In questi giorni vi sono dubbi sul fatto che l’Ape possa partire realmente il 1° maggio come preventivato al momento dell’approvazione della riforma delle pensioni contenuta nella Legge di bilancio. Tuttavia nel momento in cui sarà possibile accedervi non è detto che tutto possa andare per il meglio. Stanno circolando infatti indiscrezioni sul fatto che non sarà l’Inps ad avere “l’ultima parola” sul prestito bancario, ma la banca stessa a cui si rivolgerà il futuro pensionato. L’Istituto di previdenza sociale dovrà infatti certificare la sussistenza dei requisiti anagrafici e contributivi per accedere all’Ape volontaria, ma poi il singolo cittadino dovrà presentarsi a una delle banche convenzionate per chiedere il prestito, che potrebbe essere negato se il richiedente avesse già finanziamenti aperti che, sommati all’Ape, superino il 30% della futura pensione. Queste almeno sono le indiscrezioni: solo i decreti attuativi potranno sciogliere ogni dubbio.
Cesare Damiano nelle ultime settimane è impegnato in iniziative in giro per l’Italia a sostegno della corsa di Andrea Orlando alla segreteria del Pd. C’è però chi non dimentica che per diverso tempo è stato tra i promotori di una riforma delle pensioni, con tanto di proposta di legge. E sulla pagina Facebook dell’ex ministro del Lavoro non manca chi gli chiede notizie sui decreti attuativi dell’Ape e sulle ragioni del ritardo con cui l’esecutivo sta procedendo su questo fronte. Tra l’altro a sostegno di una discussione in Parlamento del ddl Damiano i lavoratori precoci stanno continuando a raccogliere firme in una petizione. Damiano non ha risposto su Facebook, non è da escludere che lo faccia a margine delle iniziative che lo vede impegnato in questo periodo a chi avesse l’occasione di incontrarlo.
Tra le novità previste dalla riforma delle pensioni ci sono benefici più ampi per i lavoratori non vedenti. La Legge di Bilancio 2017 prevede un incremento del coefficiente di trasformazione di 4 mesi per ogni anno di lavoro svolto presso le amministrazioni pubbliche o aziende private per i lavoratori ciechi, quindi un incremento della quota C di pensione, quella calcolata con il sistema contributivo. Il beneficio è corrisposto ai lavoratori che fanno parte delle seguenti categorie: ciechi civili, ciechi invalidi per servizio, del lavoro e di guerra. Come riportato da PensioniOggi, un lavoratore non vedente che va in pensione a 60 anni dopo aver lavorato per 12 anni in concomitanza con la cecità godrà di un coefficiente di trasformazione del montante contribuito innalzato di 4 anni, quindi si terrà presente l’età di 64 anni, non di 60. L’incremento conseguente è di circa il 12%. Se l’età anagrafica è inferiore a 57 anni, bisognerà applicare il coefficiente di trasformazione relativo a questa età. In tal caso, il beneficio pensionistico sarà nullo. (Aggiornamento di Silvana Palazzo)
La commissione Lavoro della Camera sta provando da tempo a far sì che la deroga alla riforma delle pensioni Fornero, che consente il pensionamento a 64 anni per i lavoratori del settore privato, ma la sua attività non riesce ad avere seguito e in settimana c’è stata una nuova seduta che ha dovuto constatare la mancanza della documentazione richiesta all’Inps e al Governo. Come ricorda pensionioggi.it, con il ddl a prima firma Gnecchi, si voleva fare in modo che valgano anche i contributi figurativi e da riscatto per coloro che non erano occupati alla data del 28 dicembre 2011 (condizione posta dalla deroga alla Legge Fornero per la pensione a 64 anni, insieme alla cosiddetta Quota 96 entro il 31 dicembre 2012). Inoltre, si mirava a includere anche le lavoratrici Quindicenni ed eliminare l’adeguamento all’aspettativa di vita, che ha portato a 64 anni e 7 mesi il requisito anagrafico necessario a entrare nella deroga.
Tuttavia per approvare il ddl in questione, da oltre due mesi il Parlamento attende che vengano trasmessi i dati relativi al numero di persone che hanno già utilizzato la deroga nella sua versione originaria, in modo che si possa verificare che ci siano ancora delle risorse non utilizzate rispetto a quelle stanziate a suo tempo. In questo modo, infatti, sarebbe possibile apportare i cambiamenti richiesti “a costo zero”. Marialuisa Gnecchi ha infatti ricordato che nella scorsa legislatura erano state appostate risorse per 55.000 unità. Il Presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano, ha giudicato “estremamente imbarazzante” il ritardo che si sta protraendo, anche perché di fatto l’Inps, non fornendo i dati, “impedisce, di fatto, al Parlamento di legiferare”.