I lavoratori precoci riuniti nel gruppo Facebook “41 x tutti lavoratori uniti” si stanno impegnando per raccogliere adesioni a una petizione on line che chiede un’importante riforma delle pensioni. È noto infatti che i requisiti pensionistici non sono fissi, ma possono mutare nel corso degli anni in base all’andamento dell’aspettativa di vita. Recentemente hanno contribuito a far sì che i precoci debbano cumulare 42 anni e 10 mesi di contributi per poter accedere alle pensione, considerato che arrivare a 66 anni e 7 messi potrebbe voler dire lavorare quasi 50 anni. Dunque la petizione chiede che questo meccanismo venga cancellato, perché diversamente diventa impossibile sapere, mentre si sta lavorando, quando si potrà andare in pensione. Del meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita dovrebbero parlare anche governo e sindacati: chissà se arriveranno al risultato sperato dai precoci.
Continua la battaglia dei lavoratori precoci per chiedere una riforma delle pensioni che contempli la Quota 41 per tutti. Sembra un obiettivo davvero difficile da raggiungere, ma la determinazione non manca certo a chi, dopo oltre 40 anni di lavoro, chiede di poter aver diritto alla quiescenza, in base a dei contributi effettivamente versati per tanti anni, in misura certo superiore alla stragrande maggioranza dei pensionati. Sulla pagina Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti” leggiamo quindi che nella trasmissione Mi manda Rai 3, appena cominciata, ci sarà un collegamento con un precoce del comitato Veneto, oltre che la presenza della coordinatrice del Comitato Emilia-Romagna. In tal modo, forse, si porrà anche una “toppa” allo scarso spazio dato in precedenti puntate (così avevano lamentato alcuni precoci) alla causa di Quota 41 nella trasmissione di Salvo Sottile.
Sabato è stato un giorno importante per la riforma pensioni e per i lavoratori precoci, dato che a Bologna si è tenuta un’assemblea in cui si doveva discutere delle iniziative da adottare per cercare di ottenere una riforma delle pensioni che contempli Quota 41. Roberto Occhiodoro, sulla pagina Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti”, ha però spiegato che non c’è stato modo di arrivare ad affrontare questo tema, perché si è voluto cercare di “chiarire definitivamente alcune diatribe sorte negli ultimi mesi all’interno del gruppo tra amministrazione e comitati”. Purtroppo, alla fine dell’incontro, vista la impossibilità di arrivare a un accordo che superasse le incomprensioni e gli atteggiamenti, si è deciso di comune accordo che i due gruppi, Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti e 41xTutti, seguano le proprie strade indipendentemente l’uno dall’altro perseguendo strategie diverse”. Il tema della riforma delle pensioni torna a legarsi con quello dell’immigrazione. In Sicilia, infatti, il movimento politico Un passo avanti ha lanciato l’hashtag #vogliolapensionedamigrante, perché “non è accettabile, d’altro canto, che lo Stato italiano eroghi pensioni di molto al di sotto della spesa sostenuta per l’accoglienza e l’inserimento di un singolo immigrato”. La coordinatrice regionale Costanza Castello ha spiegato che bisognerebbe arrivare a una “pensione di cittadinanza”, in grado di far sì che vengano diminuite le disparità sociali esistenti. Questo senza rinunciare a salvare le vite dei migranti che cercano di raggiungere le coste europee. Vedremo se questa proposta avrà qualche tipo di riscontro da parte della politica nazionale.
Più che una riforma delle pensioni, Stefano Biasioli si augura un cambiamento nel fisco, nella contabilità e nella gestione dell’Inps, così da poter controllare meglio l’erogazione di assegni assistenziali, sociali e di invalidità. Il Segretario della Federazione nazionale sanitari pensionati e vedove di Vicenza, concludendo un lungo intervento a puntate su Formiche.net, evidenzia che “i titolari di pensioni previdenziali ‘hanno già dato’ e non vanno ulteriormente ‘inquietati”’ Non saranno le sentenze politiche della Consulta a far tacere le loro voci. Che si alzeranno sempre più forti, in Italia e a Strasburgo”. Un messaggio chiaro sia alla politica che a Tito Boeri, che non ha mai nascosto l’idea di intervenire sulle pensioni in essere per garantire una maggior equità al sistema pensionistico.
Più efficace di una riforma delle pensioni, la possibilità data dieci anni fa ai lavoratori di destinare il proprio Tfr a un fondo pensione sembra aver decisamente premiato chi ha “osato” non tenere il proprio Trattamento di fine rapporto in azienda. Il Sole 24 Ore ha infatti calcolato che mediamente chi ha aderito ai fondi di categoria è riuscito a “spuntare” un 44% di rivalutazione rispetto al semplice Tfr in azienda. Togliendo anche la quota volontaria e datoriale che spesso viene aggiunta al Tfr portato nel fondo di categoria, il “vantaggio” si attesta al +25%. Il quotidiano di Confindustria segnala che questi risultati sono stati ottenuti nonostante la crisi finanziaria degli ultimi anni e ricorda oltretutto che i fondi pensione possono essere stati utilizzati dai loro sottoscrittori per avere una quota anticipata per alcune spese particolari. Tuttavia viene evidenziata anche una scarsa adesione degli italiani ai fondi pensione, che tra l’altro potranno essere oggetto del tavolo di confronto tra Governo e sindacati, dove potrebbero essere individuati degli strumenti per incentivare la previdenza complementare. Che prima viene attivata meglio è. Infatti, essendo i fondi a capitalizzazione e contribuzione definita riescono a rendere meglio con il passare degli anni. È poi importante scegliere il “profilo” migliore a seconda della propria età: quando si è più giovani meglio scegliere quelli che possono offrire un rendimento maggiore, con un rischio più alto, mentre con l’avvicinarsi dell’età di pensionamento è meglio diventare più prudenti, così da “conservare” quanto si è riusciti a mettere da parte e che verrà trasformato in rendita.
Come noto, Matteo Salvini, oltre a criticare la Legge Fornero, nei giorni scorsi ha proposta una riforma delle pensioni per far sì che si possa accedere alla quiescenza a 60 anni, con un’anzianità contributiva di 40. Non si sa se il Segretario federale della Lega Nord abbia indicato questo paletto contributivo pensando di fare cosa gradita ai lavoratori precoci, che chiedono la Quota 41. Fatto sta che uno di loro, sul gruppo Facebook “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti”, ha voluto ricordare al leader del Carroccio che a 60 anni i lavoratori precoci potrebbero avere anche 45 anni di contributi. In effetti se hanno iniziato a lavorare ancora in minore età questo è possibilissimo, ma anche se avessero iniziato a 18 anni non potrebbero andare in pensione dopo 40 anni di lavoro con la proposta di Salvini. A quel punto cambierebbe poco rispetto alla situazione attuale, in cui occorrono 42 anni e 10 mesi di contributi per accedere alla pensione anticipata.