Nell’incontro che Governo e sindacati hanno avuto a proposito della governance dell’Inps, non è potuto mancare un accenno alla riforma delle pensioni. Maurizio Petriccioli, al termine del confronto, ha infatti detto che le organizzazioni sindacali hanno manifestato “ai rappresentanti del Governo l’urgenza della uscita dei decreti” attuativi relativi all’Ape, che ancora, nonostante le rassicurazioni, non sono arrivati. Il Segretario confederale della Cisl ha poi riferito che l’esecutivo ha confermato di aver “inserito nel decreto legislativo enti locali la franchigia di lavoro effettivo per 6 anni su 7, utile per usufruire dei benefici previsti per il lavoro gravoso sia nella misura dell’Ape sociale, sia per i lavoratori precoci”. Dunque, quest’ultimo intervento non è direttamente inserito nella cosiddetta manovra correttiva come inizialmente si pensava.
Si avvicina la Pasqua, ma i lavoratori precoci vorrebbero una sola sorpresa: una riforma delle pensioni con la Quota 41 per tutti. L’immanenza della festa non li sta distraendo dalla necessità di mobilitarsi ancora per raggiungere il loro obiettivo. Leggendo i post sulle pagine Facebook dei gruppi 41xtutti lavoratori uniti e Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti si può notare che ci sia chi ricordi come il ritrovo con i parenti possa essere un’occasione per far firmare loro la petizione per chiedere che il ddl Damiano venga discusso in Parlamento. E c’è chi, nel giorno in cui la serie A è in campo, ricorda che ci sono persone che si fanno chilometri per vedere la loro squadra del cuore e sarebbe quindi opportuno che si prendesse in considerazione il fatto di partecipare alla manifestazione di Roma dell’11 maggio, tanto più che sono stati messi a disposizione dei pullman gratuiti da molte città italiane grazie al supporto dei sindacati. La lotta dei lavoratori precoci, insomma, non si ferma con la Pasqua.
Il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni è proseguito con un incontro incentrato sulla governance dell’Inps. Roberto Ghiselli ha espresso un giudizio positivo, soprattutto per la volontà mostrata dall’esecutivo per cercare di intervenire in materia entro la fine della legislatura. Il Segretario confederale della Cgil ha spiegato che ora si resta in attesa di una proposta governativa, anche se sono state presentate alcune “richieste” da parte sindacale, come la valorizzazione del Consiglio di indirizzo e vigilanza. “Intervenire sulla governance dell’Inps è il primo passo di un percorso che dovrebbe consentire di mettere mano alle molteplici criticità esistenti nella gestione dell’Istituto”, ha detto Ghiselli, ricordando come tra di esse ci siano anche ai servizi agli utenti e la gestione del personale.
Il previsto incontro tra Governo e sindacati sulla governance dell’Inps, che fa seguito a quello relativo alla riforma delle pensioni, ha visto anche la partecipazione della Uil, che ne ha approfittato per rimettere sul tavolo la sua proposta relative a un sistema duale che preveda un organo di gestione e un altro di controllo, il Civ, “composto dai rappresentanti delle parti sociali, con reali poteri di indirizzo e controllo e con l’esclusiva di approvare il bilancio dell’Istituto”. Domenico Proietti, Segretario confederale della Uil, ha spiegato che, a conclusione del confronto, è necessario che il Governo presenti una proposta di legge da approvare in tempi rapidi, anche per evitare che la fine della legislatura possa rendere vano il lavoro che si sta compiendo in questi incontri tra esecutivo e parti sociali.
Oltre che sulla riforma delle pensioni, il confronto tra Governo e sindacati verte anche sulla governance dell’Inps e dopo il primo incontro Maurizio Petriccioli ha ricordato che per la Cisl è importante che si crei un modello duale con “un bilanciamento concreto dei ruoli tra la gestione e l’indirizzo controllo che devono rimane distinti”. Dunque, rispetto alla situazione attuale, “diventa indispensabile il superamento del ruolo monocratico del presidente e la restituzione di una effettività del ruolo di indirizzo e dell’esercizio del controllo al quale devono essere abbinati opportuni strumenti sanzionatori”, evidenzia il sindacalista in una nota. Inoltre, bisognerebbe cambiare le funzioni dei comitati regionali e territoriali, che potrebbero sia avere un ruolo proattivo nel ridurre i contenziosi, che nel monitorare le esigenze di cittadini e imprese.
Insieme alla manovra correttiva, il Governo è intervenuto sulla riforma delle pensioni, nello specifico sull’Ape social, come aveva anticipato Giuliano Poletti al termine dell’incontro avuto con i sindacati la scorsa settimana. Il Sole 24 Ore scrive che l’esecutivo ha scelto di varare “due disposizioni di interpretazione autentica”, per intervenire sui requisiti richiesti per poter usufruire dell’Anticipo pensionistico nel caso di svolgimento di lavori gravosi, che sono poi le uniche categorie per cui esiste la Quota 41 a favore dei lavoratori precoci. La legge prevede infatti che tali professioni devono essere svolte da almeno sei anni in via continuativa al momento in cui si presenta la domanda per l’Ape social. Ora con la manovra “si chiarisce che i sei anni di attività faticose possono essere stati accumulati negli ultimi sette anni precedenti la decorrenza dell’Ape sociale o del pensionamento”. Più precisamente, aggiunge il quotidiano di Confindustria, si può avere un “buco” massimo di 12 mesi, purché sia “compensato da un periodo equivalente lavorato nel settimo anno precedente l’Ape o la pensione”.
Questa “franchigia” di 12 mesi era stata chiesta dai sindacati e il Governo ha deciso di fare in modo che già prima del previsto avvio del 1° maggio per l’Ape social possa essere in vigore. Tuttavia resta aperto il problema di coloro che risultano disoccupati a seguito della scadenza di un contratto di lavoro. Per loro, infatti, resterebbe chiuso l’accesso all’Anticipo pensionistico che invece sarebbe garantito a chi è disoccupato a seguito di licenziamento. Resta da capire se l’esecutivo prenderà un provvedimento anche su questo fronte o meno.
Nell’ultimo periodo si continua a parlare della riforma delle pensioni dei parlamentari, con l’obiettivo di cercare di ridurre, se non eliminare, i vitalizi. Come noto, c’è un personaggio molto famoso tra gli italiani che incassano una pensione da ex parlamentare. Si tratta di Gerry Scotti, che per essere stato deputato dal 1987 al 1992 percepisce 1.400 euro al mese. Che non vorrebbe affatto. Tuttavia, non è possibile rinunciare al vitalizio e il presentatore, durante la trasmissione radiofonica Un giorno da pecora, ha ricordato che Matteo Renzi, quando era ancora Premier, a Porta a porta aveva detto che avrebbe fatto in modo di accontentarlo. “Vorrei che mi si dia la possibilità di rinunciare, il problema è che tutti gli altri non sono d’accordo, e ce ne sono di miliardari in pensione”, ha detto Scotti alla trasmissione di Radio Rai.
Continua la campagna sui cosiddetti diritti inespressi, su cui forse occorrerebbe fare qualcosa in una prossima riforma delle pensioni. Lo Spi-Cgil sta infatti portando avanti l’iniziativa che invita i pensionati a far controllare nei patronati Inca gli importi dei loro assegni, visto che nella sola provincia di La Spezia negli anni sono stati recuperati circa seicentomila euro che non sono stati erogati dato che gli interessi non ne avevano fatto richiesta. Magari semplicemente perché non sapevano nemmeno di averne diritto. “Abbiamo scoperto che molti contributi erano andati persi e se in centro città la gente è più informata nelle comunità più piccole serve un aiuto in più”, ha detto la Segretaria provinciale dello Spi, Carla Mastrantonio, secondo quanto riporta cittadellaspezia.com, annunciando che un ufficio mobile su un furgone girerà i paesi offrendo ai pensionati la possibilità di controllare il proprio assegno.