare in pensione con Quota 41. L’Adigetto.it riporta le richieste di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Savt e coinvolge non solo il Trentino, ma anche l’Alto Adige, la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Lombardia. Stefano Montani, Segretario della Filt del Trentino, ha spiegato che lavorare “ad altitudini elevate e in condizioni meteo disagiate, spesso diversi gradi sotto lo zero, mette a dura prova il fisico e la salute di quanti operano nel settore. È difficile pensare che questa attività si possa svolgere tranquillamente per oltre quarant’anni, come per tanti altri lavori. Molti di questi addetti sono anche lavoratori precoci, avendo cominciato ad operare da giovanissimi”. Vedremo se la loro richiesta verrà accolta.
Il prossimo 13 marzo è nell’agenda del Governo Gentiloni un importante incontro con le varie sigle sindacali per parlare di riforma delle pensioni con tantissimi temi delicati da affrontare. L’incontro sarà l’occasione giusta per dare il via alla cosiddetta fase due affrontando alcune questioni che per questioni di tempo e di coperture economiche non sono state inserite nel pacchetto approvato all’interno dell’ultima Legge di stabilità dal dimissionario Governo Renzi. Altro punto focale dell’incontro è il palese ritardo con cui il Governo sta provando a rendere disponibili i decreti attuativi attraverso i quali regolarizzare le varie misure presenti nel pacchetto ed in particolare la tanto agognata Ape che dovrebbe essere a disposizione dei lavoratori a partire dal prossimo 1 maggio. A fare il punto della situazione è stato Nicola Marongiu responsabile dell’area Welfare e contrattazione sociale della CGIL: “Ci sono ritardi sulla definizione dei decreti; erano previsti nella legge di bilancio, che ha avuto un percorso complesso per la crisi di governo e finora non è stata migliorata. Siamo preoccupati, i decreti erano fissati entro la fine di febbraio”.
Il Governo Gentiloni avrebbe dovuto rendere disponibili entro la fine dello scorso mese di febbraio i decreti attuativi per il pacchetto di misure contenuti nella riforma delle pensioni. Un ritardo che sta preoccupando i sindacati ed in particolare la Cgil che per bocca del suo responsabile di Welfare e politiche sociali, Nicola Marongiu ha rimarcato la necessità di stringere i tempi. Tuttavia nella sua analisi, Marongiu ha anche parlato di piccoli passi avanti: “In particolare nella scelta di fare riferimento alla posizione del lavoratore: un addetto merci non si riferisce più all’azienda per cui opera ma alla sua mansione, quindi anche se presta servizio per ditte esterne gli viene riconosciuta la gravosità del lavoro. Alcuni problemi restano? Per esempio c’è il riconoscimento agli ospedali ma non a tutte le professioni infermieristiche. Sono punti delicati da affrontare, anche se si guarda alle categorie più deboli che richiedono una riflessione approfondita”.
Uno dei punti della cosiddetta fase due che vedrà confrontarsi ancora Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni riguarda l’incentivazione della previdenza complementare. E i fondi pensione stanno cominciando a valutare la possibilità di investire nei crediti deteriorati delle banche. Milano Finanza ha riportato a questo proposito le parole di Sergio Corbello, Presidente di Assoprevidenza, secondo cui un investimento di questo tipo “è fattibile, ma va collocato all’interno dell’asset allocation dei fondi e con l’obiettivo dell’ottimizzazione dei rendimenti nella sicurezza che è propria dei fondi pensione”. Dunque si farebbe attenzione a non mettere a rischio il patrimonio. Il Presidente di Assoprevidenza ha anche spiegato che l’investimento “può essere fatto attraverso l’acquisto diretto in quote di fondi, per chi ha le strutture interne per valutare le tipologie di rischio, o in via indiretta inserendo certe forme di investimento nei mandati gestori che vengono conferiti”.
Una delle novità introdotte dalla riforma delle pensioni contenuta nella Legge di stabilità è il cumulo contributivo gratuito. Sul tema Marialuisa Gnecchi ha presentato un’interrogazione parlamentare, cui ha risposto il sottosegretario al Welfare Luigi Bobba, che ha specificato che l’Inps sta preparando una circolare applicativa sul tema, anche per far sì che gli iscritti alle casse previdenziali sappiano come poter adoperarsi per avere il cumulo. Secondo quanto riportato, Gnecchi ha espresso soddisfazione per le risposte fornite dal rappresentante del Governo, anche perché sembra esservi un conferma della volontà di arrivare a far sì che gli italiani possano riunire i contributi versati nella loro vita lavorativa. Tuttavia, la deputata del Pd ha fatto presente che “sembra che molti lavoratori siano indotti, dai patronati o dall’Inps medesima, a non presentare la domanda di cumulo dei periodi in attesa di un’apposita circolare applicativa delle disposizioni da ultimo introdotte da parte dell’Istituto previdenziale”. Sarà quindi bene che l’Inps intervenga al più presto. E anche le casse professionali dovranno far sapere ai propri iscritti come comportarsi. Non è invece ancora chiaro se i lavoratori precoci possano utilizzare il cumulo contributivo gratuito per accedere alla Quota 41 prevista dalla riforma delle pensioni. Tutto sarà più chiaro con i decreti attuativi in materia, anche perché lo stesso quesito sembra pendere sull’Ape, sia nella sua versione social che in quella più “classica” volontaria. Andrebbe poi fatto notare che al momento il cumulo contributivo non è utilizzabile per accedere a Opzione donna e all’ottava salvaguardia degli esodati, generando situazioni di disparità di trattamento.