Dopo i risultati del referendum Alitalia è scontro tra l’ex premier Renzi e i ministri Calenda e Poletti, che hanno subito escluso il salvataggio di Stato. Matteo Renzi, come riporta Tgcom24, ha deciso di non intervenire pubblicamente sulla vicenda Alitalia ma ha criticato con i suoi fedelissimi il rigore dei due ministri. L’ex presidente del Consiglio ha infatti sottolineato che Alitalia non può fallire e che vanno valutate tutte le soluzioni possibili. Secondo quanto riferito da Michele Anzaldi, capo comunicazione di Renzi, l’ex premier sarebbe pronto a fare pressioni sul governo perché siano create le condizioni che scongiurino il “fallimento” di Alitalia: “Il nuovo segretario del Partito Democratico promuoverà una serie di riunioni per realizzare l’impossibile”, fa sapere Anzaldi. Si profila però uno scontro con il governo sulla questione del commissariamenti di Alitalia. Non sono infatti solo i ministri Calenda e Poletti ad escludere il salvataggio di Stato della compagnia aerea. Anche il ministro Graziano Delrio ha confermato, in un’intervista a La Stampa, la linea del governo. “Qualcuno si è convinto che ci sarebbe stato l’ennesimo salvataggio pubblico. Lo dico chiaramente: non ci sarà”, ha dichiarato Delrio. E ha aggiunto: “Il nostro intervento servirà a evitare il fallimento: l’azienda sarà venduta al miglior offerente come sta accadendo con l’Ilva”.
Un “terremoto” il referendum di Alitalia che ha segnato la bocciatura del pre-accordo raggiunto da sindacati e compagnia aerea: il No dei dipendenti di Alitalia ha di fatto aperto strade molto ardue e difficili anche da prevedere per i prossimi mesi di una compagnia aerea in crisi ormai da anni e che sperava nella ricapitalizzazione da 2 miliardi che sarebbe arrivata con il Sì del Referendum. Dopo che ieri l’Enac ha comunicato «Alitalia ha fatto partire le misure e le procedure per nominare il commissario», sono arrivate le importanti parole del ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda che in un solo colpo esclude la nazionalizzazione della compagnia e l’immissione di altri miliardi di soldi pubblici. «La cosa più plausibile è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di 6 mesi o con una vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la liquidazione». Ha poi aggiunto in una seconda nota, «Se ci saranno aziende interessate a rilevarla – ha aggiunto il ministro – questo è tutto da vedere, è prematuro. Negozieremo con l’Ue un aiuto pubblico sotto forma di prestito». (aggiornamento di Niccolò Magnani)
Proprio con l’Unione Europa i rapporti dopo il Referendum di Alitalia sono triplicati nel tentativo di capire quali scenari potrebbero aprirsi e quali sarebbero permessi dai regolamenti non sempre “morbidi” di Bruxelles. Dopo la vittoria del No, i portavoce della Commissione Ue hanno affermato di non aver avuto alcuna notifica di misure di sostegno a favore di Alitalia: ma hanno poi ricordato, «uno stato membro può intervenire a favore di società a condizioni di mercato e in questo caso non costituisce aiuto di Stato». Resta il problema degli aiuti specie se arrivano con fondi pubblici verso società in difficoltà con il risultato di una distorsione per la concorrenza; «tali aiuti possono essere approvati solo in base a rigide condizioni fissate dalle regole Ue sugli aiuti di Stato, e in particolare dalle linee guida su salvataggi e ristrutturazioni». Nell’ipotesi di Alitalia e del governo italiano la Ue si è detta disponibile ad alcuni aiuti di stato, visto che sono passati 10 anni dall’ultima volta che è avvenuto. In questo senso infatti, la Corte Ue aveva già in passato riconosciuto la discontinuità tra le società Alitalia e Cai. (aggiornamento di Niccolò Magnani)