L’Ape sarà un flop. Lo hanno detto in maniera più o meno chiara sia i sindacati che Tito Boeri. Del resto una forma di pensionamento anticipato che richieda di rinunciare a una quota del proprio assegno per vent’anni non è facile da accettare. Anche perché in questo momento non si sa nemmeno quanto costerà accedere all’Anticipo pensionistico. Tuttavia, se gli esperti concordano nel ritenere “troppo onerosa” per la maggior parte degli aspiranti pensionandi l’Ape un motivo ci sarà.



Tutto, in realtà, dipenderà dalle imprese. Come ha ricordato Marco Leonardi, consigliere economico di palazzo Chigi che sta assistendo Giuliano Poletti al tavolo di confronto sulla previdenza con Cgil, Cisl e Uil, esiste infatti la possibilità di aumentare il montante contributivo dei pensionandi in modo da far sì che percepiscano un assegno più alto. Il quale, decurtato, darebbe loro lo stesso importo che avrebbero ricevuto andando normalmente in pensione. E a far crescere il montante contributivo può essere appunto un’azienda, attraverso un versamento nel “conto Inps” di un proprio dipendente intenzionato ad aderire all’Ape.



Di fatto, quindi, ci si troverebbe dinanzi a un prepensionamento, che, a differenza di quanto avvenuto in passato, garantirebbe comunque il lavoratore da effetti particolari e “indesiderati” derivanti da eventuali cambiamenti del sistema pensionistico. Tanto per capirci, si eviterebbero casi analoghi a quelli degli esodati post-Legge Fornero, visto che non ci si troverebbe di fronte ad accordi tra aziende e lavoratori, ma a uno strumento di pensionamento anticipato avvallato dallo Stato.

Certo, per le aziende si tratta di una scelta costosa. Ma ne hanno anche un’altra che consentirebbe di far accedere il lavoratore all’Ape senza che questi senta il peso di un’eccessiva penalizzazione. Infatti, scegliendo l’Anticipo pensionistico il richiedente può comunque continuare a lavorare part-time fino al momento del pensionamento. È chiaro che coi soldi guadagnati, il pensionando ammortizzerebbe il costo del prestito da rimborsare in futuro e nel frattempo si assicurerebbe l’ingresso in quiescenza. Ovviamente bisognerà che il datore di lavoro sia d’accordo con il passaggio da tempo pieno a part-time, ma considerando che risparmierebbe potrebbe anche dare il suo consenso.



Certo è che non è proprio questa la flessibilità pensionistica che gli italiani si aspettavano quando Matteo Renzi aveva parlato di un intervento per sulla riforma delle pensioni consentire alle nonne di passare più tempo con i nipotini. Ma tant’è, visto l’andazzo sembra che non ci sarà niente di meglio, almeno fino alle prossime elezioni.