Chissà se la riforma delle pensioni che ha introdotto un’estensione della no tax area e della quattordicesima per i pensionati farà sentire i suoi effetti anche a Lodi. Se una volta “generazione mille euro” era associata ai giovani e allo stipendio che riuscivano a percepire, oggi il termine, secondo Il Cittadino di Lodi, sarebbe appropriato anche per quei pensionati, e sono 40.000 nel lodigiano, che percepiscono un assegno mensile non superiore a 1.000 euro. Il dato emerge dall’ultimo rapporto dell’Inps. Dal quale si scopre altresì che sono solo 8.000 i pensionati che percepiscono più di 2.000 euro mensili. Il quotidiano lodigiano fa anche notare che l’importo medio degli assegni è di poco superiore ai mille euro per i pensionati del settore privato, mentre per quelli del pubblico si superano i 1.500.



Come anticipato dal Governo già nelle scorse settimane, la riforma Pensioni ora starebbe per avere una svolta sul piano contributivo: le prime carte del taglio dei contributi saranno calate dal Governo nei prossimi vertici tecnici in calendario per la vicenda pensioni. Come riportano i colleghi del Sole 24 Ore, l’unità economica di missione di palazzo Chigi, coordinata da Marco Leonardi, ha già abbozzato una prima ipotesi d’intervento: «prevede un sforbiciata strutturale tra i 3 e i 5 punti di contributi a favore dei neo-assunti con contratto stabile a tutele crescenti». Stando sempre alle anticipazioni del quotidiano economico, il taglio dei contributi prevede in sostanza una sforbiciata per il 50% a vantaggio delle imprese e la restante metà per le varie buste paga dei lavoratori che così «vedrebbero compensata la riduzione dei contributi con un “copertura” a carico della fiscalità generale. E, allo stesso tempo, anche per compensare le “carriere discontinue”, verrebbe fertilizzato il terreno per dare spazio a una pensione contributiva minima di garanzia».



Continuano le iniziative dei lavoratori precoci per chiedere una riforma delle pensioni che estenda a tutti Quota 41. Per ora, infatti, la possibilità di accedere alla quiescenza con il versamento di 41 anni di contributi è limitata a una platea che si stima essere intorno alle 25.000 unità. Uno degli appartenenti al gruppo Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” ha scritto un post per raccontare che lunedì scorso ha preso parte a una riunione dei direttivi della Fiom del Trentino e dell’Alto Adige, cui ha partecipato anche il Segretario generale Maurizio Landini. L’uomo ha anche potuto prendere la parola, illustrando ai sindacalisti presenti la richiesta e le ragioni dietro Quota 41, chiedendo a Landini una collaborazione reciproca, così da organizzare uno sciopero generale contro la Legge Fornero e il Jobs Act. Non sappiamo quale sia stata la risposta del sindacalista, ma c’è da dire che già nelle scorse settimane era sembrato esserci un certo avvicinamento della Cgil alle istanze dei lavoratori precoci, in particolare quando a Roma ha preso il via la campagna referendaria del sindacato, alla presenza di Susanna Camusso. La quale nel suo discorso aveva ricordato la battaglia dei precoci, affermando che avrebbe nuovamente fatto presente al Governo, vista la riapertura del confronto sulla riforma delle pensioni, la richiesta di Quota 41 per tutti. Resta da capire se tutto questo potrà servire ai lavoratori precoci per riuscire a raggiungere il loro obiettivo. Di certo non si può dire che non stiano provando a ottenerlo, visto che dall’inizio dell’anno sono state davvero tante le iniziative portate avanti. Vedremo poi se dall’incontro che una loro delegazione avrà (per la seconda volta) con Mauro Leonardi, consulente economico di palazzo Chigi, arriveranno delle novità importanti.



La Presidenza del Consiglio sta mettendo a punto una serie di decreti sulla riforma pensioni per quanto riguarda le attività gravose dei lavoratori pensionati: stando alle ultime novità, molte categorie che dal prossimo 1° maggio 2017 potranno godere dell’APE agevolato e della quota 41 per i cd. lavoratori precoci. Stando alla Legge di Bilancio per il 2017, reca due benefici previdenziali per tutti i lavoratori dipendenti che svolgono attività lavorative gravose. Il decreto prevederà la nuova pensione per tutti i lavoratori che svolgono al momento pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo. Ecco quali sono le 11 mansioni gravose stabilite dal Governo e che saranno inserite nel decreto pensioni: «operai edili e industria estrattiva; conduttori di gru nelle costruzioni; conciatori di pelli; autisti di mezzi pesanti; infermieri e ostetriche turnisti; assistenti di persone non autosufficienti; insegnanti degli asili nido; facchini; addetti alle pulizie; operatori ecologici».

Sul fronte particolare dei lavoratori non vedenti, nella riforma Pensioni in cantiere del Governo Gentiloni sono previste alcune novità segnalate dal portale Pensioni Oggi nella giornata di oggi, domenica 5 marzo 2017. Sono infatti presenti, come annunciato anche nella Manovra Economica, i benefici pensionistici più ampi per i lavoratori non vedenti: i dipendenti ciechi per l’anno che viene potranno godere di un sostanziale incremento del coefficiente di trasformazione pari a 4 mesi per ogni anno di lavoro presso Pubbliche Amministrazioni o aziende private. In pratica, ad incrementarsi nella riforma è prevista la quota C della pensione, ovvero quella determinata con il sistema di calcolo contributivo. «Destinatari della norma ai sensi del coordinamento offerto dall’art. 2 della legge 28 marzo 1991, n. 120 sono tutti i lavoratori privi della vista cioè coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione», si legge nella legge apportata dal Governo.

Overno e sindacati si sono ritrovati ancora per parlare di riforma delle pensioni. E dal mondo sindacale, nello specifico dalla Fai-Cisl, arriva una richiesta sull’Ape social. Luigi Sbarra, Segretario generale della federazione che rappresenta il settore agroalimentare-ambientale, chiede infatti che l’inclusione “dei lavoratori agricoli, alimentari e della pesca nei meccanismi dell’Ape Social, oltre che riconoscere la natura gravosa di questi impieghi e assicurare la tutela di migliaia di esodati agricoli”. Staremo a vedere se sarà possibile accogliere questa richiesta, tenuto conto che ci sono anche altre categorie che ritengono di dover essere ricomprese nella formula dell’Anticipo pensionistico che non prevede decurtazioni sugli assegni che si andranno a incassare.